Periodico di informazione religiosa

Giovedì della III settimana di Pasqua. Il Tempo di Pasqua con Gregorio Magno

by | 18 Apr 2024 | Monasteria

Giovedì della III settimana di Pasqua

Dopo l’attività in Samaria, l’orizzonte si apre subito fino al cuore dell’Africa, nella misteriosa e mitica terra d’Etiopia. Il racconto della conversione e del battesimo dell’etiope per mano di Filippo è un modello di catechesi: come e chi accostare, cosa dire e cosa fare, quale il risultato. È uno scenario che prelude all’allargamento della predicazione di Paolo a tutti i popoli.  L’evangelizzazione spesso è imprevista e non programmata, non avviene per un progetto nostro, ma quando, docili allo Spirito, diamo attenzione alla realtà che abbiamo intorno e alle persone. La scena ricorda l’episodio dei due discepoli di Emmaus, quando Gesù si accosta loro, li ascolta, interviene e lo pregano di fermarsi con loro. Anche qui l’eunuco etiope prega Filippo perché prosegua il viaggio con lui. L’evangelizzatore è questo, una che si mette ad ascoltare con discrezione, si fa vicino interessandosi dell’altro, fino quando gli vien detto: “Ma scusa, perché non ti siedi qui, che parliamo insieme?”. Di solito si ascolta l’altro per contraddirlo: mentre uno sta ancora parlando, pensiamo subito a come controbattere.

Quando uno invece si sente ascoltato, dice all’altro: «Siediti vicino a me!». Come Filippo, il vero apostolo è la persona che cerca e trova il Signore, cerca e lo trova perché qualcuno fa la strada con lui, sale sul carro, condivide la vita, vive la ricerca con passione, la lettura del testo, l’ascolto del cuore. Filippo parla all’eunuco del mistero del giusto sofferente, il mistero della storia dell’umanità: perché il male vince e il bene soffre? Come facciamo a vincere il male? Questo è il principio dell’evangelizzazione: partire dal male e dal desiderio di uscirne, per annunciare non un’idea personale o un pensiero devoto, ma Gesù e la sua vicenda. La risposta di Filippo è chiara: il male lo vince l’innocente che lo porta su di sé, il giusto che, come un agnello, non restituisce l’ingiustizia col rischio di raddoppiandola, ma la subisce liberandoci dal male. Gesù, il crocifisso ha portato su di sé il male del mondo, rimanendo solidale con noi fino in fondo e rimanendo ancora con noi. La forza della Parola di Dio libera il desiderio di un mondo giusto, di una vita bella; nella storia di Gesù si può rispecchiare anche l’uomo più lontano, come l’etiope. «Ecco acqua. Cosa impedisce che io sia battezzato?». L’acqua è un grembo materno che accoglie tutti, tutti nasciamo dalla stessa acqua e siamo generati dall’unico battesimo. Più che dire: “Siamo sulla stessa barca”, dovremmo dire “Siamo nella stessa acqua”. Nell’acqua siamo nati, dall’acqua usciamo, siamo fratelli. Filippo si immerge con l’etiope e risorgono insieme come fratelli. E «lo Spirito rapì Filippo e l’eunuco non lo vide più». Come Gesù divenne invisibile agli occhi dei due discepoli di Emmaus, qui Filippo viene rapito dallo Spirito. Questo saper andare via, senza creare persone dipendenti, ma libere, è fondamentale; altrimenti non si sta evangelizzando, si sta semplicemente raccogliendo adepti per il proprio circolo. Siamo tutti discepoli dell’unico maestro e Signore, Gesù, figli di un unico Padre.

Gregorio Magno, Commento morale a Giobbe 33, 6, 12

“Non si stupisce di travolgere il fiume, è tranquillo anche se il Giordano gli salisse alla bocca”. Che significa qui il fiume, se non il fluire del genere umano, che nascendo sorge come all’origine della sua sorgente, ma morendo scende nel suo corso sino ai luoghi più bassi? E che significa il Giordano, se non quelli che sono stati iniziati mediante il sacramento del battesimo? Siccome infatti il nostro Redentore si degnò di farsi battezzare in questo fiume, tutti i battezzati devono richiamarsi a questo fiume in cui il sacramento del battesimo ebbe la sua origine. E poiché questo Behemot, sorto all’origine del mondo – salvo i pochi eletti scampati – ha travolto con sé come fiume che scorre verso il basso il genere umano fino ai tempi della redenzione, è bene ora dire: “Non si stupisce di travolgere il fiume”. Ma siccome anche dopo la venuta del Redentore trascina anche taluni fedeli che non si curano di vivere bene, con ragione soggiunge: “è tranquillo anche se il Giordano gli salisse alla bocca”. Come a dire apertamente: prima del Redentore del mondo non si stupiva che travolgesse il mondo, ma, quel che è più grave, anche dopo la venuta del Redentore, Behemot confida di poter inghiottire anche quelli che sono stati segnati con il sacramento del battesimo. Di questi, che portano il nome di cristiani, alcuni li divora facendoli cadere in errore contro la fede, altri non li allontana dalla retta via, ma li induce ad azioni peccaminose. Altri non riesce a condurli al male, come vorrebbe, ma ne svia l’intenzione interiore, sicché, allontanando l’animo dalla carità, ciò che esteriormente fanno non è più retto: conservano la fede, ma non vivono secondo la fede, perché fanno cose apertamente illecite, oppure le loro opere, anche se sembrano sante, sono riprovevoli a causa del loro cuore perverso. Infatti, poiché alcuni sono fedeli a parole, ma non con la vita, la voce della Verità ammonisce: “Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli”. E dice ancora: “Perché mi chiamate: Signore, Signore, e poi non fate ciò che vi dico?” A sua volta Paolo dice: “Dichiarano di conoscere Dio, ma lo rinnegano con i fatti”. Giovanni dichiara: “Chi dice: Lo conosco, e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo”. Ecco perché il Signore si lamenta del suo primo popolo: “Questo popolo mi onora con le labbra, mentre il suo cuore è lontano da me”. Anche il Salmista dice: “Lo amarono con la loro bocca e con la lingua gli mentirono”. Nessuna meraviglia che questo Behemot, prima dell’onda battesimale, prima dei sacramenti celesti, prima della presenza corporale del Redentore, inghiottisse il fiume del genere umano spalancando la bocca della sua profonda seduzione, ma stupisce molto – ed è un fatto davvero terribile – che la sua bocca spalancata afferri molti, anche dopo che sono stati purificati dall’onda battesimale e li trascini nel profondo dell’inferno, dopo che hanno ricevuto i sacramenti celesti. Dica dunque, dica con accento terribile la voce della Verità: “Non si stupisce di travolgere il fiume, è tranquillo anche se il Giordano gli salisse alla bocca”. Non è stata una grande cosa per il diavolo portar via gli infedeli; ora concentra tutti i suoi sforzi per far morire quelli che non sopporta siano stati rigenerati a suo dispetto. Nessuno dunque confidi che possa essere sufficiente per sé la fede senza le opere, quando conosciamo quanto è scritto: “La fede senza le opere è vana”. Nessuno quindi si illuda di essere completamente sfuggito al morso di Behemot unicamente per la confessione della fede, perché quello ha già inghiottito il fiume, ma ha sete del Giordano, e tante volte il Giordano gli sale alla bocca quante sono le volte che un cristiano scorre verso l’iniquità. Sì, se la fede ci solleva, noi sfuggiamo alla sua bocca, ma dobbiamo mettere grande impegno a non scivolare in lui con azione viscida. Se trascuriamo di camminare con prudenza, non serve mantenere la retta via credendo; perché è vero che la via della fede conduce alla patria celeste, ma chi inciampa e cade non ci arriva.

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