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ANTROPODRAMMATICA, OVVERO LA STRUTTURA DRAMMATICA DELL’ESISTENZA UMANA

by | 13 Mag 2023 | Filosofia

Parlando di antropodrammatica, ovvero della struttura drammatica dell’esistenza umana, non ci si riferisce soltanto né soprattutto alla sfera morale. Si ha invece in mente il dramma come modo d’essere dell’uomo, quindi, in altri termini si afferma che: l’esistenza umana stessa si manifesta come drammatica.

Non è cosa nuova comprendere e interpretare l’esistenza umana come drammatica, o più precisamente, come partecipazione a un dramma, tuttavia è stata un’opera teologica (contenente tanti ammirevoli elementi filosofici) che per la prima volta ha presentato in modo originale una comprensione drammatica dell’essere umano e della storia del mondo; pensiamo qui alla grandiosa Teodrammatica di H. U. von Balthasar.

Quanto alla riflessione filosofica, in tal senso, va ricordata l’opera pionieristica di Józef Tischner, discepolo di R. Ingarden (a sua volta allievo di E. Husserl) e amico di K. Wojtyła. Questo illustre pensatore polacco ha ideato un’originale “filosofia del dramma umano” (J. Tischner, Filozofia dramatu, Tr. ita. Filosofia del dramma, 1990). Secondo Tischner, infatti, l’uomo è un “essere drammatico” fondamentalmente grazie a tre fattori:

  • l’apertura all’altro uomo;
  • l’apertura al mondo come luogo del dramma;
  • lo scorrere del tempo.

Mentre l’apertura dell’uomo al mondo è di carattere “intenzionale”, l’apertura all’altro uomo è “dialogica”. Il tempo “drammatico” non ha niente in comune con il tempo cosmologico né con quello della coscienza interna; è un tempo che “accade tra” le persone del dramma, legando le loro sorti e diventando una specie di “sostanza” drammatica.

Conserviamo l’idea centrale di questo pensiero, vale a dire la concezione dell’uomo come “essere drammatico”. Sì, l’uomo prende parte al dramma nelle diverse sfere dell’esistenza, per esempio nell’amicizia, nell’amore, nella vita familiare, nel lavoro, nella vita politica, nelle comunità civili e religiose, così come nella relazione di cura, confrontandosi con la sofferenza altrui e propria, stando di fronte alla morte. In tutte queste sfere è presente la dimensione del bene incondizionato e quella del senso assoluto (anche se, sovente, in maniera a-tematica, come orizzonte dell’esistenza o sotto la forma d’inquietudine o di domanda). Perciò, possiamo affermare che l’esistenza umana, nel suo nucleo più profondo, si presenta come un dramma etico-religioso.

La condizione fondamentale della possibilità del dramma è la pluralità dei soggetti liberi che in un determinato spazio e tempo interagiscono tra di loro. L’azione si annoda, attorno ad un “oggetto”, attraverso la parola e l’agire “fisico” dei soggetti-persone del dramma. La parola parlata – in cui si compenetrano la materia e lo spirito umano – non è un puro “mezzo” di comunicazione; è una componente essenziale del dramma. Essa “produce” gli effetti nei protagonisti, cambia il loro agire, il corso della loro vita e perfino il loro essere stesso. Il corpo della persona umana non è un mero “strumento” dell’azione drammatica. Differenziato sessualmente, è fattore e simbolo di quella eterogeneità radicale (e delle varie tensioni) tra l’essere-uomo e l’essere-donna che raggiunge le profondità dell’anima spirituale e imprime il suo marchio in tutte le relazioni interpersonali.

Lo spazio “drammatico”, che si costituisce tra le persone, non coincide con quello fisico. La vicinanza e la lontananza personale non si misura con l’estensione della materia, bensì con la qualità dei vissuti e atteggiamenti interiori. In modo decisivo sono l’amore, l’indifferenza e l’odio – in diverse forme e sfumature affettive – a misurare le distanze spirituali tra le persone. Lo spazio fisico può tuttavia assumere una dimensione “drammatica” attraverso la corporeità umana. L’uomo come corpo vivente occupa un posto nello spazio, prova diversi bisogni attraverso i quali si mette in rapporto con i beni materiali – a cominciare con la terra: luogo della sua abitazione e base del suo sostentamento. Ma i beni materiali sono dati soltanto come esauribili e limitati, ecco allora che i bisogni umani, fonte della generosità verso l’altro e occasione dell’attuazione della bontà, sono – al tempo stesso – fonte di possibili conflitti.

Il tempo del dramma si costituisce negli incontri tra le persone ed è inserito nello svolgersi della storia universale. Esso a sua volta costituisce – in un certo modo – i protagonisti, perché è col passare del tempo che si generano e sussistono i legami. Il tempo interpersonale però non coincide con quello “quantitativo”, indicato dagli orologi. Ad ogni modo, il tempo cosmologico entra pure nel dramma segnando l’uomo in quanto individuo della specie umana; come tale egli è sottoposto alle leggi della natura: soffre fisicamente, si ammala, invecchia e muore.

Tutti i fattori del dramma umano costituiscono il quadro dell’esperienza personale che, nelle sue diverse configurazioni, diventa “materia drammatica”, pertanto, i dati di questa esperienza costituiscono il punto di partenza della riflessione etica.

“Come siamo? Siamo così com’è il nostro dramma”, e “Chi siamo? Siamo persone, cioè i soggetti del dramma di reciprocità” (cfr. J. Tischner, Spór o istnienie człowieka – Tr. ita., Controversia sull’esistenza dell’uomo, 1998).

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