Il 3 ottobre 2020 papa Francesco firmava in Assisi, presso la tomba di san Francesco, la sua terza lettera Enciclica, Fratelli tutti, sulla fraternità e l’amicizia sociale.
Il papa tiene subito a sottolineare che il Santo di Assisi rimane l’ispiratore del suo magistero: ha scelto il suo nome; lo ha citato espressamente nella lettera Enciclica sulla cura della casa comune Laudato si’; ora prende spunto dalle parole sanfrancescane per raggiungere ogni persona umana, sentendosi contagiato da «un amore che va al di là delle barriere della geografia e dello spazio, […] una fraternità aperta, che permette di riconoscere, apprezzare e amare ogni persona al di là della vicinanza fisica, al di là del luogo del mondo, dove è nata o dove abita» (Fratelli tutti 2). Il presente documento ha la parresìa di annunciare un mondo «senza frontiere» (cfr. nn. 3-8), un «progetto per tutti» (cfr. nn. 15-28), una «rotta comune» (cfr. nn. 29-31), la «dignità umana sulle frontiere» (cfr. nn. 37-41), «pensare e generare un mondo aperto» (cfr. cap. terzo), «un cuore aperto al mondo intero» (cfr. cap. quarto), una «migliore politica» (cfr. cap. quinto), il dialogo e l’amicizia sociale (cfr. cap. sesto), «percorsi di un nuovo incontro» (cfr. cap. settimo), la missione che tutte le religioni hanno «al servizio della fraternità nel mondo» (cfr. cap. ottavo).
L’Enciclica papale si apre con un sogno: «desidero tanto che, in questo tempo che ci è dato di vivere, riconoscendo la dignità di ogni persona umana, possiamo far rinascere tra tutti un’aspirazione mondiale alla fraternità. […] Sogniamo come un’unica umanità, come viandanti fatti della stessa carne umana, come figli di questa stessa terra che ospita tutti noi, ciascuno con la ricchezza della sua fede o delle sue convinzioni, ciascuno con la propria voce, tutti fratelli!» (Fratelli tutti8). Il desiderio della fraternità e della comunione universale aveva già portato papa Francesco a incontrare il mondo islamico, per giungere alla redazione di un documento congiunto, Sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune (Abu Dhabi, 4 febbraio 2019). Tuttavia, la presente Enciclica dedica l’intero primo capitolo a quelle che il papa chiama «le ombre di un mondo chiuso»; egli scrive, infatti: «la storia sta dando segni di un ritorno all’indietro. Si accendono conflitti anacronistici che si ritenevano superati, risorgono nazionalismi chiusi, esasperati, risentiti e aggressivi. In vari Paesi un’idea dell’unità del popolo e della nazione, impregnata di diverse ideologie, crea nuove forme di egoismo e di perdita del senso sociale mascherate da una presunta difesa degli interessi nazionali» (Fratelli tutti 11). La sua analisi mette in evidenza l’egemonia economica, che schiaccia la dignità della persona umana: «Siamo più soli che mai in questo mondo massificato che privilegia gli interessi individuali e indebolisce la dimensione comunitaria dell’esistenza. Aumentano piuttosto i mercati, dove le persone svolgono il ruolo di consumatori o di spettatori. L’avanzare di questo globalismo favorisce normalmente l’identità dei più forti che proteggono sé stessi, ma cerca di dissolvere le identità delle regioni più deboli e povere, rendendole più vulnerabili e dipendenti. In tal modo la politica diventa sempre più fragile di fronte ai poteri economici transnazionali che applicano il “divide et impera”» (Fratelli tutti 12). La persona – in questa logica mondiale – diventa vuota, sradicata, uno scarto mondiale; aumentano, a dismisura, le barbarie, il razzismo, la violenza: «c’è una pedagogia tipicamente mafiosa che, con un falso spirito comunitario, crea legami di dipendenza e di subordinazione dai quali è molto difficile liberarsi» (Fratelli tutti 28). La globalizzazione ci ha resi più vicini, ma meno fratelli; maggiormente soli, frustrati e disperati.
Papa Francesco – nel capitolo secondo della Fratelli tutti – propone alla cristianità un modello di fraternità e di prossimità: il buon Samaritano del Vangelo (cfr. Lc 10,25-37), quale emblema di nuovi legami sociali, inclusione, solidarietà e generosità; «godiamo di uno spazio di corresponsabilità capace di avviare e generare nuovi processi e trasformazioni. Dobbiamo essere parte attiva nella riabilitazione e nel sostegno delle società ferite. Oggi siamo di fronte alla grande occasione di esprimere il nostro essere fratelli, di essere altri buoni samaritani che prendono su di sé il dolore dei fallimenti, invece di fomentare odi e risentimenti. Come il viandante occasionale della nostra storia, ci vuole solo il desiderio gratuito, puro e semplice di essere popolo, di essere costanti e instancabili nell’impegno di includere, di integrare, di risollevare chi è caduto; anche se tante volte ci troviamo immersi e condannati a ripetere la logica dei violenti, di quanti nutrono ambizioni solo per sé stessi e diffondono la confusione e la menzogna. Che altri continuino a pensare alla politica o all’economia per i loro giochi di potere. Alimentiamo ciò che è buono e mettiamoci al servizio del bene» (Fratelli tutti 77).
La carità spinge verso la comunione universale, a discapito – sempre – dell’isolamento; «per sua stessa dinamica, l’amore esige una progressiva apertura, maggiore capacità di accogliere gli altri, in un’avventura mai finita che fa convergere tutte le periferie verso un pieno senso di reciproca appartenenza» (Fratelli tutti 95). Nell’Enciclica leggiamo più avanti: «la persona umana, coi suoi diritti inalienabili, è naturalmente aperta ai legami. Nella sua stessa radice abita la chiamata a trascendere sé stessa nell’incontro con gli altri» (Fratelli tutti 111).
Il papa scrive che siamo chiamati ad accompagnare gli altri, non solo a provvedere ai loro bisogni primari (cfr. Fratellitutti 110). Esprimendosi sull’attuale scenario migratorio, auspica le migliori condizioni per uno sviluppo umano integrale; e invita ognuno a: «accogliere, proteggere, promuovere e integrare» (Fratelli tutti 129). Pensando alle organizzazioni mondiali, invita tutti a «far crescere non solo una spiritualità della fraternità ma nello stesso tempo un’organizzazione mondiale più efficiente, per aiutare a risolvere i problemi impellenti degli abbandonati che soffrono e muoiono nei Paesi poveri» (Fratelli tutti 165); come anche a «dare vita a organizzazioni mondiali più efficaci, dotate di autorità per assicurare il bene comune mondiale, lo sradicamento della fame e della miseria e la difesa certa dei diritti umani fondamentali» (Fratelli tutti 172).
Francesco, guardando alla fede e alla vita sanfrancescane, propone alla cristianità i valori del dialogo (cfr. Fratelli tutti198), dell’incontro (cfr. Fratelli tutti 215-221), della gentilezza (cfr. Fratelli tutti 222-224), della pace (cfr. Fratelli tutti228-245). Egli pone al centro il fare memoria (cfr. Fratelli tutti 246-254).
Tutto questo, affinché siano poste al centro delle preoccupazioni di ogni persona umana «una costante attenzione al bene comune e la preoccupazione per lo sviluppo umano integrale» (Fratelli tutti 276).