Periodico di informazione religiosa

Mercoledì della VII settimana di Pasqua. Il Tempo di Pasqua con Gregorio Magno

by | 15 Mag 2024 | Monasteria

Mercoledì della VII settimana di Pasqua

Si continua la lettura del discorso di Paolo a Mileto: l’apostolo si sta congedando da loro dicendo che non avrebbero più visto il suo volto. La sua partenza genera un’assenza, ma lascerà posto al volto del Signore, il Cristo a cui Paolo viene conformato in questo cammino prima verso Gerusalemme e poi Roma. La gente di Mileto è afflitta, ma Paolo ha voluto educarli alla libertà e alla responsabilità, non voleva avere discepoli e associati, come delle copie che lo acclamassero capo; vuole invece persone libere, autonome e responsabili come lui. È un grande ammaestramento di umiltà: prima cosa è educare le persone alla responsabilità; quando invece si cerca di fare gruppi e partiti, spesso nasce il disastro. Nella Chiesa questo prende il nome, come spesso ha avvertito papa Francesco, di clericalismo. Paolo li mette anche in guardia anche di fronte alla venuta di lupi tremendi. Oggi i peggiori nemici non li abbiamo al di fuori dell’ovile, ma spesso si camuffano al suo interno, con tutti quei “superapostoli” che si agitano nel tentativo di chiudere il cristianesimo ancora una volta nella legge, non riconoscendo che siamo salvati proprio perché peccatori. Questo è il tipo del lupo, colui che mette il proprio io al posto di Dio, di cui parla Paolo ai Galati. 

“E adesso vi affido a Dio e alla parola della sua grazia che può edificare”. Paolo non affida ad altri uomini la sua presenza, il contrario affida alla Parola gli anziani a cui sta parlando. Facendo questo ricorda implicitamente che non è il ministro che possiede la parola, ma al contrario è la Parola che ti costituisce ministro. La Parola è una Persona viva, concreta: è una parola vivente e incarnata, alla quale ogni giorno andiamo sempre più conformandoci. A quanti l’hanno accolta – la Parola di Dio fattq carne, come ci ricorda Giovanni – a quelli che credono nel suo nome ha dato il potere di diventare figli di Dio. Ecco perché è importante questa inversione che compie Paolo: è questa parola che trasforma i ministri e li rende veri figli di Dio, è la forza della parola che li possiede in primo luogo. E Dio edifica la sua casa, la chiesa attraverso la sua parola, che ci vuole liberi e fratelli. 

Paolo insiste poi sul fatto di aver provveduto alla propria sussistenza con le sue mani: non è e non vuole essere un professionista della Parola. Ne è conoscitore, ma non è uno che vuole trarne profitto e che ne fa motivo di guadagno. Invece lavora con le proprie mani, si guadagna da vivere e così ha la possibilità di annunciare la parola gratuitamente. La vera ricchezza del cristiano è l’inesauribile ricchezza della Parola, non né denaro, dominio o potere. Il potere di Dio è amare, dare, perdonare e offrirci la sorgente della vita che sgorga dalla Parola.

Il passo termina con una scena piena di emotività, la partenza di Paolo. Sii dice che partire è un po’ morire, ma in realtà consente agli altri di vivere. L’assenza contribuisce a dare lo spazio necessario per crescere e vivere in modo autonomo. Tutti si gettano al collo di Paolo nel tentativo di imprimere il suo volto nella loro mente un’ultima volta, perché nel volto di Paolo c’è tutto il suo percorso. Il volto rappresenta tutta la nostra essenza, lì ci sono tutte le nostre relazioni, la nostra storia e il nostro cammino. Ora Paolo andrà verso la suprema rivelazione del volto del Signore. 

Gregorio Magno, Commento morale a Giobbe 23, 20

“Ho molte cose da dire, se non parlo, scoppio. Sono come il vino quando fermenta che squarcia anche gli otri nuovi” (Gb 32,20). Se intendiamo questo linguaggio in senso spirituale, l’otre qui significa il cuore. Per vino che fermenta s’intende il tervore dello Spirito santo, di cui il Signore nel vangelo dice: “Vino nuovo in otri nuovi” (Mt 9,17). E quando di questo vino furono improvvisamente riempiti gli apostoli che si misero a parlare in tutte le lingue, i giudei senza saperlo dissero la verità affermando: “Questi sono completamente ubriachi” (At 2,13). Per otri si possono intendere le coscienze deboli per la loro stessa umanità e certamente quei vasi di terra che sono i corpi, a proposito dei quali l’Apostolo dice: “Abbiamo questo tesoro in vasi di terra” (2 Cor 4,7). Siccome poi Eliu si gonfia talmente d’orgoglio come se parlasse per grazia di carità, acceso dall’ardore dello Spirito santo, paragona il sentimento del suo spirito al vino che fermenta in modo incontenibile. E dice bene che “squarcia gli otri nuovi”, perché non solo la vita vecchia, ma neppure quella nuova, riesce a contenere l’ardore dello Spirito santo. Il vino che fermenta squarcia gli otri nuovi, perché la potenza del suo ardore supera anche i cuori spirituali.

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