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La chiesa di Chora a Istanbul convertita in moschea

by | 8 Mag 2024 | Cronaca

La chiesa di San Salvatore in Chora a Istanbul, patrimonio UNESCO, è stata aperta al culto come moschea dopo 79 anni. La chiesa ha un alto valore simbolico: cupole, volte, pareti e pennacchi, tutto l’interno è un trionfo di mosaici, ori e affreschi luminosi considerati fra le massime espressioni dell’arte bizantina dopo Santa Sofia. Anzi, è l’ultimo capolavoro di Bisanzio: i mosaici dell’Infanzia della Madre di Dio, dell’Infanzia e della vita di Cristo, i gli affreschi della cappella funeraria si ispirano ai Vangeli apocrifi, canonici e alla Bibbia dei Settanta per annunciare, in immagini, la storia della salvezza. Era parte di un complesso monastico al di fuori della cinta muraria, a nord-ovest della città e infatti il nome della chiesa è legato alla sua ubicazione, in quanto Chora (da cui il turco Kariye) può essere tradotto in “paese” o “campagna”. Costruita sotto Giustiniano I, fu trasformata in cappella imperiale dalla dinastia Comnena; subì il saccheggio durante la quarta crociata nel 1204, ma venne riportata a splendore sotto Andronico II Paleologo. Teodoro Metochites (1270-1332), ministro alla corte imperiale, ne promosse la campagna di ampliamento, finanziando l’aggiunta del nartece a ovest e del parekklesion (cappella) a sud, e chiamando i migliori artisti a realizzare il ciclo decorativo. In seguito alla caduta di Costantinopoli nel 1453, i conquistatori ottomani mantennero l’edificio in funzione, ma fu convertito in moschea per volontà del sultano Bayezid II all’inizio del XVI secolo. Fu in quel momento che affreschi e mosaici vennero ricoperti da pannelli di legno, un’operazione che consentì di salvarne la maggior parte. Verso la fine del XIX secolo era conosciuta dagli Occidentali che arrivavano sul Bosforo come la “Moschea dei mosaici”. Nel 1945 la moschea invece fu chiusa e il monumento aperto al pubblico nel 1958 come museo sotto la giurisdizione del Museo Ayasofya, in ossequio alla visione secolare della Repubblica turca di Ataturk. Questo fu possibile grazie al Byzantine Institute of America, seguito dalla Dumbarton Oaks Field Committee, che aveva avviato ampi sforzi di conservazione dal 1947, tra cui la pulizia di mosaici e affreschi e il restauro generale dell’edificio. 

Pochi giorni fa l’edificio sacro è stato riaperto al culto, dopo che l’11 novembre 2019 il più alto tribunale amministrativo della Turchia aveva emesso l’ordine di trasformare il Museo di Chora in una moschea, attuato poi tramite un decreto presidenziale di Erdogan, promulgato e registrato nella Gazzetta Ufficiale il 21 agosto 2020.  Il Comitato del patrimonio mondiale dell’Unesco aveva espresso il suo dissenso rispetto alla decisione del governo turco di trasformare sia la chiesa di Santa Sofia a Istanbul che il monastero di Chora in moschee. Parole forti di dissenso erano venute anche dal patriarca ecumenico Bartolomeo.

La recente riconversione ha suscitato dibattiti e critiche, con accuse di manovre politiche: Erdogan non avrebbe bisogno di questa piccola chiesa/museo come moschea, visti i recenti e importanti progetti di costruzione di moschee a Istanbul. Ad esempio, la più grande moschea del mondo, la Grande Moschea di Camlica è a soli 20 km da Chora e può ospitare più di 60mila persone contemporaneamente; oppure la nuova moschea Taksim, inaugurata il 28 maggio 2021, che può contenere fino a 3.000 fedeli contemporaneamente e dista solo 4 km da Chora. Questa riconversione, però, è tutt’altra che unica: numerose chiese di Istanbul hanno subìto una tale trasformazione. Le principali chiese attualmente riconvertite in moschee a Istanbul sono: i Santi Sergio e Bacco (Moschea Küçük Ayasofya), il Myrelaion, “il luogo della mirra” (Moschea di Bodrum), la Theotokos Kyriotissa (Moschea Kalenderhane), San Teodoro (Moschea di Vefa), il Cristo Pantocratore (Moschea di Zeyrek).

 

©photo AntonioCali66 https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Particolare_del_tetto.jpg#/media/File:Particolare_del_tetto.jpg

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