Periodico di informazione religiosa

Domenica delle Palme. La Settimana Santa con Gregorio Magno

by | 24 Mar 2024 | Monasteria

Domenica delle Palme

La Domenica delle Palme apre le celebrazioni pasquali e ci introduce nell’ultima fase della vita di Gesù, la Passione, quella fase scandalosa che mette alla prova lo sguardo di fede dell’uomo e che sembra smentire tutto ciò che Gesù ha fatto ed è stato. Il racconto della passione ha sempre quel che di paradosso e di ossimoro: la potenza di Dio si manifesta nella debolezza umana di Gesù; la morte infamante lo proclama figlio di Dio; quell’uomo oltraggiato e percosso è diventato diretta rivelazione del volto di Dio. In questi eventi c’è qualcosa che sembra dichiarare il falso tutta la vita precedente Gesù, la sua fede, il suo amore, la sua speranza: una vita intera spesa nella donazione di sé e per gli uomini, nella fedeltà e nell’obbedienza al Padre, ora si trova sepolta sotto il peso dell’infamia. Noi siamo abituati ad ammantare il divino di immagini religiose e sacrali; eppure Gesù deve passare attraverso l’impietoso vaglio della passione e della morte per incontrare e mostrarci il vero volto di Dio. San Bonaventura esclamava: “ogni anima fedele, figlia di Sion e di Gerusalemme, cioè della madre Chiesa, deve in questo giorno uscire incontro a Cristo non solo con i passi del corpo, ma con i sentimenti dell’animo, con cuore esultante e labbra festose, con rami di olivo in segno di intima devozione, con rami di palme che simboleggiano vittoria e onore, perché il nostro re, Cristo Gesù, con la sua umiltà vinse il superbo nemico, il diavolo. Per questo motivo egli non viene oggi fastosamente, ma umile salvatore e povero per annunciare la pace alle genti, attirandole con l’amore e la lode di Dio“.

Gregorio Magno, Commento morale a Giobbe 29, 33

I miei giorni si abbreviano e non mi rimane che la tomba. Chi infatti considera ciò che sarà nella morte, è sempre timoroso nell’agire; come se ormai non vivesse più, egli vive ai propri occhi, davvero agli occhi del proprio Creatore. Non aspira a ciò che passa, resiste a tutti i desideri della vita presente e si considera come morto, perché sa benissimo che dovrà morire. La vita perfetta, infatti, è un’imitazione della morte; perché i giusti, essendo vigilanti nel loro agire, sfuggono ai lacci delle colpe. Perciò sta scritto: In tutte le tue opere ricordati della tua fine e non cadrai mai nel peccato. Così anche il beato Giobbe, considerando che i suoi giorni si abbreviano e che non gli rimane se non la tomba, opportunamente aggiunge: Non ho peccato e il mio occhio rimane nell’amarezza. Ma credo che queste parole ci risulteranno più chiare se le consideriamo come espressione del Capo. In effetti il nostro Redentore, venendo per la nostra redenzione, non ha peccato e ha subìto l’amarezza; perché, innocente, ha preso su di Sé il castigo per le nostre colpe. In riferimento alla sua voce si aggiunge: Liberami e ponimi accanto a te e la mano di chiunque combatta contro di me. Egli infatti non ha peccato né in pensiero né in opere. Egli è rimasto nell’amarezza durante la Passione, è stato liberato mediante la Risurrezione, è stato collocato presso il Padre all’Ascensione, perché è salito al cielo e siede alla destra di Dio.

Print Friendly, PDF & Email

Ultimi articoli

Author Name