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CLANDESTINO!

by | 2 Lug 2023 | Cronaca

Ho voluto dare il titolo “Clandestino” a questo pezzo, perché è lo stesso titolo di una canzone-denuncia del cantautore francese Manu Chao, nato a Parigi 62 anni fa, da genitori spagnoli, immigrati in Francia, uscito nel 1998, 25 anni fa. E da allora purtroppo, nonostante il successo planetario della canzone, non è cambiato nulla: è rimasta una canzonetta orecchiabile, per molti. Non per tutti, per fortuna.

In un ritornello recita: “messicano, clandestino, peruviano, clandestino, spagnolo, clandestino, albanese, clandestino”; non ha scritto, nel testo, “ungherese, clandestino, polacco, clandestino”. Fiorella Mannoia, nella sua versione più moderna, sempre in lingua spagnola, ha aggiunto “ucraino, clandestino”. Anche il governo italiano, di cui l’attuale maggioranza è sempre stata contraria all’ingresso di emigranti nel nostro Paese – almeno nella forma e nei modi nei quali sono entrati finora – si è accorto che qualcosa bisogna fare.

La lotta è sempre stata contro i “clandestini”. Ma chi fugge da una nazione, quasi sempre lo fa in clandestinità. Personaggi famosi, che hanno reso celebre la Letteratura, sono stati costretti a fuggire in clandestinità: da Machiavelli, inviso si Medici padroni di Firenze, a Pablo Neruda, Sigmund Freud, Isabelle Allende. In tempi più recenti, Sasha Sokolòv, dalla Russia.

Ma dall’Unione Sovietica sono stati in molti a dover fuggire. La Russia è comunque un Paese extra UE. E qui veniamo al punto. Per l’Italia, al Consiglio europeo, in questi ultimi giorni, c’erano due punti di fondamentale importanza: la questione emigranti e la questione Tunisia. Partiamo dal secondo. Ai primi di Giugno il primo ministro italiano, Giorgia Meloni, è andata in Tunisia per convincere il presidente Saied e il primo ministro, anche lei donna, Ramadan, ad accettare le condizioni del FMI per gli aiuti agli Stati in difficoltà.

Il FMI nacque dopo la Seconda guerra mondiale, nel 1945, in USA, allo scopo di costituire una cooperazione monetaria internazionale per stabilizzare i cambi, facilitare l’espansione e la crescita equilibrata del commercio mondiale, aiutare gli Stati membri a correggere temporanei squilibri nelle bilance dei pagamenti, per evitare ciò che era accaduto nel 1929/30 con la Grande depressione. Perché la Tunisia? Il secondo punto è strettamente legato al primo, l’emigrazione, i “clandestini”.

Dalla Tunisia, precisamente dalla regione di Sfax, partono i maggiori “carichi” di clandestini. L’Europa deve contribuire con 500 milioni di euro, mentre si chiede al FMI, a Washington, lo sblocco di almeno due rate dei 2 miliardi di dollari messi a disposizione. Per fare cosa? Semplice (almeno potrebbe esserlo, se tutti facessero il proprio dovere e non si girassero dall’altra parte, facendo finta che non si tratta di esseri umani e che è in atto una “tratta di esseri umani” – il gioco di parole è voluto): migliorare le condizioni di vita nel Nord Africa e creare le condizioni per evitare le stragi nel Mediterraneo, che offendono – o dovrebbero – l’umanità.

Portare aiuti dove serve e riequilibrare l’economia. Il presidente del consiglio, Meloni, doveva tornare da Bruxelles con un accordo sui migranti. Ma si sono opposti Ungheria e Polonia, che di migranti non ne vogliono più. La liberale Ungheria si difende: hanno accolto oltre 3 milioni di profughi ucraini e 1,5 milioni è ancora nel Paese magiaro. La cattolica Polonia, anche lei ha detto che non ne vuole più. Il 25 Luglio del 1995, nel diciassettesimo anno del suo pontificato Papa Giovanni Paolo II così si pronunciava, nella “Giornata mondiale per l’emigrazione”, con riferimento particolare agli emigrati irregolari, il “clandestino”: “Oggi il fenomeno dei migranti irregolari ha assunto proporzioni rilevanti, sia perché l’offerta di manodopera straniera diventa esorbitante rispetto alle esigenze dell’economia, che già stenta ad assorbire quella interna, sia a causa del dilatarsi delle migrazioni forzate.

La necessaria prudenza che la trattazione di una materia così delicata impone non può sconfinare nella reticenza o nell’elusività; anche perché a subirne le conseguenze sono migliaia di persone, vittime di situazioni che sembrano destinate ad aggravarsi, anziché a risolversi. La condizione di irregolarità legale non consente sconti sulla dignità del migrante, il quale è dotato di diritti inalienabili, che non possono essere violati né ignorati” (dal Dicastero per la Comunicazione – Libreria Editrice Vaticana).

Questo sosteneva Papa Karol Wojtyla 28 anni fa. È stato buon profeta, purtroppo, perché la situazione si è aggravata. E Papa Francesco oggi è “costretto” a ripetere le stesse cose, anzi, con un carico e peso maggiore perché nulla o poco si sta facendo per l’accoglienza, l’inclusione, la fratellanza tra i popoli e le religioni. La Tunisia, vista la possibilità di ottenere molto da questa situazione, ha alzato il tiro delle pretese. L’Ungheria e la stessa Polonia alzano i muri (come hanno fatto gli USA con il Messico). E questa situazione fa comodo a chi non vuole la ridistribuzione dei beni.

Qualcuno ha ipotizzato che Ungheria e Polonia sarebbero la testa di ponte di qualcuno che a parole dice che vuole l’accordo, ma in realtà non lo vuole. E l’Italia è la più esposta al fenomeno dell’immigrazione clandestina e ne paga le conseguenze peggiori. Persino chi diceva no agli sbarchi, minacciava cannoneggiamenti, blocchi navali etc., si è convinto che qualcosa bisogna fare.

La strada migliore è aiutarli in casa loro. La Bibbia è zeppa di esempi di emigrazioni: da Abramo alla Sacra Famiglia. “L’emigrazione dovrebbe essere sempre libera, ma a volte è causata da guerre, disastri e condizioni economiche difficili, persecuzioni”, ha detto Papa Francesco. Che ha aggiunto: “Costruire condizioni concrete di pace, per quanto concerne i migranti e i rifugiati, significa impegnarsi seriamente a salvaguardare anzitutto il diritto a non emigrare, a vivere cioè in pace e dignità nella propria Patria». Ma intanto l’accoglienza è fondamentale. Nei primi sei mesi di quest’anno, il 2023, secondo il report del ministero, gli sbarchi in Italia sono triplicati rispetto allo stesso periodo dello scorso anno: oltre 67 mila. Tutti “clandestini”.

È ovvio che qualcosa bisogna fare. E il presidente del Consiglio, Meloni, questa volta ha messo da parte anche le remore e le resistenze di alcuni suoi alleati di governo e ha cercato in tutti i modi di fare da intermediario con Tunisia e Ue, in particolare con i due Stati resistenti, Ungheria e Polonia. Ma a volte essere l’ago della bilancia fa perdere il lume della ragione. E così Tunisia, da una parte, e Ungheria e Polonia, dall’altra, stanno alzando il tiro oppure, nella peggiore delle ipotesi, sono la testa di ponte di qualcuno che vuole che gli sbarchi in Italia continuino così, che il Mediterraneo seppellisca altre migliaia di morti, di bambini, di donne, di giovani in cerca di speranza. E intanto siamo come 28 anni fa, con le parole di Papa Wojtyla, e con il brano di Manu Chao, “Clandestino”.

La domanda è: cui bono (o cui prodest)? Una volta si sarebbe risposto: alla malavita organizzata, per i lavori di bassa manovalanza nei campi agricoli, pagati con un piatto di fagioli. Oggi? È ancora così, certamente (basta guardare ai blitz delle forze dell’ordine sul caporalato), ma i conti non tornano. Non è tutto, non è chiaro, perché se allora gli sbarchi erano mirati e le partenze erano ingannevoli, perché veniva prospettata chissà quale vita diversa, oggi l’offerta è cento volte più alta della domanda. E le traversate, per i poveri inconsapevoli, sempre più costose. E l’uomo diventa sempre più intollerante, elusivo, meno accogliente. In alcune zone c’è addirittura la caccia al “clandestino”. E, allora, reitero la domanda: cui prodest?

Un fatto è certo: l’Italia è stata lasciata ancora una volta da sola a fronteggiare questo enorme problema, a dilaniarsi in liti interne. Intanto la Francia va a fuoco. Qualcuno vuole che questa macchia si espanda, dilaghi in tutta l’Europa? Nella Bibbia c’è una sola figura che vuole il caos, e non è per niente buona

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