Tre giorni fa, durante la celebrazioni dei Secondi Vespri della solennità dell’Ascensione del Signore, nella Basilica Vaticana di San Pietro, è stata resa nota la Bolla di indizione del prossimo Giubileo: Spes non confundit.
Nel segno della speranza! Il Santo Padre indica alla Chiesa la via della vita; riconciliati con Dio, accogliamo la gioia e la pace. Si tratta dell’anelito di ogni cuore: «Tutti sperano. Nel cuore di ogni persona è racchiusa la speranza come desiderio e attesa del bene, pur non sapendo che cosa il domani porterà con sé» (1); leggiamo all’inizio della Bolla.
La pietra angolare del nostro sperare – in quanto cristiani – rimane il mistero pasquale di Gesù Cristo, Figlio di Dio e Figlio dell’uomo: «La speranza nasce dall’amore e si fonda sull’amore che scaturisce dal Cuore di Gesù trafitto sulla croce» (3). Prosegue il Documento: «È lo Spirito Santo, con la sua perenne presenza nel cammino della Chiesa, a irradiare nei credenti la luce della speranza: Egli la tiene accesa come una fiaccola che mai si spegne, per dare sostegno e vigore alla nostra vita. La speranza cristiana, in effetti, non illude e non delude, perché è fondata sulla certezza che niente e nessuno potrà mai separarci dall’amore divino» (3). La fede viene rivelata come quella luce che illumina anche il buio della croce e delle sfide quotidiane; perciò, insieme alla virtù della speranza, viene indicata quella della pazienza: «Attraverso il buio si scorge una luce: si scopre come a sorreggere l’evangelizzazione sia la forza che scaturisce dalla croce e dalla risurrezione di Cristo. E ciò porta a sviluppare una virtù strettamente imparentata con la speranza: la pazienza. Siamo ormai abituati a volere tutto e subito, in un mondo dove la fretta è diventata una costante. Non si ha più il tempo per incontrarsi e spesso anche nelle famiglie diventa difficile trovarsi insieme e parlare con calma. La pazienza è stata messa in fuga dalla fretta, recando un grave danno alle persone. Subentrano infatti l’insofferenza, il nervosismo, a volte la violenza gratuita, che generano insoddisfazione e chiusura. Nell’epoca di internet, inoltre, dove lo spazio e il tempo sono soppiantati dal “qui ed ora”, la pazienza non è di casa» (4). Viene sottolineato, ulteriormente che «da questo intreccio di speranza e pazienza appare chiaro come la vita cristiana sia un cammino, che ha bisogno anche di momenti forti per nutrire e irrobustire la speranza, insostituibile compagna che fa intravedere la meta: l’incontro con il Signore Gesù» (5).
L’auspicio che papa Francesco ci consegna con questo Documento è alla speranza nella gioia: «Tutti, in realtà, hanno bisogno di recuperare la gioia di vivere, perché l’essere umano, creato a immagine e somiglianza di Dio (cfr. Gen 1,26), non può accontentarsi di sopravvivere o vivacchiare, di adeguarsi al presente lasciandosi soddisfare da realtà soltanto materiali. Ciò rinchiude nell’individualismo e corrode la speranza, generando una tristezza che si annida nel cuore, rendendo acidi e insofferenti» (10). Egli rivolge uno sguardo attento alle varie realtà umane: detenuti, ammalati, giovani, Paesi in via di sviluppo, anziani; così come alla creazione e alla importante ricorrenza dei 1700 anni dalla celebrazione del primo grande concilio ecumenico (Nicea).
La Bolla ci invita a guardare lontano, primieramente alla meta del nostro pellegrinaggio terreno: la vita eterna; per questo afferma: «Noi in virtù della speranza nella quale siamo stati salvati, guardando al tempo che scorre, abbiamo la certezza che la storia dell’umanità e quella di ciascuno di noi non corrono verso un punto cieco o un baratro oscuro, ma sono orientate all’incontro con il Signore della gloria. Viviamo dunque nell’attesa del suo ritorno e nella speranza di vivere per sempre in Lui» (19). E prosegue, affermando: «Cristo morì, fu sepolto, è risorto, apparve. Per noi è passato attraverso il dramma della morte. L’amore del Padre lo ha risuscitato nella forza dello Spirito, facendo della sua umanità la primizia dell’eternità per la nostra salvezza. La speranza cristiana consiste proprio in questo: davanti alla morte, dove tutto sembra finire, si riceve la certezza che, grazie a Cristo, alla sua grazia che ci è stata comunicata nel Battesimo, la vita non è tolta, ma trasformata, per sempre. Nel Battesimo, infatti, sepolti insieme con Cristo, riceviamo in Lui risorto il dono di una vita nuova, che abbatte il muro della morte, facendo di essa un passaggio verso l’eternità» (20).
Il Santo Padre, nella Bolla, afferma, con forza, il primato della vita sulla morte, che è la vocazione comune dei figli di Dio: «Cosa caratterizzerà dunque tale pienezza di comunione? L’essere felici. La felicità è la vocazione dell’essere umano, un traguardo che riguarda tutti. Ma che cos’è la felicità? Quale felicità attendiamo e desideriamo? Non un’allegria passeggera, una soddisfazione effimera che, una volta raggiunta, chiede ancora e sempre di più, in una spirale di avidità in cui l’animo umano non è mai sazio, ma sempre più vuoto. Abbiamo bisogno di una felicità che si compia definitivamente in quello che ci realizza, ovvero nell’amore» (21). E ci ricorda che – in vista del finale giudizio di Dio – tutte e tutti possiamo chiedere con fiducia il dono della sua infinita misericordia e l’indulgenza per tutto il male presente in noi e nel mondo intero.
L’augurio finale del Papa rimane aperto alla piena comunione con Dio e tra di noi: «Il prossimo Giubileo, dunque, sarà un Anno Santo caratterizzato dalla speranza che non tramonta, quella in Dio. Ci aiuti pure a ritrovare la fiducia necessaria, nella Chiesa come nella società, nelle relazioni interpersonali, nei rapporti internazionali, nella promozione della dignità di ogni persona e nel rispetto del creato. La testimonianza credente possa essere nel mondo lievito di genuina speranza, annuncio di cieli nuovi e terra nuova (cfr. 2Pt 3,13), dove abitare nella giustizia e nella concordia tra i popoli, protesi verso il compimento della promessa del Signore. Lasciamoci fin d’ora attrarre dalla speranza e permettiamo che attraverso di noi diventi contagiosa per quanti la desiderano» (25).