Periodico di informazione religiosa

Martedì della V settimana di Pasqua. Il Tempo di Pasqua con Gregorio Magno

by | 30 Apr 2024 | Monasteria

Martedì della V settimana di Pasqua

Siamo all’ultima tappa del primo viaggio apostolico di Barnaba e Paolo: le peripezie a Derbe e Listra, dove sono scambiati per Hermes e Zeus, fa entrare il cristianesimo nel cuore del paganesimo. Ma cosa era accaduto? Per la prima volta non incontra degli ebrei e non parla nella sinagoga; gli vengono invece incontro i sacerdoti del tempio di Zeus, che vogliono offrire sacrifici a Paolo e Barnaba e avviene la prima predica in piazza. Ma alla fine Paolo finisce per essere lapidato. Nascono così le questioni, ancora attuali, dell’inculturazione: Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi e giungono alla conoscenza della verità, aprendo a tutti il mistero nascosto dai secoli eterni. Dio sta aprendo ai pagani la porta della fede, perché è veramente Padre di tutti e noi siamo realmente fratelli tutti, senza distinzione di razza o di cultura o di religione. Per Paolo non occorre più conoscere la Legge per diventare cristiani, ogni cultura ha diritto di essere se stessa e di accedere alla fede, perché Dio è Padre di tutti e anche dei pagani, che hanno diritto di essere credenti e di essere salvi nella fede in Gesù Figlio di Dio e salvatore. Mentre l’odio provoca odio ed erige muri e barriere, l’amore provoca amore, che consente di saltare ogni legge e divisione, perché il vero e unico e fondamentale comandamento dell’amore non esclude nessuno. Con il viaggio apostolico di Paolo e Barnaba il cristianesimo si mostra non più come una religione in concorrenza con le altre, ma come annuncio che la porta della salvezza è aperta a tutti. In un mondo sempre più globalizzato anche noi dobbiamo aprire la porta della fede a tutte le culture, al di là di opinioni personali e timori. Tornano alla mente le parola di Papa Francesco del 2021, in occasione di una catechesi sulla lettera ai Galati: “il Vangelo prende la cultura nella quale vive la comunità cristiana e parla di Cristo, ma con quella cultura”. E aggiungeva: “Quanti errori sono stati compiuti nella storia dell’evangelizzazione volendo imporre un solo modello culturale! L’ uniformità come regola di vita, non è cristiano! L’unità sì, uniformità no! A volte non si è rinunciato neppure alla violenza pur di far prevalere il proprio punto di vista. Pensiamo alle guerre, no? In questo modo, si è privata la Chiesa della ricchezza di tante espressioni locali che portano con sé la tradizione culturale di intere popolazioni. Ma questo è l’esatto contrario della libertà cristiana!“.

Gregorio Magno, Lettera all’abate Melitone in Francia

Quando Dio onnipotente vi avrà fatto giungere dal reverendissimo fratello nostro, il vescovo Agostino, ditegli che ho riflettuto a lungo sulla questione degli Angli. E che cioè non si devono affatto distruggere i templi degli idoli che si trovano tra quella gente, mentre si devono distruggere le immagini idolatriche che in quei templi si trovano. Si faccia l’acqua benedetta, si aspergano quei templi, si costruiscano altari, vi si pongano reliquie: se i templi sono costruiti bene, è doveroso mutarli dal culto dei demoni a quello del Dio vero; cosí la gente stessa, vedendo che i loro edifici sacri non vengono distrutti, abbandona di cuore l’errore, riconosce ed adora il Dio vero ed accorre con piú fiducia ai luoghi ove già costumava. Essi usano uccidere molti buoi in sacrificio ai demoni: anche ciò deve essere mutato in solennità cristiana; per esempio, nel giorno della dedicazione o nel natale dei santi martiri, le cui reliquie ivi si pongono, costruiscano capannucce di rami intorno alle loro chiese ottenute dai templi e celebrino la solennità con banchetti religiosi. Non immolino piú animali al demonio, ma li uccidano per proprio cibo, a lode di Dio, e, sazi, ringrazino l’elargitore di ogni bene: se si lascia loro qualche gioia esteriore è piú facile che si sentano portati ad abbracciare le gioie interiori. Non c’è dubbio infatti che non è possibile togliere tutto con l’estremo rigore, perché chi cerca di salire in alto deve necessariamente avanzare a passi o gradini, non a salti. Cosí Dio manifestò se stesso al popolo in Egitto, e tuttavia volle piegare al proprio culto l’uso dei sacrifici che quelli prima solevano tributare al diavolo, e comandò loro di immolare animali in sacrificio a sé. Qualcosa ritennero perciò, e qualcosa mutarono nei sacrifici, e mutarono il proprio cuore: se erano gli stessi animali, che offrivano come d’uso, l’offrivano però a Dio e non agli idoli; non si trattò piú perciò degli stessi sacrifici.

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