Periodico di informazione religiosa

LA RISCOPERTA DELLO SPIRITO DELLA GAUDIUM ET SPES

by | 7 Mar 2023 | Teologia

La riscoperta dello spirito della Gaudium et Spes per prepararsi al prossimo Giubileo. “Si trovino forme più adeguate per rendere attuale l’insegnamento dei Padri conciliari!”. È questa l’esortazione che, ultimamente, papa Francesco ha rivolto alla Chiesa universale nella prospettiva del prossimo Giubileo in programma nel 2025. Prepararsi, dunque, all’Anno Santo riprendendo tra le mani i documenti del Concilio Vaticano II, tra i quali la Gaudium et Spes, rappresenta il riferimento pastorale della Chiesa nel mondo contemporaneo. Ma qual è lo spirito che soggiace a questo documento del Magistero? E qual è l’attualità di questo pronunciamento per la comunità ecclesiale di oggi protesa verso il domani?

Innanzitutto, vale la pena soffermarsi sulle prime battute che i Padri Conciliari hanno voluto porre in apertura del testo, dichiarando quindi subito e in maniera molto efficacie i presupposti in funzione dei quali si giustifica l’elaborazione e la promulgazione di una costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo. Tutto assume il suo significato perché c’è un’intima unione della Chiesa con l’intera famiglia umana, un dialogo profondo tra la Chiesa e il mondo rispetto al quale si prova sincera simpatia (cfr. GS,1). Per tale ragione, la Chiesa, è chiamata a proporre il messaggio di salvezza che ha ricevuto a tutti gli uomini.

Rimodulando un celebre aforisma di Terenzio, possiamo affermare che “nulla di ciò che è autenticamente umano è estraneo alla Fede, è estraneo a Cristo” e per questo, la Chiesa non può che farsi carico di tutto ciò che riguarda l’uomo, deve farsene carico, pena il venir meno della sua ragion d’essere. Infatti, il deposito delle Fede, se non entra in contatto e in dialogo con le dinamiche che caratterizzano l’esistenza concreta dell’uomo, rimarrebbe inutile lettera morta.

Ma la vita dell’uomo è sempre e inevitabilmente collocata nella Storia, in un tempo e in un luogo e mediata culturalmente; l’uomo di oggi non è esattamente lo stesso uomo di circa mezzo secolo fa quando il documento veniva redatto. Molte cose nel frattempo sono accadute segnando l’esperienza, modificando i punti di vista, cambiando i costumi e la mentalità. Dobbiamo prendere atto che alcuni aspetti di fondo riguardanti la cosiddetta questione antropologica, che sono e rimarranno sempre gli stessi, comunque, risentono anch’essi dei cambiamenti culturali che subentrano nel corso del tempo. L’antropologia a cui la Chiesa ha tradizionalmente fatto riferimento e il linguaggio con la quale l’ha espressa restano un riferimento solido, frutto di saggezza ed esperienza secolare. Eppure l’uomo a cui la Chiesa si rivolge non sembra più comprenderli o considerarli sufficienti. L’uomo si sta interpretando in maniera diversa dal passato, con categorie diverse, e questo anche a causa dei grandi cambiamenti nella società e di un più ampio studio di sé stesso.

Così, la sfida davanti alla quale si trova la Chiesa, è quella di tradurre e declinare il proprio messaggio per l’uomo e la mentalità di oggi, comprendendo e facendosi carico delle gioie e speranze, tristezze e angosce di oggi, non di ieri. I Padri conciliari stessi, consapevoli di questo, concludono infatti la Costituzione affermando che “l’insegnamento presentato qui dovrà essere continuato ed ampliato” (GS,91). Perché la Chiesa è vivente (semper reformanda), cioè in stato di riforma inteso come aggiornamento costitutivo, come cammino, crescita, sviluppo e rinnovamento (intenzione questa, ben espressa da Giovanni XXIII che decide, per l’appunto, di avviare il Vaticano II).

A scanso di equivoci, però, una precisazione in tal senso. Stiamo parlando della necessità di uno slancio, ma come può avvenire un autentico slancio? Vale la pena in questo caso richiamare la meccanica e la dinamica della corsa: è la fase di appoggio che permette la spinta e, dunque, la progressione in avanti. Qui non si tratta di mettere tutto in discussione e di rinnegare il passato e sé stessi, piuttosto, di fare tesoro della Tradizione e dell’identità che da questa deriva per andare avanti. Essere consapevoli dell’attualità e della vitalità del Vangelo e di una Chiesa che, sotto la guida dello Spirito consolatore, continua l’opera stessa di Cristo, il quale è venuto a rendere testimonianza alla verità e a prendersi cura dell’uomo (cfr. GS,3).

Siamo chiamati a riferirci all’uomo di oggi, dunque, ma siamo davvero consapevoli della portata del periodo che stiamo vivendo? In che misura siamo in grado di comprendere lo “spirito del tempo”, di saper scrutare i “segni dei tempi”? Tenendo soprattutto conto che, come ci ricorda Paolo al cap. 5 della 2 lettera ai Corinzi: “ora è il momento favorevole, ora è il giorno della salvezza!”. Forse, come comunità dei credenti facciamo fatica a comprendere noi stessi e il nostro mondo. Abbiamo perso la capacità di introspezione e di uno sguardo capace di sano realismo per interpretare il nostro vissuto alla luce del divenire che caratterizza la Storia. E così, spesso, incapaci di comprendere e interpretare la “condizione dell’uomo”, falliamo la nostra missione.

È talmente importante sviluppare questa consapevolezza che, non a caso, la prima parte della Costituzione è dedicata proprio ad approfondire la condizione antropologica nel mondo contemporaneo e a precisare l’identità dell’uomo ribadendo la sua dignità, presentando Gesù Cristo come il più uomo di tutti gli uomini, l’uomo perfetto, che diventa il paradigma antropologico rispetto al quale l’uomo può riscoprire sé stesso (cfr. GS,22). Cristo sorgente e vertice dell’umanità, alfa e omega (cfr. GS,45). Solo dopo viene sviluppato un discorso che cerca di affrontare tematiche specifiche, per applicare il messaggio del Vangelo nei diversi ambiti di vita e rispetto ad alcuni problemi ritenuti più urgenti, proprio alla luce delle criticità della condizione del tempo: valore del matrimonio e della famiglia, rapporto fra fede e cultura, aspetti della vita economico-politica, promozione della pace e, più in generale, il tutto per promuovere e tutelare la dignità della persona.

Questo è lo spirito della Gaudium et Spes dal quale deriva lo stile che dovrebbe caratterizzare la comunità dei credenti. Uno stile inteso soprattutto a contribuire alla realizzazione, per quanto possibile, di quella animazione cristiana dell’ordine temporale che costituisce il filo rosso di una Chiesa dentro la logica dell’Incarnazione, entrata dunque nella modernità, di cui si accettano le sfide senza contrapposizioni. Di una Chiesa che non si oppone al mondo ma che, pur mantenendo necessarie distinzioni, si relaziona a esso entrando nelle realtà mondane, radicandosi nella Storia, secondo appunto il paradigma stupendamente scolpito dal Concilio Vaticano II proprio nella costituzione pastorale Gaudium et Spes. Una Chiesa popolo di Dio che, come si legge nella Lettera a Diogneto: «nel mondo svolge la stessa funzione dell’anima nel corpo», perché depositaria di un messaggio di bellezza, di verità e di salvezza per tutti gli uomini.

In tal senso, la dottrina dell’Incarnazione ha un’importanza fondamentale per l’analisi del rapporto tra Dio e il mondo: questo, con la sua creaturalità e materialità, non ci separa da Dio, ma ci unisce a lui. È questa, in fondo, la lezione che ancora oggi, in tutta la sua eloquente attualità, il Concilio Vaticano II ci consegna attraverso la Gaudium et Spes.

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