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La luce della fede. La prima enciclica di papa Francesco

da | 6 Mar 2023 | Teologia

La luce della fede è l’incipit della prima lettera enciclica di Papa Francesco, Lumen fidei, pubblicata il 29 giugno 2013, nell’anno della fede. Con questo documento egli ha portato a compimento il cammino precedentemente intrapreso da Benedetto XVI sulle virtù teologali: questi aveva firmato la sua prima enciclica dedicandola all’amore cristiano il 25 dicembre 2005; a questa seguì la riflessione sulla speranza – Spe salvi, del 30 novembre 2007.

Lo stesso Papa Benedetto XVI scriveva, nell’indizione dell’Anno della fede, l’undici ottobre 2011: «La porta della fede che introduce alla vita di comunione con Dio e permette l’ingresso nella sua Chiesa è sempre aperta per noi» (Porta fidei 1).

Il documento di Francesco – Lumen fidei – esordisce con queste parole: «Chi crede, vede; vede con una luce che illumina tutto il percorso della strada, perché viene a noi da Cristo risorto, stella mattutina che non tramonta» (LF 1). La fede fortifica la vita e il cammino di ogni persona umana.

La prima enciclica che papa Francesco ha consegnato alla Chiesa è divisa in quattro capitoli: il primo guarda al compimento della fede antico-testamentaria nella Persona del Figlio di Dio; il secondo presenta il rapporto tra la fede e la ragione, nella ricerca della verità sull’uomo e sul mondo; nel terzo capitolo siamo invitati a meditare sul deposito della fede, affidato alla Traditio Ecclesiae e continuamente alimentato per mezzo dei sacramenti; l’ultimo invita il lettore – fondandosi sulla fede che vive – ad allargare il proprio cuore verso le realtà familiare e sociale, affinché la fede informi sempre più tutto quanto l’esistente e sia quella forza nei momenti bui e di croce.

L’enciclica nasce dalla parola del Signore Gesù: «Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre» (Gv 12,46); e al fine di dischiudere alla persona umana il grande orizzonte che la fede apre. Si tratta di una luce illusoria? Si chiede il Papa nei primissimi numeri del documento (cfr. LF 2). Dall’analisi che egli compie dello scenario antropologico attuale – nel quale «l’uomo ha rinunciato alla ricerca di una luce grande, di una verità grande» (LF 3) – il Papa non si stanca di proporre alla cristianità universale una «luce oggettiva e comune per rischiarare il cammino» (Ibidem).

La presente lettera – infondo – vuole essere una risposta al relativismo fatto di «piccole luci che illuminano il breve istante, ma sono incapaci di aprire la strada» (LF 3). Papa Francesco sottolinea l’urgenza di riscoprire la fede come luce, per acquisire basi esistenziali solide e camminare «lieti nella speranza» (Rm 12,12); essa «nasce nell’incontro con il Dio vivente, che ci chiama e ci svela il suo amore, un amore che ci precede e su cui possiamo poggiare per essere saldi e costruire la vita. Trasformati da questo amore riceviamo occhi nuovi, sperimentiamo che in esso c’è una grande promessa di pienezza e si apre a noi lo sguardo del futuro» (LF 4).

L’enciclica propone fortemente alla persona la dimensione comunionale, ben «al di là del nostro “io” isolato» (LF 4). Al Papa sta a cuore «“confermare i fratelli” in quell’incommensurabile tesoro della fede che Dio dona come luce sulla strada di ogni uomo» (LF 7).

Il primo capitolo pone le basi della fede cristiana: la sua origine antico-testamentaria, il bisogno dell’ascolto, la sua dimensione fortemente personale; «la fede è la risposta a una Parola che interpella personalmente, a un Tu che ci chiama per nome» (LF 8). Il Papa invita – in queste pagine – a cogliere la testimonianza di Abramo, dal quale possiamo apprendere il radicamento nella memoria e l’apertura alla speranza; così come la piena fiducia in «una chiamata e un amore personali» (LF 11). Nel cammino del popolo di Israele possiamo cogliere la tentazione dell’idolatria, e l’invito alla conversione e al ritorno al Dio vivente. Mosè viene indicato come testimone di umiltà, coraggio, fiducia e affidamento. In Gesù troviamo il definitivo intervento di Dio nella storia, «la suprema manifestazione del suo amore per noi» (LF 15); come anche il nostro divenire creature nuove, figli di Dio. Il capitolo si chiude ribadendo la necessaria forma ecclesiale della fede (cfr. LF 22.36).

Il capitolo seguente analizza il rapporto tra la fede e la ragione. Il Papa sottolinea da subito che «poiché Dio è affidabile, è ragionevole avere fede in Lui, costruire la propria sicurezza sulla sua Parola» (LF 23); e scrive chiaramente, per il contesto attuale: «Richiamare la connessione della fede con la verità è oggi più che mai necessario, proprio per la crisi di verità in cui viviamo» (LF 25). La ricerca umana – cristianamente orientata – conduce all’amore: «la fede trasforma la persona intera, appunto in quanto essa si apre all’amore» (LF 26); quest’ultimo spinge all’uscita da sé, al cammino, e chiede fedeltà. «La luce dell’amore, propria della fede, può illuminare gli interrogativi del nostro tempo sulla verità […] la fede allarga gli orizzonti della ragione per illuminare meglio il mondo che si schiude agli studi della scienza» (LF 34).

Il terzo capitolo si sviluppa intorno al tema della trasmissione della fede. La vita umana viene presentata come comunione, fraternità: «la persona vive sempre in relazione. Viene da altri, appartiene ad altri, la sua vita si fa più grande nell’incontro con altri» (LF 38). Il necessario veicolo per l’edificazione del Regno divino rimangono i sacramenti: «la fede ha una struttura sacramentale. Il risveglio della fede passa per il risveglio di un nuovo senso sacramentale della vita dell’uomo e dell’esistenza cristiana, mostrando come il visibile e il materiale si aprono verso il mistero dell’eterno» (LF40). L’enciclica – infondo – ci invita fortemente alla riscoperta del nostro battesimo (cfr. LF 41-43) e alla centralità della vita eucaristica (cfr. LF 44-45).

Il capitolo conclusivo della presente enciclica traduce la vocazione della fede cristiana secondo una operosità concreta, fatta di bene comune, ricerca della giustizia, dei diritti e della pace (cfr. LF 50-51). Essa è chiamata a incarnarsi nella famiglia: per mezzo della testimonianza verso le giovani generazioni; nella società più ampia: con la costruzione di una fraternità universale; nel rispetto per il creato: considerato come dono. La fede può diventare – per tutti – «una forza consolante nella sofferenza» (LF 56), quella «lampada che guida nella notte i nostri passi» (LF 57).

A conclusione di queste nostre riflessioni, facciamo nostro l’invito del Papa: «Non facciamoci rubare la speranza, non permettiamo che sia vanificata con soluzioni e proposte immediate che ci bloccano nel cammino, che “frammentano” il tempo, trasformandolo in spazio» (LF 57).

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