Gesù dichiara apertamente e con profonda commozione: “Uno di voi mi tradirà”. L’annuncio e il suo turbamento lasciano smarriti e imbarazzati gli apostoli, che cercano di identificare il traditore. Giuda esce subito ed era notte: è la notte della menzogna, dell’odio che relega nella solitudine e nel regno di Satana. Avvertiamo tutto intorno a Gesù una profonda solitudine: è seduto in mezzo ai suoi, rivolge ad essi delle parole, ma i discepoli non lo comprendono. È l’amara solitudine di Dio che viene nel mondo, quel mondo che pure gli appartiene, ma che non l’ha saputo accogliere. Gesù prosegue e spiega ai suoi discepoli il senso di quanto sta avvenendo: il Figlio dell’uomo è stato glorificato e in lui anche Dio è glorificato, poiché la consegna del Figlio rivela la splendida manifestazione della gloria di Dio, che è amore. Dio, attraverso la sua umiliazione e il suo visibile annientamento, strappa l’umanità e l’universo al loro isolamento, sperimenta umanamente le nostre angosce trasformandole in passaggi, svela e irradia la vita liberata dalla morte e rinnovata secondo il volere di Dio.
Per ciascuno di noi, che porta dentro di sé le tenebre di Giuda, l’impulsività di Pietro e la dilezione di Giovanni, per ciascuno Gesù non cessa di offrire se stesso, poiché ci ha amati sino alla fine.
Gregorio Magno, Commento al Primo Libro dei Re 2, 15
I ministri del santo altare e coloro che temerariamente ricevono il corpo del Signore, mangiano, ma non possono saziarsi poiché, ricevendo il sacramento con la bocca, non si riempiono della grazia del sacramento. Di questa rimangono digiuni, perché erano già ripieni prima. L’ostia salutare che mangiano non procura loro alcun frutto di salvezza a causa delle colpe di cui si erano riempiti e che recano nella loro anima. Non si saziano se non gli affamati perché, digiuni dei vizi, ricevono i sacramenti divini nella pienezza della loro efficacia. E poiché gli eletti stessi non possono essere senza peccato, che rimane loro da fare se non sforzarsi ogni giorno di eliminare i peccati, di cui ogni giorno la fragilità umana non cessa di macchiarsi?
Se uno non elimina ogni giorno le proprie mancanze, anche se i peccati che accumula non sono gravi, a poco a poco l’anima si riempie e si priva del frutto dell’interiore sazietà. Paolo ci suggerisce di eliminare tale accumulo, quando dice: “Ciascuno esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice”. Che significa infatti qui esaminare se stesso, se non eliminare ogni traccia di peccato, in modo da presentarsi ala tavola del Signore dopo essersi esaminato e purificato? A proposito dei sazi aggiunge: “Perché chi mangia e beve senza discernere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna”. Ogni giorno pecchiamo, ogni giorno quindi ricorriamo al pianto del pentimento, che è l’unico rimedio efficace per eliminare dal ventre dell’anima ciò che la colpa vi accumula. E allora noi diventiamo veramente degli affamati che si saziano, poiché, nella misura in cui ci sforziamo di purificarci mediante il pianto del pentimento, riceviamo più abbondanti i frutti della grazia divina che forma il nostro pasto spirituale.