Periodico di informazione religiosa

Giovedì della II settimana di Pasqua. Il tempo di Pasqua con Gregorio Magno

by | 11 Apr 2024 | Monasteria

Giovedì della II settimana di Pasqua

Se nel capitolo 4 degli Atti Pietro e Giovanni domandavano: “Se sia giusto innanzi a Dio obbedire a voi più che a lui, giudicatelo da voi stessi”, ora viene la risposta di Pietro: “bisogna obbedire a Dio più che agli uomini”. Questa era già la lezione di Socrate in carcere fronte alla possibilità di uscire dalla prigione: quello che importa non è tanto vivere, diceva all’amico Critone, quanto vivere bene. E viver bene equivale a vivere con onestà e giustizia.
Scriveva Benedetto XVI: “Nella storia dell’umanità queste parole di Pietro e di Socrate sono il vero faro della liberazione dell’uomo, che sa vedere Dio e, in nome di Dio, può e deve obbedire non tanto agli uomini, ma a Lui e liberarsi, così, dal positivismo dell’obbedienza umana”.
Questa necessità di ubbidire a Dio piuttosto che agli uomini ci fa anche intravedere la consapevolezza degli apostoli che loro daranno la vita per questa Parola, per quello che hanno sperimentato e creduto con Gesù e in Gesù. Il centro di tutto il messaggio cristiano, che vincola la coscienza dei discepoli, è che “Dio ha risuscitato Gesù che voi aveste tra le mani e appeso al legno”. È l’annuncio della resurrezione, ma non solo. Non solo Dio l’ha risuscitato, ma l’ha innalzato alla sua destra come capo salvatore e ha mandato lo Spirito a noi, dando il potere di dire la verità contro ogni altro potere per liberare l’uomo, quel potere che fa raddrizzare gli storpi, quel potere per cui l’ombra di Pietro fa risuscitare la gente che passa per le strade, quel potere che libera dalla prigione a porte chiuse, quel potere di vita e di amore che vince la morte. È il potere di Dio ad essere la salvezza dell’uomo, al di là di ogni gioco di potere umano.

Gregorio Magno, Commento morale a Giobbe 14, 67-68

“Io so che il mio Redentore è vivente” (Gb 79,25). Giobbe non dice Creatore, ma Redentore; egli indica chiaramente colui che, dopo aver creato ogni cosa, volendo riscattarci dalla schiavitù, è apparso in mezzo a noi incarnato e, mediante la sua passione, ci ha liberati dalla morte eterna. E si noti con quale fede Giobbe si affida alla potenza divina di colui del quale Paolo dice: “È stato crocifisso per la sua debolezza, ma è vivente in virtù della potenza di Dio” (2 Cor 13,4). Giobbe dice: “Io so che il mio Redentore è vivente”. È come se dicesse: Egli è stato flagellato, deriso, schiaffeggiato, coronato di spine, coperto di sputi, crocifisso, ed è morto; ecco ciò che sa chi non crede. Bene, io credo con sicurezza che dopo la sua morte egli è vivo. lo proclamo a voce alta: il mio Redentore è vivente!
Ma, beato Giobbe, come fai ad essere così sicuro che tu risorgerai perché il Signore è risorto? Dillo chiaramente. E Giobbe prosegue: “So che nell’ultimo giorno io risusciterò dalla terra” (Gb 19,25). Sì, quella risurrezione che il Cristo manifestò in se stesso, un giorno la compirà anche in noi. Egli manifestò in se stesso la risurrezione che ha promesso a noi, perché alle membra è riservata la gloria del loro capo.

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