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“Fratelli tutti!” Papa Francesco in visita a Venezia

by | 29 Apr 2024 | Teologia

È stata molto densa la visita di papa Francesco alla città di Venezia: tre incontri e, a coronamento della giornata, la celebrazione eucaristica. Tutto vissuto all’insegna dell’essere fratelli tutti!

Il Santo Padre, visitando le detenute della Casa di Reclusione Donne Venezia, all’Isola della Giudecca, ha usato parole di incoraggiamento verso queste nostre sorelle: «È il Signore che ci vuole insieme in questo momento, arrivati per vie diverse, alcune molto dolorose, anche a causa di errori di cui, in vari modi, ogni persona porta ferite e cicatrici, ogni persona porta delle cicatrici. E Dio ci vuole insieme perché sa che ognuno di noi, qui, oggi, ha qualcosa di unico da dare e da ricevere, e che tutti ne abbiamo bisogno. Ognuno di noi ha la propria singolarità, ha un dono e questo è per offrirlo, per condividerlo». Egli ha aggiunto: «Cari amici e amiche, rinnoviamo oggi, io e voi, insieme, la nostra fiducia nel futuro: non chiudere la finestra, per favore, sempre guardare l’orizzonte, sempre guardare il futuro, con la speranza. A me piace pensare la speranza come un’ancora, sai, che è ancorata nel futuro, e noi abbiamo nelle mani la corda e andiamo avanti con la corda ancorata nel futuro».

Successivamente, recandosi presso il padiglione della Biennale d’Arte, papa Francesco – all’interno della Chiesa della Maddalena – ha comunicato agli artisti presenti: «L’arte riveste lo statuto di “città rifugio”, un’entità che disobbedisce al regime di violenza e discriminazione per creare forme di appartenenza umana capaci di riconoscere, includere, proteggere, abbracciare tutti. Tutti, a cominciare dagli ultimi». Egli ha esortato i presenti con le seguenti parole: «Abbiamo tutti bisogno di essere guardati e di osare guardare noi stessi. In questo, Gesù è il Maestro perenne: Egli guarda tutti con l’intensità di un amore che non giudica, ma sa essere vicino e incoraggiare. E direi che l’arte ci educa a questo tipo di sguardo, non possessivo, non oggettivante, ma nemmeno indifferente, superficiale; ci educa a uno sguardo contemplativo. Gli artisti sono nel mondo, ma sono chiamati ad andare oltre».

La terza tappa del viaggio di Francesco è stata caratterizzata dall’incontro con i giovani, avvenuto sul piazzale antistante la Basilica di Santa Maria della Salute; uno scambio, vissuto all’insegna dell’entusiasmo. Francesco ha detto alle giovani e ai giovani presenti: «È bello vedervi! Trovarci insieme ci permette di condividere, anche solo attraverso una preghiera, uno sguardo e un sorriso, la meraviglia che siamo. Infatti tutti noi abbiamo ricevuto un dono grande, quello di essere figli di Dio amati, e siamo chiamati a realizzare il sogno del Signore: testimoniare e vivere la sua gioia. Non c’è cosa più bella. Non so se vi è capitato di vivere alcune esperienze così belle da non riuscire a tenerle per voi, ma da sentire il bisogno di condividerle. Tutti noi abbiamo questa esperienza, una esperienza tanto bella che uno sente il bisogno di condividerla. Noi siamo qui oggi per questo: per riscoprire nel Signore la bellezza che siamo e rallegrarci nel nome di Gesù, Dio giovane che ama i giovani e che sempre sorprende. Il nostro Dio ci sorprende sempre. Avete capito questo? È molto importante, essere preparati alle sorprese di Dio!». Il Santo Padre ha indicato ai giovani due verbi-atteggiamenti, testimoniati dalla Madonna nel racconto di Luca (1,39): “alzarsi” e “andare”.

Durante l’omelia – nella celebrazione eucaristica in piazza San Marco – papa Francesco ha ripreso la parabola evangelica odierna, Gv 15,1-8, per affermare che «Israele è la vigna che il Signore ha piantato e di cui si è preso cura»; ne consegue l’invito da parte del Signore al suo popolo a “rimanere”, a “mantenere vivo il legame con Lui”; perciò il Pontefice ha sottolineato: «Dunque, la metafora della vite, mentre esprime la cura amorevole di Dio per noi, d’altra parte ci mette in guardia, perché, se spezziamo questo legame con il Signore, non possiamo generare frutti di vita buona e noi stessi rischiamo di diventare rami secchi. È brutto, questo, diventare rami secchi, quei rami che vengono gettati via». Ha aggiunto il Vescovo di Roma: «Fratelli e sorelle, questo è ciò che conta: rimanere nel Signore, dimorare in Lui. Pensiamo a questo, un minuto: rimanere nel Signore, dimorare in Lui. E questo verbo – rimanere – non va interpretato come qualcosa di statico, come se volesse dirci di stare fermi, parcheggiati nella passività; in realtà, ci invita a metterci in movimento, perché rimanere nel Signore significa crescere; sempre rimanere nel Signore significa crescere, crescere nella relazione con Lui, dialogare con Lui, accogliere la sua Parola, seguirlo sulla strada del Regno di Dio. Perciò si tratta di metterci in cammino dietro a Lui: rimanere nel Signore e camminare, metterci in cammino dietro a Lui, lasciarci provocare dal suo Vangelo e diventare testimoni del suo amore». Egli ha esortato tutti i cristiani a perseverare nell’amore di Dio: «Per questo Gesù dice che chi rimane in Lui porta frutto. E non si tratta di un frutto qualsiasi! Il frutto dei tralci in cui scorre la linfa è l’uva, e dall’uva proviene il vino, che è un segno messianico per eccellenza. Gesù, infatti, il Messia inviato dal Padre, porta il vino dell’amore di Dio nel cuore dell’uomo e lo riempie di gioia, lo riempie di speranza. Cari fratelli e sorelle, questo è il frutto che siamo chiamati a portare nella nostra vita, nelle nostre relazioni, nei luoghi che frequentiamo ogni giorno, nella nostra società, nel nostro lavoro».

In tarda mattinata il Santo Padre ha fatto ritorno in Vaticano.

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