Periodico di informazione religiosa

Guerra in Ucraina, migrazioni e falso ecumenismo nel discorso del Patriarca Ecumenico Bartolomeo a Tallinn

by | 1 Ago 2023 | Monasteria

Sua Santità il Patriarca Ecumenico Bartolomeo ha tenuto recentemente un discorso a Tallinn, nel corso 16ª Assemblea Generale della Conferenza delle Chiese Europee, dal titolo: “Under God’s Blessing—Shaping the Future.” (“Sotto la benedizione di Dio – Plasmare il futuro”). Un intervento che purtroppo non ha ricevuto molta eco, incentro sulle sfide ecumeniche della futura Europa, segnata da forti flussi migratori, nuove forme di schiavitù, da guerre e catastrofi umanitarie. Tutte situazioni che hanno riportato al centro del dibattito europeo temi, quali la santità della vita e la dignità della persona umana, dove le Chiese e le altre comunità sono chiamate a dare il loro decisivo aiuto e contributo.

Il movimento ecumenico, così come lo conosciamo, è vivo e attivo da più di un secolo, e proviamo un senso di orgoglio per il fatto che il Patriarcato ecumenico abbia svolto un ruolo così decisivo e formativo nel chiamare tutti i cristiani fuori dai loro silos di isolamento”, ha dichiarato il Patriarca – “Sin dall’enciclica e dalla lettera sinodale emanate nel 1920, la Chiesa di Costantinopoli ha cercato di impiegare le sue umili risorse per facilitare il dialogo fraterno e la comunione nella speranza di restaurare l’unità dei cristiani”.

Il movimento ecumenico nasceva a seguito delle devastazioni delle due guerre mondiali, quando si cominciò a sentire da più parti la necessità di un nuovo modo di relazionarsi gli uni con gli altri, anche tra Chiese e Confessioni cristiane: “nonostante la retorica secondo cui l’Europa era secolarizzata e che “Dio era morto”, per tutto il ventesimo secolo l’Europa è rimasta un continente vitale cristiano. La maggior parte degli europei è stata battezzata e identificata come cristiana; furono sposati e sepolti secondo i riti e le usanze cristiane; e la partecipazione al culto era forte. Durante tutto il secolo scorso, abbiamo vissuto un’Europa in cui il cristianesimo e la religione in generale hanno svolto un ruolo pubblico significativo”. Proprio questo contesto di appassionata vitalità cristiana ha permesso di lavorare insieme contro il nazionalismo, le diffidenze e il settarismo che hanno separato per secoli le chiese. Le Chiese cristiane hanno quindi camminato verso un rinnovato senso di umanità, al di là dei confini nazionali e confessionali, riconoscendo come lo Spirito Santo sia ovunque presente e riempie tutte le cose.

Inutile dire che oggi viviamo in un’Europa molto diversa, in cui il panorama dell’appartenenza religiosa è cambiato” – nota però il patriarca Bartolomeo – “Nella prima parte del Novecento, il movimento ecumenico poteva dare per scontata un’Europa in cui la maggioranza dei cittadini apparteneva a Chiese cristiane; c’era persino un’accettazione del ruolo generale della religione nella sfera pubblica. Tuttavia, ora viviamo in un’Europa in cui il panorama religioso è cambiato radicalmente”. C’è chi si dichiara spirituale, ma non praticante, i numeri dei partecipanti alle funzioni liturgiche vanno crollando, tanto che “la religiosità è percepita come una minoranza”. La domanda che molti si pongono è: quale sarà il posto della religione in una tale Europa?

Strane alleanze si stanno sviluppando, alla luce di un ecumenismo trasversale, che vanno trincerandosi dietro i cosiddetti “valori tradizionali”. Chiese che fino a poco tempo fa erano contrarie a qualsiasi tipo di dialogo ecumenico, ora fanno fronte per difendere questi valori. “Ad esempio, alcuni cristiani evangelici americani, che in precedenza avevano considerato i cristiani cattolici e ortodossi come pagani adoratori di idoli”, nota il Patriarca, ora sembrano disposti a lavorare con loro a difesa di questi valori. I grandi obiettivi del movimento ecumenico del XX secolo stanno lasciando il posto ad una ondata di divisione e distruzione caratteristica di questo primo ventennio del XXI secolo. Ciò che è ancora più preoccupante, alcuni esponenti di questo “nuovo ecumenismo” sono arrivati “persino a consacrare il presidente Vladimir Putin della Federazione Russa come paladino politico e il patriarca Kirill della Chiesa ortodossa di Russia come capo spirituale”. E qui Bartolomeo non può non notare con sofferenza che le conseguenze di questa mentalità divisiva e distruttiva si rivelano pienamente “nell’attuale brutale attacco della Russia contro l’Ucraina, nonché nella giustificazione della sua chiesa, per questa guerra, come liberazione dell’Ucraina dalla presunta seduzione di un Occidente senza Dio, laico e liberale”. Un nuovo ecumenismo che è essenzialmente non ecumenico, anzi, proprio dichiaratamente anti-ecumenico, nella misura in cui si oppone a tutti gli altri cristiani che non sostengo quei valori tradizionali. Alla fine, che cos’è questo nuovo ecumenismo? Una polarizzazione dualistica, piuttosto che una comprensione incarnazionistica, della relazione di Dio con il mondo.

Oggi la retorica delle guerre culturali ha compromesso ogni possibilità di dialogo, danneggiando il nucleo stesso dell’ecumenismo, poiché gli ortodossi sono contrapposti agli ortodossi, i cattolici ai cattolici, i protestanti ai protestanti. E non solo in America: questioni religiose, culturali e identitarie dividono progressisti e conservatori in maniera sempre più profonda e radicale. Con l’illusione di farsi paladini della verità, la volontà è quella di arrivare alle estreme conseguenze. Che è la vittoria totale sull’avversario, diventato il nemico da distruggere. “La globalizzazione e la consacrazione di queste “guerre culturali” sono senza dubbio la nuova sfida dell’ecumenismo, la nuova questione che ci divide come cristiani, la nuova barriera che ci impedisce di ascoltarci e imparare gli uni dagli altri”.

Come comunità cristiane, dobbiamo con umiltà dobbiamo “imitare l’esempio di Cristo, ma troppo spesso ci siamo aspettati di essere serviti, piuttosto che di servire; troppo spesso abbiamo chiesto privilegi, piuttosto che assistere i diseredati; troppo spesso ci siamo associati con l’élite e il potente, con il nazionalismo e gli stati-nazione, piuttosto che identificarci e servire i vulnerabili e i discriminati, con Cristo stesso nei suoi e nostri fratelli e sorelle più piccoli”. La storia ha dimostrato le chiese, che hanno stabilito un rapporto troppo stretto con gli stati, alla fine hanno dovuto pagare un caro prezzo, ossia la perdita della “voce profetica delle chiese, individualmente e collettivamente, vale a dire ecumenicamente. Uno degli esempi più lampanti di ciò è stata la voce muta degli attori ecumenici all’ingiusta invasione della sovranità dell’Ucraina da parte della Federazione Russa”. Solo per fare un esempio, l’oligarca russo vicinissimo a Putin, Konstantin Malofeyev, è uno dei più grandi benefattori al Monte Athos.

E tra questi valori da difendere ad ogni costa, c’è quello delle radici cristiane dell’Europa. Ora “i recenti flussi migratori hanno intensificato questi annunci, anche da parte di chi lo fa più per ragioni nazionalistiche che cristiane. L’idea di un’Europa cristiana provoca immagini di un passato idealizzato e persino di una cultura cristiana idealizzata. Il cristianesimo ha dominato l’Europa per secoli e ha portato molto bene al popolo europeo: leggi, cultura e costumi. Ma” – ricorda il Patriarca Bartolomeo – “l’idea di un’Europa cristiana ha portato anche alla violenza tra le chiese cristiane, mentre si contendevano quale cristianesimo avrebbe dominato l’Europa”.

A conclusione del discorso il Patriarca Bartolomeo lascia una serie di domande aperte:

– Cosa intendiamo per Europa cristiana, all’interno di un’Unione Europea democratica?

– Come possiamo realizzare un’Europa cristiana, quando molte nazioni occidentali hanno separato identità religiose e nazionali, mentre alcuni paesi orientali hanno ricollegato identità religiose e nazionali e infine altri ancora vedono addirittura un aumento dell’autoritarismo?

– È possibile che l’unica opzione rimasta alle chiese sia affermare le proprie convinzioni con la forza, a scapito di e contro altre credenze e principi?

– È possibile un’Europa cristiana, che rispecchi l’apertura e il rispetto che ci aspettiamo gli uni dagli altri nei circoli ecumenici, accettando la diversità al suo interno?

– Un’Europa cristiana non dovrebbe essere più aperta alla convivenza e alla testimonianza tra fedi e comunità non cristiane, abbracciando e convivendo con tutti gli esseri umani in tutta la loro irriducibile unicità?

In un momento in cui il cristianesimo sembra declinare e le comunità cristiane vivono sulla difensiva, perché si sentono minacciate, la tentazione sarebbe quella di assoggettarsi a un’autorità politica per riceverne protezione e sicurezza. Ma non è questa la strada. “Le chiese sono chiamate a testimoniare il tipo di comunione che Cristo ci indica”. Le nostre differenze non possono minare la nostra unità: possiamo credere in ciò che è possibile fare, attraverso il rispetto reciproco e la giustizia sociale.

Quel mondo di divisioni e conflitti che ha portato alla grande visione ecumenica, oggi è tornato. Perciò “è più importante che mai prendere coraggio; perché nostro Signore ha vinto il mondo (Gv 16,33). Dovremmo sperare e lavorare per una società civile in Europa, dove il bene comune trascenda confini e confini. Dovremmo mirare a un’Europa in cui i cristiani – e tutte le persone di buona volontà – lottano per la giustizia e abbracciano lo straniero. Dovremmo ricordare e riflettere sulla vocazione cristiana di “annunciare il vangelo ai poveri, guarire i cuori spezzati, ricuperare la vista ai ciechi, proclamare la libertà ai prigionieri e liberare gli oppressi (Lc 4,18-19). Sarebbe davvero questo il modo di far rivivere un’Europa cristiana”.

Alla fine del IV secolo il patriarca di Costantinopoli Gregorio di Nazianzo affermava che non siamo fatti solo per vivere per noi stessi, ma per il bene di tutti i nostri simili.

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