Venerdì della VII settimana di Pasqua
Comincia una lunga sezione in cui Paolo, dopo aver testimoniato di fronte al sinedrio e ai governatori Felice e Festo, appare anche davanti all’ultimo re giudeo. Infatti il re Agrippa si trova in visita di presentazione a Festo. La grandiosa scenografia dei grandi della regione e del processo diventa il palco adeguato alla testimonianza di Paolo, che a tutti porta l’annuncio di Gesù. La scena richiama il processo di Gesù quando Pilato lo manda da Erode: anche lui veniva ascoltato volentieri e suscitava perplessità. In questo momento Paolo, di fronte a queste persone che possono decidere della sua vita e della sua morte, è solo un uomo nudo nella sua umanità, come lo era stato Gesù. Questo è il mistero degli Atti è che attraverso una persecuzione, attraverso il male subìto e supportato da testimoni come Paolo, il cristianesimo si è propagato. A suscitare la curiosità dei potenti è la straordinarietà di questo prigioniero: non un semplice cittadino romano, ma un personaggio di cultura, capace di parlare più lingue, che annuncia un messaggio di risurrezione: interessante, anzi, è che qui di Gesù morto e risorto ne parla Festo, un pagano, perché ha sentito parlare Paolo. Quindi il messaggio comincia a raggiungere anche persone a cui tendenzialmente non sarebbe arrivato, se non ci fosse stato il tumulto generato dai giudei. Si compie quanto diceva il Signore ad Anania su Paolo: “Vaso eletto per portare il mio nome dinanzi ai popoli, ai re e ai figli d’Israele” (At 9,15). Accade a lui quanto prediceva Gesù ai discepoli: “Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori a causa del mio nome” (Lc 21,12s).
Nei vv. 13-22 il governatore Festo presenta ad Agrippa e Berenice il caso di Paolo. E in breve la storia del suo processo, iniziato due anni prima dal suo predecessore Felice e continuato da lui. Le imputazioni contro Paolo sono infondate, non è un caso politico, come avrebbero voluto i suoi accusatori; si tratta di questioni religiose circa un certo Gesù, morto, che Paolo sostiene essere vivo, ma Paolo si era appellato a Cesare. Comincia ad affermarsi ovunque il kerigma: quel Cristo che voi avete crocifisso, Dio lo ha risuscitato. Questo è l’elemento su cui sta o cade tutta la fede cristiana. Ma forse il risvolto principale di tutto questo racconto è che una questione puramente religiosa viene portata sul piano politico. Il cristianesimo, questa è la lezione, non può rimanere confinato in una sfera privata. La credenza che Gesù sia risorto comporta una serie di conseguenze che stimolano le coscienze, danno fastidio, non lasciano immutate le altre realtà. Saltano così una serie di leggi, di tradizioni, di credenze che facevano parte di un sistema anche politico e sociale, obbligando alla sua revisione e alla creazione di qualcosa di nuovo. Ma allora un cristiano deve far politica? Deve! È stata la risposta di Papa Francesco all’incontro con la Comunità di Vita Cristiana. Non serve un partito, basta cercare di fare il bene comune, ovunque ci troviamo, senza lasciarsi corrompere.
Gregorio Magno, Omelie su Ezechiele I, 3, 5
La vita dei predicatori risuona e arde. Risuona con la parola e arde col desiderio. Dal bronzo incandescente si sprigionano delle scintille, perché dalle loro esortazioni escono parole infuocate che giungono alle orecchie di chi ascolta. Giustamente le parole dei predicatori sono chiamate scintille, perché incendiano il cuore di quelli che esse colpiscono. È da notare che le scintille sono molto sottili e delicate, perché quando i predicatori parlano della patria celeste, più che aprire i cuori con la parola li fanno ardere di desiderio. Dalla loro lingua giungono a noi come delle scintille, perché dalla loro voce si può conoscere della patria celeste appena qualcosa di lieve, che però essi non amano lievemente. Essi non sono in grado di vedere la gloria celeste così come essa è, né di esprimerla come essi la vedono. Il bronzo incandescente dunque emette delle scintille, quando il predicatore non arriva ad esprimere se non debolmente questo fuoco vigoroso di cui arde. Ma la divina bontà fa sì che queste minutissime scintille accendano una fiamma nel cuore di chi ascolta; poiché ci sono taluni che ascoltando poche parole si riempiono d’un grande desiderio e bastano tenuissime scintille di parole a farli ardere d’un purissimo amore di Dio.