Nel cuore della Conca Peligna, alle pendici del Monte Morrone, sorge Pratola Peligna, un paese che vive e respira una delle devozioni mariane più intense e amate d’Abruzzo: quella alla Madonna della Libera. Ogni anno, a cavallo tra aprile e maggio, la cittadina si trasforma in un santuario a cielo aperto, dove storia, fede e tradizione si intrecciano in un abbraccio corale che unisce generazioni, fedeli locali e moltissimi pratolani emigrati all’estero, che continuano a sentirsi parte di questo rito secolare. Non è solo una ricorrenza religiosa: è un’esplosione di fede, storia, cammino, identità.
La festa ha preso il via il 24 aprile con l’inizio della Novena, che ha visto ogni sera la partecipazione corale di diverse comunità abruzzesi, unite in preghiera e fraternità: Anversa degli Abruzzi, Vittorito, Corfinio, Roccacasale, Popoli Terme, Pratola Peligna, Comunità della Valle Subequana, Prezza e Raiano.
Ma il cuore pulsante delle celebrazioni esplode nel primo fine settimana di maggio.
Venerdì 2 maggio, alle ore 19:30, ancora una volta, la compagnia di Gioia dei Marsi è giunta a Pratola dopo un pellegrinaggio di 40 chilometri a piedi. Un cammino silenzioso e intenso, solcato da passi, canti e preghiere, i volti segnati dalla fatica e dalla speranza, le lacrime all’arrivo. Entrati in ginocchio nel Santuario e percorsa con devozione la navata centrale fino all’altare maggiore, tutto culmina nella supplica: Madonna della Libera, prega per noi tutti.
Sabato 3, vigilia della solennità, si è rinnovato uno dei momenti più toccanti e simbolici: l’Esposizione della Statua della Madonna, tra lacrime di commozione, applausi e grida che scuotono l’anima del paese – “Evviva la Madonna della Libera!”. A seguire, i Vespri solenni presieduti dal vescovo Michele Fusco e la suggestiva processione notturna, che tra luci e canti ha avvolte le strade in un’atmosfera suggestiva.
Il giorno della festa, domenica 4 maggio, è stato un susseguirsi di Messe, con il Solenne Pontificale delle 11:00 animato dalla Corale del Santuario, e culminato nella grande processione pomeridiana che percorre le vie di Pratola, in un tripudio di devozione popolare. Le celebrazioni proseguiranno con l’Ottavario (10-11 maggio) e si concluderanno il 22 giugno con la solenne processione del Corpus Domini, come sigillo spirituale di un lungo cammino di fede.
Il culto della Madonna della Libera affonda le sue radici in una leggenda cinquecentesca: si narra che durante la peste del 1500, un uomo di nome Fortunato ritrovò in una chiesetta diroccata un’immagine mariana abbandonata. Davanti a quel volto materno, si inginocchiò e gridò con tutto il cuore: “Madonna, liberaci!”. Da quel momento, secondo la tradizione, la peste cessò e la Madonna fu portata a Pratola tra acclamazioni e lacrime di gioia. Da allora, quel grido – “Madonna della Libera!” – non ha mai smesso di riecheggiare.
Quell’antica immagine, oggi custodita nel Santuario, è un affresco toccante: la Vergine in piedi, con lo sguardo sereno e il manto sollevato da due angeli, protegge i fedeli inginocchiati, separati in file distinte, uomini e donne, tra cui spicca la figura di un pontefice, forse Celestino V, il papa eremita legatissimo a queste terre.
Ma nella devozione popolare è la statua processionale – consacrata nel 1741 e, secondo la tradizione, dono dei frati Celestini della Badia Morronese – a occupare un posto centrale. Con lo sguardo implorante rivolto al cielo e le braccia tese, sembra sussurrare a Cristo: “Proteggi i tuoi figli”.
Il Santuario della Madonna della Libera è un gioiello architettonico a tre navate, impreziosito dalle opere di artisti come Teofilo Patini, Amedeo Tedeschi e i fratelli Feneziani, autori del magnifico tempietto sopra l’altare maggiore. Il maestoso organo di 3200 canne fu inaugurato il 4 maggio 1912, proprio alla vigilia della festa, durante una memorabile esposizione della Madonna.
C’è un’altra particolarità storica che ha trasformato Pratola Peligna in un centro unico di spiritualità e memoria civile. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, furono migliaia i pellegrini che, da ogni parte della regione, si misero in cammino per rendere un ringraziamento solenne alla Vergine. Era il bisogno di dire grazie, ma anche di ricordare. Le lettere dei condannati a morte della Resistenza, le testimonianze dei soldati abruzzesi mandati al fronte orientale, quelle di padri e figli che non fecero mai ritorno: tutte parlano di una devozione che ha saputo farsi carne e resistenza, pietà e identità. Il Santuario è oggi più che mai patrimonio delle genti d’Abruzzo, oltre che simbolo della coscienza collettiva pratolana.
Ancora oggi, quel momento – l’Esposizione della statua – resta il più atteso, il più emozionante. È lì che si spezza il silenzio e si sciolgono le lacrime, lì che le generazioni si ritrovano unite in un’unica voce: “Evviva la Madonna della Libera!” – un grido che attraversa i secoli, capace di tenere viva la fede, la memoria e l’identità di un popolo.
E con lo stesso spirito, ancora oggi, si elevano al cielo le parole di una preghiera antica e semplice, che racchiude tutto l’amore e l’affidamento del popolo pratolano alla sua Madre celeste:
O Maria,
Madre di grazia e di misericordia,
salute degli infermi,
rifugio dei peccatori
e consolatrice degli afflitti:
Tu che conosci le nostre necessità
e le nostre sofferenze,
degnati di volgere su di noi
il tuo sguardo pietoso.
Esaudisci le nostre preghiere
e fa’ che, sul tuo esempio,
progrediamo nell’impegno di vita cristiana
per divenire più simili a Gesù
ed ottenere la sua misericordia. Amen.