Periodico di informazione religiosa

Costruttori della civiltà dell’amore

by | 24 Feb 2023 | Teologia

Siamo chiamati ad essere costruttori della civiltà dell’amore. Meditare sulla preziosità e unicità della persona umana, creata «poco meno di un dio» (Sal 8), chiamata alla «grandezza della vocazione dei fedeli in Cristo» (concilio Vaticano II, Optatam totius 16) e a comprendere e raggiungere «l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità» (Ef 3,18) dell’amore, significa abbattere i tanti muri dello scoraggiamento e della rassegnazione, per gettare nuovamente «le reti per la pesca» (Gv 21,6).
Se sostiamo qualche minuto a osservare la tela di C. Visentini, “San Francesco e Santa Chiara riparano una chiesa”, posta nel salone a uso chiesa del convento cappuccino de L’Aquila, scorgiamo in primo piano Francesco che – aiutato da Chiara – è alle prese con un lavoro di riedificazione e costruzione.
Sappiamo – dai racconti biografici sanfrancescani – che Francesco, nell’incipit della propria vocazione cristiana, prese alla lettera l’invito del Signore che gli diceva: «Francesco, va’, ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina», Bonaventura da Bagnoregio, Leggenda minore V, in Fonti Francescane 1334; ed effettivamente l’Assisiate si adoperò per il restauro di chiese e cappelle cittadine diroccate. Tuttavia il desiderio divino era più profondo: trasfigurare l’esistenza di Francesco per renderla Vangelo vivente per la salvezza di tutti. Tanti moti interiori e segni esterni indirizzarono Francesco all’edificazione del regno divino, ma cresciuti tra il buio della ricerca, la fatica della fede, le croci e le incomprensioni. Non era la vita eremitica – tanto desiderata e cercata – la vocazione specifica dell’Assisiate, bensì la testimonianza in mezzo al popolo, tra i poveri, gli emarginati, i lebbrosi; e, soprattutto, all’interno della fraternità che Dio gli donò: cfr. Testamento, in Fonti Francescane 110-131.
Il dipinto che abbiamo davanti mostra proprio queste dimensioni profonde della vita cristiana: sullo sfondo c’è il Cristo crocifisso, il cui sangue irrora gli uomini e la terra; a sinistra c’è la Madonna, che intercede – in preghiera – presso il figlio/Figlio, come ci racconta l’episodio evangelico di Cana di Galilea, cfr. Gv 2,1-11; a fianco di Francesco c’è Chiara, con la condivisione del carisma; in secondo piano – non si notano ad un primo sguardo, ma sono presenti – ci sono un altro frate e un’altra sorella povera, a testimonianza dell’alto valore della fraternità e del camminare insieme verso la pienezza di Dio.
Occorre spendere del tempo davanti all’opera del Visentini, per coglierne tutti i particolari; e, una volta afferrati, essi rimandano a verità centrali della fede biblica e cristiana: la Pasqua del Signore nostro Gesù Cristo, fonte e culmine della vita umana; la preziosità della preghiera di intercessione; il discernimento comunitario e il lavoro svolto insieme; la fraternità, quale alveo naturale del cristianesimo; la vocazione e missione di ogni battezzato: investito, per grazia, dei tre munera Christi: dimensione sacerdotale, regale e profetica.
Tutto questo ci riporta – ancora – alla sfida della sinodalità, che papa Francesco ha lanciato alla Chiesa universale già da diverso tempo. E ci interpella anche a livello antropologico: la testimonianza evangelica e francescana conferma che nessuna persona umana si può ritenere troppo indegna di Dio e della salvezza, così come nessuno è il “salvatore” degli altri: siamo tutti sulla stessa barca, peccatori e redenti, “guaritori feriti”. Sicuramente possiamo divenire prossimi a ognuno nel bene, sul modello di quel buon Samaritano che vede, si ferma, ha compassione, si prende cura: cfr. Lc 10,33-35.
La fede, l’entusiasmo, l’operosità dei Santi e dei testimoni della bellezza e della verità ci spronino al dono di noi stessi; verso la costruzione di una umanità nuova, edificata sull’amore.

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