Periodico di informazione religiosa

Il cardinale Semeraro a Tagliacozzo per la festa del Volto Santo

by | 8 Apr 2024 | Vita ecclesiale

Il cardinale Marcello Semeraro, Prefetto del Dicastero delle Cause dei santi, ha presieduto a Tagliacozzo (L’Aquila) i riti della festa del Volto Santo a Tagliacozzo, una ricorrenza che si celebra da secoli nell’ottava di Pasqua o domenica in albis, da quando un principe di Casa Colonna donò al suo feudo di Tagliacozzo il dipinto con l’immagine del Cristo sofferente impressa sul velo della Veronica. La tela è ancora oggi custodita dalle Monache benedettine del Monastero dei Santi Cosma e Damiano ed è al centro del cerimoniale religioso che si svolge durante la festa, rimasto immutato. I momenti culminanti sono la solenne processione per le vie della città, dove sono attesi, come sempre, migliaia di fedeli, la predica che non viene tenuta non durante la messa, ma sul loggiato dove avverrà la benedizione e infine la solenne benedizione attraverso l’esposizione dell’effigie del Volto Santo.

Riportiamo il testo dell’omelia pronunciata dal cardinale Semeraro:

Carissimi, durante la proclamazione del Vangelo abbiamo unito questa esclamazione gioiosa, dalle labbra degli apostoli: “Abbiamo visto il Signore!”. È questo che i discepoli comunicano subito a Tommaso, che non era con loro in quell’esperienza tanto bella, tanto gioiosa. In realtà quegli apostoli non avevano soltanto veduto; altre cose infatti erano accadute. C’era stato il dono della pace; per ben due volte il Risorto aveva detto loro “Pace a voi”. La pace biblica è il dono dell’armonia, della riconciliazione, della ricomposizione in una forma corretta e giusta delle reazioni, di tutte le relazioni, anche di quelle sociali, anche di quelle politiche. E di questa pace – in questi tempi- anche noi sentiamo tanto il bisogno. E poi Gesù aveva dato una missione, aveva detto: “Io mando voi”. Ma soprattutto c’era stato il dono dello Spirito Santo. Nel libro degli Atti la Pentecoste è narrata cinquanta giorni dopo la Pasqua, ma nel Quarto Vangelo, il Vangelo secondo Giovanni, questa è la Pentecoste. Gesù soffia sui discepoli e dona loro lo Spirito. L’evangelista usa questo verbo, “soffiare”, e lo prende dalla Bibbia, dal libro della Genesi, là dove si dice che il Creatore, dopo avere plasmato l’uomo con l’argilla, “soffiò” nelle sue narici l’alito della vita e l’uomo diventò un essere vivente. Col suo gesto Gesù vuole dire che soltanto adesso la creazione conosce il suo pieno compimento; con la Pasqua tutti noi siamo ricreati e con la sua resurrezione Gesù ci rende tutti uomini nuovi.

Ecco, tutto questo era avvenuto e i compagni dicono a Tommaso: “Abbiamo visto il Signore”, perché in questo vedere c’è tutto. Il vedere ci richiama il mistero del volto. Il volto, infatti, è la parte del corpo attraverso cui la persona può guardare; col volto noi possiamo rivolgerci a qualcuno, possiamo vederlo. Questa parola, che nella nostra lingua italiana traduciamo con “volto” – anche nella lingua greca, quella che usa il Nuovo Testamento, anche nella nostra lingua latina – il volto è sempre quella parte del corpo che permette alla persona di vedere. E non soltanto di vedere, ma anche di essere visti, di essere identificati dal volto, anche sulle nostre carte di identità ci vien chiesto di mettere la foto del nostro volto, perché il volto ci identifica. Anche la festa che qui oggi, tutti insieme, io con voi con grande piacere – e sono grato al parroco, al signor Sindaco, al Vescovo per questo invito a vivere con voi questo giorno di festa – in questo giorno di festa noi contempliamo un volto, il mistero del Volto Santo, che non è soltanto il mistero di un Gesù Risorto che ci guarda. È anche il mistero di noi che guardiamo a Lui e lo facciamo consapevoli che su di noi c’è lo sguardo amorevole, c’è lo sguardo misericordioso di Gesù. Tutto questo potete ritrovarlo anche nella preghiera che il beato Papa Pio IX scrisse per voi, per questa immagine del Volto Santo. Ma nel Vangelo abbiamo anche sentito dire che a Tommaso vedere non bastò; Tommaso voleva qualcos’altro: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo”. Cosa avremmo fatto noi? Gesù acconsente e gli dice: “Metti qua il tuo dito, guarda le mie mani, stendi la mano, mettila nel mio costato”. Questa accondiscendenza di Gesù ci meraviglia, perché Gesù non solo accetta di essere toccato, sembra addirittura che anch’egli voglia toccare, sembra che lo stesso Gesù cerchi un contatto.

Carissimi, questa è la stranezza della fede cristiana, anche quando la nostra fede vacilla, Gesù si fa ancora più vicino a noi; quanto più noi siamo vacillanti, quanto più noi siamo deboli, tanto più si dona con amore. Cosa poi sia accaduto a Tommaso, non lo sappiamo, il Vangelo non racconta nulla: Tommaso ha poi davvero messo la mano nel fianco di Gesù? E mentre faccio questa domanda a me e a tutti voi, corre nella fantasia quel dipinto meraviglioso del Caravaggio, che ci mostra Tommaso, con lo sguardo stupito, che tende la mano. Il Vangelo però non ci dice niente, anzi penso che il Vangelo voglia farci intendere che Tommaso non ha per niente toccato Gesù. Gesù dice “perché mi ha veduto, hai creduto”. Ecco il mistero del Volto Santo! Il Quarto Vangelo ci riferisce quella meravigliosa espressione di Tommaso: “Mio Signore e mio Dio”. Vi confido che queste parole mi sono davvero molto care: io non le ho imparate leggendo il Vangelo, le ho imparate quando ero piccolo, quando non sapevo leggere; ma la mia mia mamma mi insegnò che, tutte le volte che nella messa vedevo sollevare l’ostia santa e il calice con il vino consacrato, la mamma mi insegnava che lì c’è il “mio Signore e mio Dio”. Sono passati tanti tanti anni da allora e io faccio sempre cosi, ogni giorno è così. Quest’anno ricorrono i 750 anni dalla morte di un altro Tommaso, San Tommaso d’Aquino. Il suo biografo dice che San Tommaso d’Aquino, quando vedeva alzare l’ostia, diceva queste parole, che ci sono nel Te Deum: “O Cristo, Re della gloria eterno, Figlio del Padre”. San Tommaso diceva così e piangeva per l’emozione. Io dico soltanto: “Mio Signore e mio Dio”.

Gesù gli risponde con una beatitudine: “Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto a questo”. Miei cari, tutto questo racconto del Vangelo è il punto centrale e l’asse su cui si incentra tutto il Vangelo che oggi è stato proclamato nella seconda domenica di Pasqua. “Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto”. Certo, vedere Gesù ed essere visti da lui è importantissimo. Ma cosa vuol dire Gesù, quando dice “beati quelli che non hanno visto?”. Cosa c’è di beato, perché c’è la beatitudine del non vedere? Perché Gesù vuole dirci che il suo volto non possiamo più vederlo come accadde nel cenacolo, prima ai dieci apostoli, poi insieme con Tommaso. Gesù, non lo possiamo vedere, non possiamo dire come loro: “Abbiamo visto Gesù”. Però possiamo vedere il Volto Santo di Gesù, soprattutto nel povero, nel disprezzato, nell’umiliato. Ci sono già delle filosofie moderne che parlano della importanza del volto, perché nel volto c’è la relazione fra di noi, nel volto c’è anche la nostra responsabilità morale. E a proposito della parola “volto”, tante pagine della filosofia moderna ci propongono il valore della persona, di ciascuno di noi come mistero da compiere e da comprendere in  profondità. Questo vuole dirci Gesù: il Volto Santo che devi contemplare è anche questo.

Concludo con alcune parole che traggo dal messaggio di Papa Francesco per la Quinta Giornata Mondiale dei Poveri. Il signor Sindaco mi ha chiesto, al termine della messa, di portare il nostro saluto, il saluto di tutti al Santo Padre; lo incontrerò sabato prossimo e gli dirò di questo nostro incontro. Ma ora concludo citando le sue parole: “Tutta l’opera di Gesù afferma che la povertà non è frutto di fatalità, ma segno concreto della sua presenza in mezzo a noi. Non lo troviamo quando e dove vogliamo, ma lo riconosciamo nella vita dei poveri, nella loro sofferenza e indigenza, nelle condizioni a volte disumane in cui sono costretti a vivere”. E sono anche uccisi! Ecco, fratelli, siamo chiamati a vedere questo Volto Santo, ma siamo anche chiamati a scoprire questo volto nei poveri, essere a loro uniti, ascoltare e comprendere le loro necessità. Ci sono tante povertà, non c’è solo la povertà economica! Ecco, accogliere quello che il Signore vuole dirci attraverso di loro. Questo è il Volto Santo, che voi tanto venerate e che ora sarà il segno della benedizione del Signore su di noi. questo mistero, questo volto voglia ricordarcelo: Gesù nel povero, il povero è il sacramento di Cristo.

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