Negli ultimi decenni la ricerca della perfezione è diventata una vera e propria ossessione collettiva, alimentata in modo crescente dalla cultura dei social media e dai canoni estetici imposti dalle celebrities e dagli influencer. La pressione sociale per raggiungere una perfezione fisica, spesso finta, e irraggiungibile ha effetti devastanti sulla salute psicologica.
E’ cronaca recente la triste storia di Margaret Spada una giovane donna morta per complicanze durante una rinoplastica parziale effettuata in uno studio medico di Roma che si è scoperto poi non essere autorizzato a fare interventi. La storia di Margaret è solo uno dei numerosi esempi in cui la ricerca della bellezza ha portato a un esito nefasto.
Il desiderio di conformarsi a modelli fisici irrealistici, spesso imposti dai media e dai social, può portare a un’escalation di interventi chirurgici, trattamenti cosmetici e, più gravemente, a disturbi alimentari e psicologici. La dott.ssa psicoterapeuta Maria Chiara De Rosa ci fa riflettere sul tema dell’immagine di sé: “l’immagine personale viene spesso influenzata dall’ambiente -ci dice- in primis da quello familiare, poi dalla società che impone dei canoni e come questi vengono assorbiti se non sono adeguatamente filtrati da ognuno di noi e sull’impatto che hanno sul rapporto che abbiamo con il nostro corpo”.
L’avvento dei social media ha amplificato il fenomeno della bellezza a tutti i costi, creando una sorta di “malattia” che spinge milioni di persone a inseguire modelli estetici ineguagliabili.
Instagram, TikTok e Facebook sono pieni di immagini con filtri, foto modificate e video in cui la perfezione fisica è quasi sempre il punto di arrivo. I filtri facciali, ad esempio, sono uno degli strumenti più usati sui social per modificare tratti del viso, la pelle, contribuendo a creare un’immagine di sé che non corrisponde alla realtà.
Questo porta a una sorta di disconnessione tra l’immagine che una persona vede sui social e quella che percepisce nel mondo reale, con gravi conseguenze sulla propria autostima.
Secondo diversi studi, l’esposizione costante a immagini di corpi perfetti e idealizzati può incrementare il rischio di sviluppare disturbi alimentari, depressione e ansia.
La bellezza, che dovrebbe essere un concetto relativo e personale, diventa così un obiettivo da perseguire a ogni costo, spesso con gravi ripercussioni sul benessere psicologico.
“Un’altra riflessione che mi viene da fare in merito – continua la dott.ssa De Rosa- è fino a che punto un difetto fisico o un presunto tale, un aspetto di noi che non ci piace, possa causare disagio nell’individuo, nello specifico in alcune persone crea un vero e proprio disagio che compromette la quotidianità stessa dell’individuo”. “In questi casi -continua De Rosa- si arriva a parlare proprio di un dismorfismo corporeo che è una delle principali ragione per cui le persone ricorrono alla chirurgia estetica, qualche volte si può esprimere un disagio così forte che le persone che ne soffrono non siano portate a valutare adeguatamente i rischi, anche perché accompagnano questo disagio spesso depressione, fobia sociale, disturbi alimentari, del sonno. Quindi pur dire di cercare di abbassare il disagio legato a quel difetto fisico, le persone si imbarcano in interventi chirurgici senza valutarne minimante il rischio, sia quello legato al proprio stato effettivo di salute, sia alla qualità del chirurgo e della struttura a cui ci si affida”.
“Fondamentale in queste situazione è l’instaurare relazioni sane perché chi abbiamo intorno ci supporta nell’accettare un difetto o un disagio, al contrario se invece confermano quel difetto come inaccettabile, spingono ancora di più la persona verso la scelta di un intervento, perciò i rapporti sani sono fondamentali anche in questo caso” – conclude la psicoterapeuta.
È fondamentale anche che si inizi a promuovere una bellezza più inclusiva e autentica, che abbracci la diversità dei corpi e delle caratteristiche fisiche senza giudicare o discriminare.
In tal senso, molte iniziative, come le campagne contro i canoni di bellezza rigidi e i movimenti che celebrano il corpo naturale, stanno cercando di contrastare l’egemonia dei modelli estetici digitali. L’educazione a una visione sana di sé, che parta dall’accettazione delle imperfezioni, è essenziale per costruire una società in cui l’aspetto esteriore non determini il valore di una persona.
Ogni persona ha il diritto di sentirsi bella e a proprio agio nella propria pelle e vivere serenamente la propria unicità.