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Mercoledì della IV settimana di Pasqua. Il Tempo di Pasqua con Gregorio Magno

by | 24 Apr 2024 | Monasteria

Mercoledì della IV settimana di Pasqua

Da questo momento il cammino della parola si stacca da Gerusalemme e dalla chiesa madre l’attenzione si sposta sulle chiese figlie. Veramente Israele è diventato luce delle genti. Mentre tutte le evangelizzazioni precedenti erano capitate per caso o a causa di persecuzioni, qui la chiesa di Antiochia, sotto la spinta dello Spirito, invia per la prima volta ai pagani dei missionari. La parola di Dio cresceva e si moltiplicava: è il comandamento originario di Dio, che l’uomo cresca nella sua misura piena, che è la misura divina. Noi diventiamo la Parola che ascoltiamo: nella misura in cui l’ascoltiamo, ci trasformiamo in quella parola e diventiamo sempre più figli di Dio. Probabilmente Luca nel descrivere questa moltiplicazione della Parola aveva in mente la promessa fatta ad Abramo, dove c’è un’espansione della discendenza che diventerà incalcolabile, come non si possono contare le stelle del cielo o i granellini di sabbia sulla spiaggia. Ad Antiochia comincia una nuova storia: Pietro è uscito dal carcere ed esce di scena, recandosi come il Cristo in un altro luogo e l’attenzione si sposta su Saulo-Paolo. La comunità di Antiochia, prima di maturare la sua decisione, prega con intensità – sottolineata anche dal digiuno – e grazie alla preghiera matura l’ascolto dello Spirito Santo, che dice: “mettete a parte per me e Barnaba e Saulo”.

La preghiera è la comunione con Dio e con il suo Spirito e ci dà l’apertura a sentire quello che Dio suggerisce. L’iniziativa è veramente dello Spirito e mettere a parte significa essere custoditi, sì, ma per venir gettati fuori da zona di comfort e arrivare fino agli estremi confini della terra. Paolo compirà nella sua vita l’opera di Dio, quell’opera per cui tutta l’umanità possa vivere nell’amore del Padre e dei fratelli. Il cristianesimo è la prima e unica religione che si è trasmessa mediante l’amore: quando ha fatto uso della violenza ha piuttosto ottenuto l’effetto contrario.

Gregorio Magno, Omelie su Ezechiele I, 8, 3

Il proteta giustamente ricorda che Dio è sublime. Nella Sacra Scrittura, infatti, si nomina Dio, ora in senso improprio, ora in senso proprio. In senso improprio, come in questo caso: “Ecco, ti ho costituito dio del faraone”. E come dice Mosè: “Chi fa questo o quello, portalo davanti agli dèi”, cioè ai sacerdoti. E ancora dice: “Non sottrarre agli dèi”, cioè ai sacerdoti. E come dice il salmista: “Dio si alza nell’assemblea degli dèi, giudica in mezzo agli dèi”. Si nomina Dio in maniera propria, quando egli stesso dice a Mosè: “Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe”. Perciò l’apostolo Paolo, volendo distinguere il nome di Dio in senso improprio da quello in senso proprio, parlò del nostro Redentore, dicendo: “Essi possiedono i patriarchi, e da essi proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli”. In senso improprio Dio è in ogni cosa, in senso proprio è sopra ogni cosa. 

Per dimostrare che Cristo è Dio per natura, non lo menziona soltanto come Dio, ma come Dio sopra ogni cosa, perché anche ogni eletto, come abbiamo premesso, si può dire che è dio almeno in quanto si presenta come modello di giustizia, ma in mezzo ad ogni cosa, perché è chiamato dio in senso improprio; mentre Cristo è Dio sopra ogni cosa, perché è Dio per natura. Ora, colui che Paolo nomina Dio sopra ogni cosa, il profeta Ezechiele lo nomina Dio sublime. Dopo aver detto: “Udivo il fremito delle ali simile al fragore di molte acque”, poiché si aggiunge: “simile alla voce sublime di Dio”, possiamo anche intendere quello che sappiamo avverrà per tutti gli eletti. Il fremito delle ali infatti, come abbiamo detto, si è verificato nei santi predicatori, il fragore delle acque nei popoli che si sono convertiti e hanno seguito il Cristo. Ma questo medesimo coro diventerà un giorno la voce sublime di Dio, perché la moltitudine, che adesso viene attirata alla fede per mezzo dei santi dottori, un giorno si raccoglierà nella patria celeste, dove tutti gli eletti loderanno senza fine Colui che senza fine vedranno. E allora l’intera moltitudine dei santi diventerà in modo perfetto il corpo del Redentore, secondo quanto dice Paolo: “Il creato stesso sarà liberato dalla schiavitù della corruzione per partecipare alla libertà gloriosa dei figli di Dio”. Allora aderiranno a lui in modo tale che in essi non ci sarà più nulla proveniente dalla corruzione, che sarà vinta dalla risurrezione, più nulla contrario al suo santo amore, ma saranno associati alla gloria del suo Redentore. 

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