Periodico di informazione religiosa

Sabato della IV settimana di Pasqua. Il Tempo di Pasqua con Gregorio Magno

by | 27 Apr 2024 | Monasteria

Sabato della IV settimana di Pasqua

Siamo al sabato anche nell’episodio odierno ad Antiochia di Pisidia. È trascorsa una settimana e da un sabato all’altro avviene il miracolo: se il sabato precedente molti giudei e proseliti avevano seguito Paolo e Barnaba, ora è presente quasi tutta la città. È un’espressione iperbolica e profetica per sottolineare come, in fondo, la Parola sia rivolta a tutti, è il simbolo che tutti sono destinati ad entrare ed essere generati a figli di Dio. È la Parola che ci trasforma in figli. Ma il successo dei nuovi missionari suscita fastidio e gelosia. 

Già abbiamo visto Pietro e Giovanni predicare in pubblico senza autorizzazione e suscitare la furia dello zelo dei capi religiosi. Il grande male è voler conservare la propria esclusività. Ma la sua radice è il desiderio che il bene che ho, non sia anche dell’altro! Dispiace il bene che anche l’altro ha, perché si vorrebbe averlo in proprio. Invece l’identità cristiana proclamata da Paolo si definisce dal di fuori, cioè dalla relazione con Dio e con tutti i fratelli, a cominciare dall’ultimo e dall’escluso. Ma questo compare già nell’Antico Testamento e non è nulla di nuovo: il compimento pieno della promessa fatta ad Abramo e di benedire la sua discendenza, quindi Israele e in ogni suo discendente il mondo intero. Il risultato è una guerra “giusta”, sacra, contro le cose dette da Paolo, contro l’allargamento degli orizzonti, il quale per tutta risposta proclama: “Noi ci volgiamo ai pagani”. È l’inizio del cristianesimo come religione universale. La corsa della Parola è inarrestabile come un fiume: batte sui sassi, li aggira, cambia il corso, ora si allarga, ora si stringe, ma questo torrente in piena prosegue il suo cammino con ancora più forza passando oltre i macigni delle più grandi resistenze. La croce è stata il rifiuto di Gesù e questo rifiuto è stato causa di salvezza per tutti. Allora davvero tutto coopera al bene. Tutto: anche il male che noi facciamo, anche quello zelo che noi impieghiamo male. Se comprendiamo che tutti siamo rinchiusi nella disobbedienza e che dove abbonda il peccato sovrabbonda la grazia, allora capiamo che anche noi dobbiamo arrenderci a questo torrente della misericordia di Dio per noi. L’arresto della Parola è servito a farne la luce dei pagani, la luce per tutte le nazioni. Chi ha accolto la parola è realmente portatore della parola, ne è testimone, diventa un altro Cristo che dà carne a quella Parola. D’ora in poi gli Atti presenteranno la corsa della Parola che va disseminandosi in tutto il mondo grazie alla franchezza di Paolo e dei suoi compagni.

Gregorio Magno, Lettere, 9, 36

«Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama» (Lc 2, 14). Il chicco di grano cadendo nella terra è morto, perché non regnasse da solo in cielo colui per la cui morte viviamo e dalla cui debolezza siamo fortificati e dalla cui sofferenza siamo sottratti alla sofferenza. Per amore di lui noi cerchiamo in Britannia dei fratelli che non conosciamo, e per suo dono abbiamo trovato coloro che cercavamo senza conoscerli. Chi mai potrebbe dire quanta letizia sia venuta nel cuore di tutti i fedeli, dal fatto che la nazione degli Angli, per opera della grazia di Dio onnipotente e per le tue fatiche, o fratello, abbia scacciato le tenebre dell’errore e sia stata illuminata dalla luce della santa fede? Rinnovata nell’anima, essa calpesta ormai gli idoli, ai quali prima era sottomessa con insana paura. Si prostra con cuore puro a Dio onnipotente. Viene trattenuta dalle cadute nel male dalle norme della santa predicazione, si sottomette di cuore ai comandamenti di Dio per elevarsi nella comprensione di lui. Si umilia fino a terra nella preghiera, per non giacere a terra con il suo spirito. Di chi è opera tutto questo, se non di colui che dice: «Il Padre mio opera sempre e anch’io opero»? (Go 5, 17). Egli, per dimostrare che il mondo si converte non per la sapienza degli uomini, ma per la sua potenza, scelse come suoi predicatori, da mandare per il mondo, uomini illetterati. Anche ora ha fatto la stessa cosa, degnandosi di compiere verso la nazione degli Angli cose meravigliose per mezzo di deboli creature. Ma è proprio per questo dono del cielo, fratello carissimo, che insieme a una grande gioia si deve avere un grandissimo timore.
So bene che Dio onnipotente per mezzo tuo, mio caro, compie strepitosi miracoli tra codesto popolo che volle scegliersi. E’ perciò necessario che di questo medesimo dono del cielo tu goda con timore, e sii timoroso pur nella gioia. Gioisci perché le anime degli Angli con i miracoli esterni sono attratte alla grazia interiore. Temi perché, tra i prodigi che avvengono, l’animo debole non insuperbisca presumendo di sé; e, mentre esteriormente viene onorato, non cada interiormente per la vanagloria. Dobbiamo infatti ricordare che i discepoli, ritornando pieni di gioia dalla predicazione, mentre dicevano al Maestro celeste: «Signore, anche i demoni si sottomettono a noi nel tuo nome» (Lc 10, 17) subito si sono sentiti rispondere: «Non rallegratevi perché i demoni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto che i vostri nomi sono scritti nei cieli» (Lc 10, 20).

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