Martedì della VII settimana di Pasqua. Liturgia di San Mattia
In attesa dello spirito i fratelli preparano il cuore perseverando insieme, unanimi nella preghiera. Ma preparano anche il nuovo corpo della comunità: sono 11. I 12 patriarchi, le 12 tribù, le 12 colonne del nuovo tempio sono da integrare. Pietro, stando in mezzo ai fratelli, prende la parola: è il rappresentante della chiesa nascente, perché è il più debole che è stato perdonato; il suo scopo non è quello di aumentare il suo prestigio da leader, ma quello di pascere il gregge di Cristo, favorendo il senso di libertà, di amore e comunione. Ripercorre gli ultimi momenti della vita di Giuda; ma quel Giuda rappresenta l’uomo perduto, che è ciascuno di noi, rappresenta il male del mondo per il quale Cristo è morto. Pietro finalmente comprende perché bisognava che si compisse la scrittura in Giuda: il compimento della scrittura è la salvezza dell’uomo. Non dobbiamo allora scandalizzarci se c’è un Giuda nascosto tra noi, bisogna scandalizzarsi invece se il male si tiene coperto. Su questo papa Francesco ci ha avvisato molte volte: è normale che il male ci sia, il vero scandalo è nasconderlo. Del resto se uno non riconosce il male, neppure si converte, perché tutto rimane in regola; invece il confronto costante con le Scritture dischiudono la coscienza del nostro Giuda interiore e ci portano verso la conversione costante. Questo vale per Pietro fino all’ultimo peccatore.
Gli apostoli ora cercano uno che conosca tutta la storia di Gesù, la sua vita, la sua carne, dal battesimo fino al giorno in cui fu assunto in cielo. Uno che sappia che tutta la vita, le parole e i segni di Gesù sono rivelazione di un amore che vince la morte, con la quale ha assunto ogni morte per essere solidale con ogni Giuda di questo mondo. Arriviamo così alla definizione di apostolo: testimone della risurrezione. I testimoni della vita, della vita che vince la morte, della gioia e della luce pasquale che illuminano tutto. Gli apostoli cercano ieri come oggi un testimone del genere e vanno quindi verso una scelta. Si affidano a Dio, lo capiamo: portano ancora i segni delle ferite dei recenti avvenimenti, erano scappati tutti, quando tutti avevano fatto la scelta, che sembra irremovibile, di seguire Gesù. Ora la comunità è più umile, perché più consapevole degli errori e delle fragilità che ha sperimentato e lasciano tutto al Signore. Gettano le sorti perché non hanno ancora ricevuto lo Spirito; quando lo riceveranno, allora discerneranno la realtà e determineranno da sé il da farsi. Lascia fare a Dio: ascoltando che cosa ti dice lo Spirito interiore, vai dove Dio ti attira con maggior gioia. Questa è l’arte di essere liberi da se stessi, l’arte – come dicevano i Padri – di diventare «teodidatti», cioè istruiti da Dio stesso e dal suo Spirito.
Gregorio Magno, Commento al Primo Libro dei Re I, 97
“L’arco dei forti s’è spezzato, ma i deboli sono rivestiti di vigore” (1Sam 2,4). Il termine “vigore” si riferisce alla potenza dello Spirito santo. Ecco perché il Signore promettendo ai discepoli lo Spirito santo dice: “Voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto” (Lc 24,49). Giustamente la grazia dello Spirito santo viene chiamata vigore, in quanto gli eletti, ricevendola, diventano forti contro tutte le avversità di questo mondo. Chi, se non gli apostoli, in questo passo sono da considerare i deboli? Senonché i deboli, quando viene teso l’arco dei forti, non vengono rivestiti di vigore dall’alto. Infatti nell’ora in cui il Signore fu arrestato sta scritto che tutti, abbandonatolo, fuggirono. Non era forse debole Pietro allorquando si prese paura alla domanda che gli rivolse la portinaia e rinnegò il Redentore? Sì, l’arco dei forti era stato spezzato e la crudeltà dei giudei annientata, perché il Redentore, vinta la morte, era risorto; e tuttavia gli apostoli ancora deboli, chiuse le porte, avevano paura dei forti ormai sconfitti. Ma appena il vigore li rivestì, è bello vedere come li rese forti. Con un rombo improvviso lo Spirito santo discese sopra di essi e trasformò la loro debolezza nella potenza di una meravigliosa carità. Ormai rivestiti di vigore, cominciarono a predicare apertamente il Cristo, essi che non si vergognavano di fuggire di fronte alle minacce dei persecutori; ed essi che si erano impauriti di fronte alle parole delle donne, affrontarono con la libertà della loro parola l’autorità dei capi.
Il vigore dello Spirito vinse il timore, superò i terrori, le minacce e le torture, e quelli che rivestì scendendo sopra di essi, li adornò con le insegne di una meravigliosa audacia per il combattimento spirituale; tanto che in mezzo ai flagelli, alle torture e agli oltraggi non solo non temettero, ma esultarono.