Periodico di informazione religiosa

T di TOMMASO D’AQUINO

by | 15 Mag 2024 | Filosofia

Tommaso d’Aquino un religioso, teologo e filosofo italiano.

Oggi un contemporaneo che si confronta con un medievale crederebbe di trattare con una persona succube di certi pensieri di totale dipendenza da Dio, o con un retrogrado ingenuo e superstizioso, inferiore a noi contemporanei scaltri e disincantati. Vedremo che non è così a partire da uno dei grandi maestri della Scolastica medioevale del XIII sec., contrastato anche lui in primis dai vicini e dalla famiglia, sostenuto poi, invece, da chi aveva intuito una maestosità e modernità di pensiero che avrebbe segnato la storia del pensiero mondiale. Per questo si suole parlare di Tommaso perenne. Siamo nel XIII sec, in un clima culturale abbastanza angoscioso, permeato dalla visione di un Dio giudice, onnipotente, temibile e perfetto, messo a confronto con un’umanità peccatrice e una materia, un mondo, un corpo, inconoscibile e mortificante dell’anima umana. In questa cultura si cercava naturalmente un capro espiatorio nel corpo, nella sessualità, nella donna, nella sfera delle cose materiali e creaturali. Tommaso d’Aquino (1225-1274) è stato un religioso, teologo e filosofo italiano. Frate domenicano, principale esponente della Scolastica, era definito Doctor Angelicus già dai suoi contemporanei. È venerato come santo dalla Chiesa cattolica, che dal 1567 lo considera anche dottore della Chiesa, Perché? Perché è stato capace di restituire valore e dignità al creato, all’uomo, e a Dio stesso. Al creato in quanto ordine armonico. A Dio in quanto amante dell’uomo, creatore e ordinatore buono di tutte le cose. All’uomo in quanto alla sua finitezza, agire morale e dignità soprattutto. Tommaso capisce che lo sguardo di Dio sulle sue creature e sul mondo è di amore e non di disprezzo. Per lui Dio è amore, è padre, e quindi tutto ciò che esce dalla mano di Dio ha una dignità infinita. Intuizione che riapre la cultura. L’idea fondamentale di Tommaso è l’intrinseca bontà del Creato. Tanta era la sua certezza della derivazione del mondo da Dio, compreso il corpo e la sessualità, la ragione e la libertà (idea ripresa da Abelardo un secolo prima), che tutto per Tommaso era buono, vivo e frutto d’amore. Anche la ragione per Tommaso è buona e voluta da Dio, e ribadire questo concetto in un epoca segnata dalla netta separazione tra fede e ragione nel dibattito dell’ epoca che stava giungendo ad attribuire alle due fonti di conoscenza dell’uomo (fede e ragione) due separati e distinti campi di indagine e di ricerca, fu una vera rivoluzione e calamita, per Tommaso, di non poche critiche e problemi. Ai tempi di Tommaso, seguendo la riscoperta del pensiero greco di Aristotele (bollato inizialmente come eretico, per di più circolante nell’Europa latina grazie alle traduzioni e ai commentari dei due filosofi musulmani “infedeli” Avicenna e Averroè), per dire che la realtà è una realtà viva, consistente, verrà usata la grande parola della metafisica occidentale che è la parola Essere. Quando si vuole dire la realtà e il principio primo da cui è scaturita la realtà si utilizza il termine Essere. In questo lessico, noi esseri umani invece, insieme a formiche, alberi, nuvole, etc…, siamo chiamati enti. Tommaso utilizza questo linguaggio che inaugura l’ontologia, o “discorso sull’Essere”, che in altre parole possiamo definire come “discorso intorno alla vita”: di cosa è fatta la vita, da dove viene la vita, verso dove va la vita? I Medievali la vita la chiamano Essere, e non solo la vita, ma anche l’origine della vita, il fondamento primo della vita. Tommaso parlando dell’Essere, parlando di Dio, dice che Egli è l’Essere primo. Ma per non entrare in un gioco di concetti sterili, quando dice l’Essere, Tommaso dice l’amore. Quindi in primis Tommaso costruisce un sistema dell’Essere, un’ontologia, una teoria della vita che è l’Essere e che, al contempo, è l’amore di Dio. Da questo presupposto scrive un sistema di spiegazione completo della realtà, potentissimo, di risposte a tutte quelle che erano considerate le questioni di allora più complesse in voga, ma valide per ogni generazione nella storia dell’umanità. L’altra caratteristica dell’opera di Tommaso è l’interculturalità. All’inizio della sua vocazione religiosa allo studio, all’insegnamento e alla predicazione cristiana, come abbiamo accennato sopra, Tommaso andò incontro a molti problemi e critiche, in quanto aveva dialogato e assorbito nuclei concettuali della filosofia aristotelica bollata come eretica. Ciò che faceva scandalo di Aristotele era che in un nucleo fondamentale del suo pensiero aveva negato l’immortalità dell’anima, discostandosi dal maestro Platone. Per Aristotele, quando l’uomo muore, muore anche l’anima, dunque non v’è alcuna immortalità. Agli occhi della teologia cristiana ciò era inconcepibile. Cosa farà Tommaso? Recupererà il pensiero di Aristotele, ne utilizzerà alcune idee fondamentali e le applicherà con disinvoltura per riformulare il pensiero cristiano. Perché? Perché Tommaso aveva capito che Aristotele aveva avuto una comprensione geniale della vita. Per comprendere un po’ l’entità dello scandalo che tutto ciò significava per la Chiesa di allora, dobbiamo pensare come se oggi qualcuno costruisca una spiegazione cristiana della vita attingendo a Marx. Altra cosa che infastidì i suoi contemporanei fu il dialogo che Tommaso ebbe con il pensiero arabo, con Avicenna, Averroè, con quegli interpreti musulmani che avevano commentato Aristotele e che non avevano nessuna esigenza di confermare i dogmi cristiani stando dentro un’altra tradizione, un’altra religione, l’Islamismo, politicamente e militarmente in conflitto in quel periodo col mondo occidentale cristiano. Tommaso allora nutre la sua filosofia cristiana della forma di pensiero greco più distante dalla rivelazione evangelica e della forma della filosofia araba islamica; attraversa queste barriere e riesce a costruire quella che oggi definiremmo una filosofia interculturale. Ma scendiamo ora in alcuni nuclei del suo pensiero. La dimostrazione dell’esistenza di Dio e l’etica umana.

Tommaso inizia la sua avventura filosofica spiegando l’esistenza di Dio. I Medievali non avevano la questione dell’ateismo, non dubitavano dell’esistenza di Dio, si muovevano dentro la religione come i pesci dentro al mare. Semmai avevano la questione delle confliggenti interpretazioni della fede; cioè si muovevano dentro la religione ma poi ognuno variava il modo di intenderla e il modo di concepire Dio. Cosa capisce Tommaso? Che la prima cosa da fare per costruire una cultura coesa e armonica è rispecchiare nel pensiero l’armonia del creato. La filosofia per Tommaso infatti è una cultura dell’armonia, perché se tutto ciò che esiste viene dall’amore di Dio, il mondo tendenzialmente è armonico. Sicuramente i medievali, a differenza nostra che viviamo in un mondo che brucia, si sentivano dentro un ordine del mondo solido, stabilito dall’eternità. Però Tommaso capisce che il centro, il fondamento di questa cultura dell’armonia, era il modo di intendere Dio. Poteva essere un’enorme fonte di divisione, immaginate il conflitto con l’Islam, o pensate alla lotta nel XVI e XVII sec. in Europa tra Cattolici e Protestanti, invece il mondo medievale prima delle atrocità del Mondo Moderno e della spaccatura di Lutero, era stabile nel credo armonico che reggeva l’Universo. Per i medievali l’idea dell’armonia era rispecchiata nei fatti, nella condizione umana e del creato. Tommaso voleva chiarire piuttosto le verità di fede in un modo che fossero comprensibili a tutti. La ragione non deve chiudere nel mistero le verità più profonde, che è vero, sì, hanno anche una componente misteriosa, ma tutto ciò che noi ne possiamo comprendere e chiarire, è giusto che sia spiegato bene, perché ogni essere umano, se crede in Dio, deve credere anche con un consenso della ragione. Perché credere non è chiudere gli occhi, ma aderire ad una relazione che conta, con tutta la nostra persona, in integrità di pensiero, parola e azione esistenziale. Per credere, Tommaso spiega, la ragione deve consentire, cioè trovare un senso, capire almeno la direzione di quello che crede. Credere allora non sarà svelare completamente un mistero ma capire che quel mistero è pieno di senso, cioè ha il valore di una verità, e la ragione vuole riuscire a cogliere e comprendere quella verità. Quindi la ragione pone le domande alla fede, e ha tutto il diritto di porle oltre che di ricevere risposte sensate, credibili, attendibili. Perché Tommaso si occupa delle prove razionali dell’esistenza di Dio dal momento che Dio per i medievali era un dato assodato? Quand Kant nel 1781 scrisse La Critica della Ragion Pura perché voleva fondare e giustificare la scienza moderna (gli Europei nel ‘700 alla scienza credevano), non era in discussione l’esistenza o meno della scienza, semmai era in discussione la spiegazione filosofica di come fosse possibile la scienza. Il fatto era assodato, ma il diritto con cui accadeva non era chiaro, perché sulla spiegazione di scienza litigavano le diverse correnti filosofiche, dai razionalisti agli empiristi fino a Kant. Allo stesso modo Tommaso voleva che la credenza in Dio avesse delle ragioni così evidenti che ciascuno potesse comprenderle. Si crede dunque con la ragione, ad occhi aperti, non chiusi. Si tratta di rendere comprensibile l’esperienza della presenza di Dio. Dio esiste, non è solo un’idea, una favola, una consolazione illusoria. Freud diceva di provare pena per chi credeva in Dio perché vittima di un’illusione infantile. Un medievale invece credeva in Dio come credeva in se stesso. Ma cosa significava Dio? Credere in Dio? Tommaso si impegnò proprio per rendere Dio comprensibile attraverso delle vie, che non sono vere e proprie dimostrazioni, ma sentieri esperienziali che devono partire da noi, da dove siamo noi, cercando di ricavare dalla comune esperienza umana l’incontro con Dio, e non da un concetto astratto o da un procedimento solo logico-razionale. L’uso argomentativo e critico della ragione per Tommaso è tipico degli esseri umani quando si pongono le domande sulla vita. Quindi, alla questione “Dio”, deve rispondere anzitutto l’uomo, con la ragione, prima ancora che con la fede.

1) Nella prima via di scoperta di Dio Tommaso si avvale della categoria di trasformazione, o movimento. Tutti noi siamo in trasformazione: si parte da un seme e si diventa un frutto, si parte da neonati o ancor prima da un embrione, e si diviene poi adulti. Ciò significa passare dalla potenza all’atto. Dal seme alla maturità. Visto che tutto viene dall’amore, per Tommaso si tratta di passare dall’essere amati alla capacità di amare, dal bambino all’uomo integro, capace di donare e prendersi cura degli altri. Questo passare dalla potenza all’atto non è un movimento di traslazione da un luogo all’altro, ma di trasformazione, permesso solo da Qualcuno che sia atto puro, a cui non manca niente, completamente realizzato e immobile, come un amore completamente perfetto che ispira e attira la nostra maturità e apprendimento ad amare. 

2) Un’altra via per arrivare a riconoscere che l’esistenza di Dio è plausibile, un po’ più meccanicistica, è l’idea che laddove vedo una la creazione deve esserci stato un creatore. 3) La terza via, importante, dipende parte dal rendersi conto che tutto ciò che esiste è contingente, e dal momento che le nostre esistenze sono fragili e transitorie, seppur reali, ciò significa che sono state originate da un essere non contingente ma necessario, completamente autonomo nella capacità di esistere.

4) La quarta via parte dal fine del desiderio insito in ogni cosa; poiché ognuno di noi e ciascuna cosa tendono ad un fine, primo o ultimo, inferiore o superiore, vicino o lontano, possiamo chiamare la perfezione assoluta o Dio ciò a cui tutto il creato tende. 

5) La quinta e ultima via forse invece è quella che noi contemporanei potremmo fare un po’ più fatica a comprendere. Tutto ciò che esiste sta dentro un ordine, una legge naturale di armonia. Non è una legge civile stabilita dal governo o da qualcuno, ma è una legge naturale razionale e armonica iscritta nelle cose. Possiamo vedere da noi come nelle cose sia presente una sorta di intelligenza. C’è un’ armonia che regola il tutto. Dobbiamo perciò presupporre che esista Dio e che questi ha ordinato tutto in quanto principio ordinatore. 

Con queste cinque vie che non svelano il mistero di Dio ma riconoscono il modo d’essere di Dio, Tommaso vuole chiarire il nostro rapporto con Lui. Se riconosciamo la sua esistenza queste cinque vie sono i modi attraverso i quali noi possiamo farne esperienza. Il mistero dunque di Dio non è tolto ma è chiarita la relazione, il modo che abbiamo di vivere la relazione con Lui. Per riassumere dunque il tipo di relazione tra noi e Dio Tommaso usa il termine analogia. Le creature cioè partecipano all’essere di Dio, hanno un’attinenza alla perfezione di Dio che è il bene sommo, e ciascuno di noi esprime, incarna un bene, partecipando nella sua specifica debolezza e fragilità al bene di Dio. Viene riletto e reinterpretato lo schema che contrapponeva Dio e uomo.Tommaso non vede nell’essere uomo solo e soltanto il contrario di Dio. Laddove le convenzioni medievali parlavano di opposizione, lui parla di analogia di partecipazione. Questo era un modo logico-teorico per tradurre la prima rivelazione contenuta nel libro della Genesi che l’essere umano cioè è fatto a imago dei, che in noi c’è l’impronta dell’amore di Dio, che l’uomo è fatto a immagine e somiglianza Sua. Per Tommaso ogni creatura porta il sigillo di questo amore. Altresì Tommaso aggiunge che il rapporto tra uomo e Dio non è solo di analogia, ma anche di somiglianza, categoria questa particolarmente fortunata perché esprime anche un’azione. Ovvero ognuno di noi è chiamato a vivere in modo da somigliare al modo in cui Dio ama. Siamo chiamati nel nostro piccolo ad esprimere una qualità di vita e di amore perché partecipiamo dell’amore di Dio e possiamo assomigliare al suo modo di amare. Oltre a questa metafisica Tommaso elabora un’etica cercando di rispondere alla domanda: “perché c’è il male?”. In un ordine e in un’armonia metafisica di tutto il creato, così come la pensa Tommaso, come si concilia la presenza del male? Tommaso lo spiega in questo modo: analogia significa che noi veniamo da Dio ma non stiamo già in una vita completamente perfetta, nella totalità del suo amore, ma stiamo ad una certa distanza da Lui. Il racconto metastorico del primo libro della Bibbia serviva a spiegare che l’uomo ha voltato le spalle a Dio perché era già stato dotato di una certa libertà. Dio ha creato persone liberi che possono anche confondersi, ribellarsi, non percepire bene la realtà, seguire un certo egoismo. Secondo Tommaso l’umanità non ha saputo reggere la distanza da Dio e in quella distanza, pensandosi solo, ha scelto di fare a modo suo, cedendo alla lusinga del potere, del poter fare da solo e a modo suo. Questa tentazione del potere, di possibilità virtuali, di un essere diverso dalla realtà data, ha portato l’uomo a spezzare la relazione con Dio, ad allontanarsi ulteriormente fino ad aprire un abisso di vuoto che è mancanza d’essere, mancanza di vita. L’uomo introduce perciò così nel creato un principio di morte che non era stata creare da Dio ma compare come sigillo della ferita che l’uomo ha inferto nel rapporto con Dio. La morte è la prima creazione artificiale, dell’uomo, infatti viene con l’omicidio di Caino ai danni di Abele. staccandosi da lui. L’esperienza del male e della morte non viene dalla libertà dell’uomo (come lo ritiene Agostino, che vede nella libertà dell’uomo il principio del male), ma nel cattivo uso della libertà umana. Noi non facciamo il male per scelta libera ma perché dentro una confusione, uno stordimento totale, un’angoscia ed euforia di potere, che ci abbandona in una spirale di male. L’uomo non è condannato a fare il male, può vivere secondo il bene. Quindi in sintesi l’etica per Tommaso significa che Il creato tende al bene e non al male, alla comunione e all’armonia. Ogni forma di bene è fondata sul bene assoluto che è Dio. Agire secondo il bene non si fa tanto per il dovere ma per aspirazione alla felicità, alla beatitudine. Quindi l’etica significa fare le cose per la passione del bene, per amore. E c’è un amor (che è tendenza verso qualcosa (la voglio avere perché è un bene), una dilectio (che è la predilezione consapevole tra due cose), la caritas (che traduce il greco agape, l’amore universale di comunione) e la philia, o amicizia (cerco qui la comunione, di permettere all’altro di essere se stesso e di essere felice per la felicità altrui andando oltre ogni egoismo) Queste ultime due forme d’amore sono sperimentabili, coltivabili ed esercitabili per l’uomo anche nella politica e nell’economia. La politica è cura del bene comune, e l’economia è la cura delle basi materiali della vita di una comunità per la convivenza e lo star bene di tutti. L’armonia va promossa in tutti gli ambiti dell’esperienza umana. Da Tommaso impariamo in conclusione tre cose:

  1. L’importanza della ragione. Se la ragione infatti non può riconoscere un senso a cui aderire, è la mia libertà a venire compromessa. La ragione ci rende liberi perché quando arriviamo a dare il nostro assenso a qualcosa, sappiamo di star dando un consenso libero, motivato, ragionato. La ragione è importante per vivere e per vivere insieme. L’Illuminismo, anche mettendo da parte Dio, raccoglierà l’eredità di Tommaso recuperando le sue intuizioni sull’importanza della ragione.
  2. Tommaso ha elaborato un pensiero metafisico, cioè una visione complessiva della realtà che parte anche dal riconoscimento dell’origine della vita, della destinazione della vita. Noi oggi vogliamo fare a meno della metafisica, prediligendo scienza e tecnologia (per gli algoritmi e l’intelligenza artificiale) o la medicina (se può guarirmi o rendermi più bello esteticamente). Una metafisica che non sia astrazione ma che sia una sensibilità di vedere la vita a cui partecipiamo come grande comunità dei viventi, come grande mare, che chiede ancora di porci la domanda “da dove veniamo?” e “verso dove stiamo andando?”, è una metafisica concreta ed utile di cui abbiamo bisogno per non calpestare la vita. Se vedi una cosa, se ne riconosci il valore, se capisci che con la vita sei in una relazione vitale, puoi riuscire a non calpestarla e a non schiantarcisi contro. Una cultura metafisica di questo tipo che ci toglie dell’accecamento moderno ci ispira a cambiare strada, ci dà le ragioni per cambiare strada, e ci sostiene nel discorso difficoltoso e controverso che dovremmo fare. La cultura, il pensiero, la metafisica è un discorso fondamentale Con la cultura si vive, si respira, si vede, si ascolta. La cultura concretamente ci sostiene. Quando non siamo motivati le cose o non le facciamo o se le facciamo le facciamo male. Dunque Tommaso ci insegna a ritrovare passione e motivazione per il pensiero e per la cultura e le culture del mondo in dialogo tra loro. 
  3. Ultimo lascito del pensiero di Tommaso che voglio raccogliere è intorno alla questione di Dio. La parola Dio è un pronome, uno spazio di senso, una direzione, un orizzonte. Possiamo fare una ricerca e chiederci: “Ho fatto esperienza di Dio? Ho fatto esperienza del fatto che non esista e mi sono percepito abbandonato nel mondo senza nessuna divinità che mi accolga, protegga, desideri?”. Importante infatti almeno riprendere la domanda su Dio. Non per arrivare ad un possesso di Dio ma per capire se abbiamo una relazione fondativa con la vita oppure se non ce l’abbiamo, perché mi cambia. Lo voglio sapere. E sapere vuol dire che mi voglio orientare, voglio averci pensato, voglio aver dialogato con gli altri, voglio averci ragionato, voglio aver rispecchiato le esperienze che ho fatto, perché tanto Dio, se esiste, non lo si incontra mai in alto, ma in basso; nel cuore delle esperienze umane, e non tra le stelle. Tommaso ha incontrato Dio nella vita e si è impegnato tutta la vita per raccontare in modo comprensibile ciò che aveva sperimentato. Questo è il motivo per cui, malgrado tutta la distanza, possiamo ancora essere grati a questo pensatore che ci ha lasciato tracce preziose di chiarificazione ed orientamento dell’esperienza umana su questa terra.
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