Periodico di informazione religiosa

La prossimità samaritana come proposta di azione nel sisma in Siria e Turchia

by | 3 Mar 2023 | Pastorale dell'emergenza

La prossimità samaritana come opportunità di condivisione di un cammino di Chiesa, diviene sempre più attuale di fronte alla catastrofe che il 6 febbraio 2023 ha colpito la regione a cavallo tra Turchia e Siria, con un sisma distruttivo che ancora prosegue nella sua forza distruttiva e che ha già determinato un  bilancio delle vittime che supera i 50mila morti, e che accomuna nella sofferenza, il popolo siriano e turco, con quello aquilano, colpito dalla tragedia che il 6 aprile 2009 ha colpito la Città di L’Aquila.

Al termine dell’udienza generale di mercoledì 8 febbraio 2023, Papa Francesco ha rivolto un primo appello alla solidarietà per le popolazioni della Turchia e della Siria, colpite dal sisma del 6 febbraio. A questo appello, ne sono seguiti molti altri sia durante le udienze generali, ma anche durante la recita domenicale dell’Angelus, ai quali, la Chiesa Italiana ha risposto prontamente, per far fronte alle prime urgenze e ai bisogni essenziali di chi è stato colpito da questa calamità, disponendo un primo stanziamento di 500.000 euro dai fondi dell’8xmille per iniziative di carità di rilievo nazionale, erogato tramite Caritas Italiana, attiva per alleviare i disagi causati dal sisma e a cui la CEI ha affidato il coordinamento degli interventi locali. Inoltre la Presidenza della CEI ha deciso di indire una colletta nazionale, da tenersi in tutte le chiese italiane domenica 26 marzo 2023 (V di Quaresima), come segno concreto di solidarietà e partecipazione di tutti i credenti ai bisogni, materiali e spirituali, delle popolazioni terremotate, insieme alla preghiera unitaria di tutte le comunità ecclesiali italiane per esprimere  vicinanza alle persone colpite.

Aderire all’iniziativa della CEI, nel sostenere le popolazioni colpite dal sisma del 6 febbraio, è molto importante, ma l’esperienza aquilana, ci insegna che questo non basta. Agli aiuti materiali, va affiancata la ‘prossimità samaritana’, che va promossa in modo sistematico e permanente, guidata alla Luce della Parola, animata dalla grazia della Pasqua e spinta dall’impulso missionario della Pentecoste”, come più volte affermato dal Cardinale Arcivescovo dell’Aquila, Giuseppe Petrocchi, nella sua azione pastorale che lo ha portato a creare un apposito ufficio diocesano della pastorale dell’emergenza. E’ necessario infatti allertare la dimensione religiosa, culturale, sociale e politica di questa dinamica che per essere compresa, deve passare dall’incontro fraterno e la circolarità di pensieri, di attività collaudate e di risorse da trovare non soltanto all’interno del mondo Chiesa, ma anche e soprattutto con lo Stato, con il mondo del volontariato e con il mondo associativo.

In un suo intervento in occasione di un convegno nazionale sulla pastorale dell’emergenza, promosso a L’Aquila nel 2019, Petrocchi ha affermato che  “in questa prospettiva diventa centrale la buona intesa e la collaborazione fattiva, attraverso un dialogo leale e costruttivo, con le strutture pubbliche e gli organismi sociali” aggiungendo che “risulta, pertanto, fondamentale che gli attori istituzionali (la Chiesa, gli enti pubblici, l’università, il mondo della sanità, quello militare e dei media) trovino forme di raccordo e di intesa, che consentano di scambiare strategie capaci di favorire dinamiche sananti e processi migliorativi per la vita delle persone e delle popolazioni”.

Di fronte ai drammi e alle calamità, l’esperienza aquilana, ci ha insegnato che è necessario ‘fare rete’, per potere insieme cercare di comprendere sempre di più in profondità ciò che è avvenuto nella mente e nel cuore delle persone e cercare di dare risposte significative e portatrici davvero di novità rispetto a ciò che finora abbiamo constatato”.

Questa necessità nasce dalla consapevolezza che di fronte a un ‘terremoto geologico’ ve ne è un altro che possiamo chiamare ‘terremoto dell’anima’. Quello geologico, in genere, è più breve; potrebbe essere descritto come una curva a campana: c’è un momento di inizio, uno zenit e poi conosce un declino. Invece il terremoto dell’anima, che si attiva in genere quando quello geologico è nella sua fase conclusiva, può essere descritto come una linea in ascesa, cioè ha tempi molto prolungati”.

Da quelle che sono le tragedie degli ultimi quindici anni, che possiamo riassumere in calamità sismiche, ambientali e geologiche, ma anche pandemiche, dobbiamo sentirci chiamati a trarre una lezione di vita che parte dalle esperienze dolorose e devastanti che hanno colpito, non solo le popolazioni, ma anche coloro che sono stati chiamati a svolgere un servizio di assistenza e supporto a queste popolazioni.

L’aiuto offerto nella sfera corporea e nell’ambito organizzativo, come quello promosso dalla CEI e da varie organizzazioni nazionali e internazionali a favore delle popolazioni della Siria e della Turchia, colpite dal sisma, è importante e necessario, ma non sufficiente per attivare iniziative che rispondano integralmente ai bisogni e alle attese della gente. “Occorre affiancare questi interventi con una prossimità samaritana, capace di condividere e offrire aiuto con stile evangelico e mobilitando l’attenzione sui valori umani, autentici ed universali. Quello dell’anima è, in genere, un sisma sommerso”,come precisato dal card. Petrocchi, il quale ha anche affermato che “i dissesti dell’anima, generati da fatti sconvolgenti sono fenomeni difficili da sondare: occorrono centri di osservazione spirituali, psicologici e sociali ben attrezzati; non bastano, infatti, sensori occasionali ma bisogna organizzare stazioni permanenti di rilevamento per seguire l’andamento della situazione”.

“Chi vuole farsi prossimo di coloro che sono stati colpiti da un evento dirompente” sostiene il Card. Petrocchi “deve imparare ad ascoltare le voci di chi ha subito la calamità: sia quelle che parlano esplicitamente (attraverso il racconto), sia quelle che si esprimono con un apparente silenzio.  Per questo, i primi verbi da coniugare per la ricostruzione spirituale e civile non sono progettare e fare, ma ascoltare e incontrare: cioè, accogliere i bisogni profondi della gente, per disporli secondo il giusto ordine di priorità, e intensificare la tessitura delle relazioni convergenti, che potenziano la coscienza fattiva di essere un’unica famiglia. Dunque” conclude l’arcivescovo “le operazioni necessarie sono: captare la sofferenza, comprenderla (utilizzando categorie interpretative adeguate) riconoscerle un significato, integrarla in un progetto esistenziale, renderla una opportunità di crescita globale. Impresa, questa, da condurre al plurale: si fa in comunione e genera comunione.“La  risposta a trauma sociale è creare un “noi”, una presenza che non abbandona ma che garantisce un affiancamento nella stagione della sofferenza”.

Le proposte della Chiesa aquilana, attraverso il percorso di studio dell’Ufficio diocesano della pastorale dell’emergenza, istituito dal Cardinale Petrocchi a L’Aquila nel 2020, possono diventare un prezioso supporto e concreto sostegno alle popolazioni della Siria e della Turchia, colpite dal sisma del febbraio 2023, attraverso alcune dinamiche da adottare da coloro che svolgono un servizio di sostegno di queste popolazioni. Per quanto concerne l’azione di sostegno, da parte della Chiese, urge fondare un “ministero della consolazione”, che “è teologale” e “non solo antropologica”. “Una Chiesa fraterna, amica, samaritana è capace di offrire tesoro della Parola, della Pasqua e della Pentecoste. Dobbiamo essere capaci di essere una seconda Protezione civile, che poi è quello che la gente cerca, ciò di cui ha bisogno. La Chiesa deve sapere con-dividere, con-soffrire, con-sperare credere che l’Amore vince, qualunque cosa accada”.

Il punto di partenza di questa dinamica, lo troviamo in Luca 4, 16-21. E’ proprio attraverso questa parabola del buon samaritano che noi possiamo trovare gli elementi per comprendere la Chiesa in uscita, di cui spesso ha parlato papa Francesco. Nella parabola del buon samaritano, il vedere e il passare oltre da parte del sacerdote e del levita, fa comprendere che nella vita, chiunque è impegnato ad alleviare le sofferenze della popolazione colpita da calamità naturali, sociali o di guerra, potrà imbattersi spesso in un fratello e anche in difficoltà o in sofferenza, e il suo comportamento dovrà assimilarsi a quello del samaritano, che prova compassione e agisce per il bene, mettendo in gioco tutto se stesso, prendendo a cuore coloro di cui si prende cura. In questo brano noi troviamo le caratteristiche della solidarietà evangelica. Il Vangelo chiama a una prossimità fattiva e competente, in cui non solo stare con la gente, ma anche, come detto da papa Francesco,  di essere ‘capaci di scendere nella notte senza essere avvolti dalle tenebre’.

Per fare questo, dunque, è necessario formarsi e «captare la sofferenza» che scaturisce da eventi drammatici come il terremoto e la guerra, per «comprenderla e riconoscerle un significato, integrarla in un progetto esistenziale, renderla una opportunità di crescita globale».

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