Città del Vaticano. Nel corso della tradizionale benedizione Urbi et Orbi del giorno di Pasqua, l’appello di Papa Francesco: “aiutaci, Signore, a correre incontro a te” e la preghiera per la pace nei popoli dell’Ucraina, della Russa, del Medio Oriente e dell’Africa.
“Cristo è il Signore della nostra vita, è la resurrezione e la vita nel mondo”, così ha esordito il Papa, che non ha pronunciato l’omelia durante la Messa del giorno, preferendo osservare un momento di silenzio per la preghiera personale. La Pasqua “è un passaggio”, aveva detto nell’omelia della Veglia, ossia il passaggio dell’umanità “dalla morte alla vita, dal peccato alla grazia, dalla paura alla fiducia, dalla desolazione alla comunione in Lui”. Il Papa rivolge con la gioia del cuore un augurio di buona Pasqua a tutti, in particolare per gli ammalati, i poveri, gli anziani e per chi attraversi momenti di prova e di fatica. Con la Pasqua la storia del mondo è cambiata: “Gioiscano la Chiesa e il mondo, perché oggi le nostre speranza non si infrangono più contro il muro della morte, ma il Signore ci ha aperto un ponte verso la vita”,
Il Pontefice ricorda che nelle Chiese di Oriente si proclama, durante il tempo pasquale, l’esclamazione: Χριστός ἀνέστη, “Cristo è risorto”, a cui si risponde Aληθώς ανέστη, cioè “è veramente risorto”. Il Vangelo del giorno di Pasqua, infatti, è stato cantato anche in greco da un diacono greco-cattolico,caratteristica ancora praticata nella liturgia papale. È veramente risorto e “ce lo mostrano con i loro esempio i primi testimoni della resurrezione”, con “la buona fretta”: Maria di Magdala, che corse e andò da Simon Pietro, Giovanni e lo stesso Pietro al sepolcro, i due discepoli di Emmaus, e Pietro che, vedendo Gesù sulle rive del lago di Galilea, si buttò subito in acqua acqua per raggiungerlo. “A Pasqua insomma il cammino accelera e diventa corsa, perché l’umanità vede la mèta del suo percorso, vede il senso del suo destino, che è Gesù Cristo”. L’appello è quello di affrettarsi a un cammino di fiducia reciproca, tra persone, tra popoli e nazioni. Il cammino è però ancora segnato da tante pietre di inciampo, “che rendono arduo e affannoso il nostro affrettarci verso il Risorto. A Lui rivolgiamo la nostra supplica: aiutaci a correre incontro a te. Aiutaci ad aprire i nostri cuori”.
E, come in una dolorosa litania, il Santo Padre invoca l’aiuto divino e si appella alla comunità internazionale per tutte quelle situazioni di conflitto e divisione, ancora aperte nel mondo come ferite sanguinanti: per “l’amato popolo ucraino,nel cammino verso la pace” e perché “la luce pasquale” sia effusa sul popolo russo. Per la Siria, “che attende ancora la pace”, recentemente colpita dal terremoto insieme alla Turchia; per la città di Gerusalemme, “prima testimone della tua resurrezione”, a causa degli attacchi e delle violenze degli ultimi giorni, che hanno incrinato il dialogo tra israeliani e palestinesi.
Un pensiero per l’unità e la pace è andato anche al Libano e al “caro popolo della Tunisia” e ai suoi giovani. Haiti “sta soffrendo da diversi anni una grave crisi socio–politica e umanitaria”, così come l’Etiopia, il Sud Sudan e il Congo. In Nicaragua ed Eritrea i cristiani oggi sono costretti a celebrare la Pasqua, senza poter professare liberamente e pubblicamente la propria fede. Papa Francesco ha poi ricordato le vittime del terrorismo internazionale in Burkina Faso, Mali, Mozambico e Nigeria, in Africa, e la situazione disperata dei Rohyngia in Myanmar. E la preghiera del Pontefice si è infine rivolta ai deportati, i prigionieri politici, ai migranti, a tutti coloro che soffrono la povertà e la fame e ogni forma di schiavitù, “perché nel pieno rispetto dei dirittiumani e della democrazia si risanino queste piaghe sociali, sicerchi sempre e solo il bene comune dei cittadini, si garantisca la sicurezza e le condizioni necessarie per il dialogo e la convivenza pacifica”.