Pasqua, il grido di gioia: Cristo è risorto, è veramente risorto! Non è un’immagine, una favola o un mito: oggi è veramente la Pasqua del Signore, la Pasqua divina che scende dal cielo sulla terra, e dalla terra risale al cielo. Cristo è risorto! Questo grido di gioia risuona per tutto il mondo cristiano nella notte e nel giorno di Pasqua. Ecco l’inizio di una lunga e splendida omelia di Gregorio Nazianzeno, che egli stesso descrive come “il sermone più bello e più curato che abbiamo fatto”:
“Oggi è giorno di salvezza per il mondo, per quello visibile e per quello invisibile. Cristo è risorto dai morti, risorgete insieme a lui! Cristo è tornato a sé stesso, fate anche voi ritorno! Cristo è risorto dalla tomba, voi liberatevi dalle catene del peccato! Si aprono le porte degli inferi, la morte è annientata, il vecchio Adamo è deposto e il nuovo è compiuto. Se in Cristo c’è una nuova creazione, rinnovatevi anche voi! […]
Questa è la Pasqua del signore, la Pasqua, lo dico ancora, la Pasqua, in onore della Trinità. Questa è per noi la festa di tutte le feste, la solennità delle solennità che, come il sole supera le stelle, è al di sopra di tutte le altre, non solo di quelle umane che hanno avuto origine in terra, ma anche di quelle che sono di Cristo stesso e sono celebrate per lui […]
Oggi celebriamo questa risurrezione, non più come una speranza, ma come una realtà avvenuta, che attira con sé tutto il mondo”.
Gesù si era abbandonato nel grembo della Vergine, come quando era un bimbo nelle mani della madre. Nel sabato misterioso, nella pietra rotolata, tutto taceva, tutto era silenzio. L’assemblea cosmica in attesa tratteneva il respiro. Ma la vita non poteva morire: sotto la terra, nel profondo degli inferi, una scintilla di fuoco si è accesa. La Chiesa persevera nell’amore, sa che l’amore è più forte della morte: il vuoto lasciato dal Dio che si è addormentato, solo Dio può colmarlo. L’inferno grida, ma è un altro grido, è un gemito: pensa di aver accolto un mortale, ma non riesce in alcun modo a trattenerlo. I due Adami si incontrano, si guardano: il Nuovo tende la mano al Primo, lo scuote sommerso dai peccati e lo illumina del fulgore divino della vita. Il Primo era stato trascinato ed era caduto nel baratro dell’inferno; ora il Nuovo è sceso a cercarlo e se l’è messo sulle sue sacre spalle. Il primo ha fatto entrare nel mondo il suono della morte, ora il Nuovo è disceso a risvegliarlo. Si accendono tutte le candele e i ceri e si fa una luce infinita. Non ha più forza il potere della morte: la morte è scesa e la vita è salita.
Nel cielo illuminato dal coro delle stelle le donne, come i magi, sono andate alla caverna di tutti i tesori; cercavano un morto e hanno scovato la vita, sono uscite nell’angoscia della notte e hanno trovato il sole che non tramonta, gli abiti di lutto sono stati rischiarati dalle vesti candide degli angeli, i nemici festeggiavano la morte e loro festeggiano la morte della morte, l’odore della corruzione è stato sopraffatto dal profumo dello sposo, il rigore del corpo mortale si è trasformato in danza della nuova creazione. Come le donne, raggianti di gioia, perdoniamo tutto e tutti per la Pasqua sacra, che ci ha riaperto le porte del paradiso. È l’inizio di un altro mondo, cinto di luce, che non conoscerà né sera, né domani. Con queste parole di esultanza abbiamo fatto eco al lirismo della liturgia e degli scritti dei Padri.
Un rinnovamento della Chiesa non può avvenire senza la coscienza della risurrezione: il cristiano è un risorto. Come sentinelle vigilanti – perché Cristo è il Vigilante che ci ha resi tali sulla terra – i cristiani che hanno ricevuto la luce pasquale e battesimale sono chiamati a illuminare gli uomini di oggi e di domani con la fiaccola della speranza, La speranza che la fame, la sete, la nudità, le divisioni e le guerre non hanno l’ultima parola: anche se ora viviamo simultaneamente nella croce e nella resurrezione, siamo destinati alla speranza dell’eterna trasfigurazione, al cui termine fisso la Pasqua ci insegna a guardare senza timore.