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Giovedì della VII settimana di Pasqua. Il Tempo di Pasqua con Gregorio Magno

by | 16 Mag 2024 | Monasteria

Giovedì della VII settimana di Pasqua

Paolo, interrogato dal sinedrio, ripercorre la storia di Gesù. Al centro è il confronto tra tutta l’autorità d’Israele e Paolo rappresentante della via del cristianesimo. Paolo è passato attraverso tutti i poteri esistenti: religioso, militare e civile, tutti poteri che cercano di farlo tacere, di impedirgli di dare la sua testimonianza. Luca lo descrive oggi proprio in questo primo momento dove comincia la sua passione, la sua assimilazione a Cristo, nello stesso luogo in cui Gesù è stato processato. Gesù aveva detto: «Quando vi presentate davanti ai tribunali non preoccupatevi di cosa dire perché lo Spirito parlerà in voi». E infatti Paolo dà battaglia, perché sta vivendo una missione: testimoniare il Cristo e attualizzare quella promessa di Gesù secondo cui i suoi discepoli sarebbero stati condotti davanti alle autorità, perché lì lo Spirito avrebbe parlato in loro. Paolo è quindi colui che dà voce al silenzio del processo di Cristo, quel silenzio che era la rivelazione della misericordia somma di Dio.

Una cosa che non capiscono Anania e i sommi sacerdoti è come mai Paolo, che era uno di loro, abbia lasciato tutto per andare verso i pagani. Ciò avviene perché è più facile parlare con i pagani, smascherando la falsa immagine di un Dio malvagio e perverso che va tenuto buono, perché altrimenti, se volesse, potrebbe disturggerci in un istante. 

«Ho agito secondo coscienza». Anania ritiene che questa affermazione di Paolo sia inaccettabile, qualcosa da colpire e da zittire in forza del potere in nome di Dio che pretende di avere. Ma il Figlio dell’uomo si è fatto servo ed è ultimo di tutti, per questo è Dio. L’unico potere che ha è quello di dare la vita, non di toglierla. Paolo chiama Anania «muro imbiancato», pieno di crepe. Invece di aggiustarle, mette uno strato di vernice per nascondere la rovina, lasciando poi che crolli tutto. E lo accusa, lui che giudica secondo la Legge, di violare la Legge. Notiamo l’ironia di Paolo: probabilmente sapeva di trovarsi di fronte al sommo sacerdote, ma si rifiutava di riconoscere come sommo sacerdote qualcuno che si comportasse in tal modo, capace di usare il potere e la violenza per non ascoltare e per spegnere la verità. Però si confessa, anche con una certa ironia, osservante della Legge, citando Esodo 22: «Del capo del tuo popolo non dirai male». Una Legge che Paolo vuole rispettare. L’atteggiamento di Paolo a processo ci fornisce degli ammaestramenti sempre attuali: agire in coscienza, ma anche illuminarla, perché è per incoscienza che ci si abbandona alle peggiori mostruosità, in nome di Dio, o della patria o del partito. Un abuso di coscienza, una coscienza che usa violenza sull’altra è incosciente, è criminale, quand’anche avesse ragione, perché la ragione non si inculca con la violenza. Al contrario, l’autorità dovrebbe aiutare a crescere nella libertà e nella comprensione. È la verità dell’amore che ci cambia il cuore e ci fa considerare spazzatura ciò che per tutti sembra di pregio, il potere.

Gregorio Magno, Omelie sui Vangeli 30, 8

Sappiamo quanto incerto e timido sia stato, prima della discesa dello Spirito santo, questo pastore della chiesa presso il cui corpo veneratissimo noi siamo riuniti. Colpito dalla voce di una sola donna, per timore di morire, rinnegò la Vita. Pensiamo anche che Pietro rinnegò a terra, mentre sulla croce il ladro riconobbe il Cristo. Ma ascoltiamo il cambiamento che si operò in un uomo così pavido, dopo la discesa dello Spirito. Si radunano i magistrati e gli anziani e agli apostoli, già colpiti, viene imposto di non parlare in nome di Gesù. Pietro con grande autorità ribatte: “Si deve obbedire a Dio piuttosto che agli uomini” (At 5,29).
E prima: “Se sia giusto innanzi a Dio obbedire a voi più che a lui, giudicatelo voi stessi (At 4,19). “Ma essi se ne andarono dal sinedrio lieti di essere stati oltraggiati per amore del nome di Gesù” (At 5,41). Ecco, Pietro gode colpito dai flagelli mentre prima era preso da timore di fronte alle parole. Pavido mentre la serva lo interrogava, dopo la venuta dello Spirito santo sconfigge la violenza dei potenti anche nella persecuzione.
È bello contemplare la potenza di questa forza divina richiamando alcune grandi figure dei due Testamenti. Ecco davanti ai miei occhi David, Amos, Daniele, Pietro, Paolo, Matteo. Lo Spirito scende su un ragazzo che suona l’arpa e ne fa il salmista, su di un pecoraio e ne fa un profeta, su di un ragazzo che vive appartato e lo costituisce giudice degli anziani, su di un pescatore per inviarlo ad annunciare a tutti la Parola, su di un persecutore per renderlo il dottore delle genti, su di un pubblicano che diventa un evangelista.
Quanto è grande la potenza di questo Spirito! Nessun ostacolo gli impedisce di insegnare la verità che vuole annunciata, e appena tocca la mente, la illumina. Trasforma l’anima umana appena ne ha preso possesso, rinnova senza indugio ciò che trova e dona ciò che prima uno non possedeva.

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