Periodico di informazione religiosa

Mercoledì della II settimana di Pasqua. Il Tempo di Pasqua con Gregorio Magno

by | 10 Apr 2024 | Monasteria

Mercoledì della II settimana di Pasqua

Il partito dei sadducei, piena di gelosia, mette le mani sugli apostoli per incarcerarli. Se fai il bene, questa è anche la nostra esperienza, attiri l’attenzione e non resti impunito. Il male è premiato, mentre il bene è punito. Quante volte lo zelo è solo il travestimento della gelosia! il bene fatto dagli altri dà fastidio, perché noi vorremmo controllarlo, vorremmo che il bene fosse tutto nostro, e invece quando lo vediamo a fare gli altri perdiamo il prestigio e l’onore. E così i sadducei gettano le mani sugli apostoli come le avevano gettate su Gesù, poco tempo prima. Ma attraverso le mani di costoro, le mani di Dio però operano qualcosa di più grande, e alla fine Dio riconduce tutto al bene. Come per Gesù ci fu il tempo della passione e della resurrezione, anche per gli apostoli c’è il momento dell’arresto di notte e poi la luce della liberazione all’alba. I servitori trovano vuota la prigione, come le donne il mattino di Pasqua trovano il sepolcro vuoto.  L’angelo di Dio li libera con la sua parola e gli apostoli tornano a predicare: la vera libertà è questa, dire la verità, non mercanteggiare con il potere. Il senso di questa prodigiosa liberazione è che sono liberi per un servizio, sono uomini liberi che non hanno paura del potere che può impedir loro di muoversi e di vivere. Forse gli apostoli non erano persone perfette – e noi? –  ma la Chiesa non è fatta da persone perfette: è solo attraverso la potenza di Dio che veniamo rivestiti di grazia e di misericordia e possiamo davvero cooperare testimoniare le parole di vita. Mentre tutto nel chiuso dei palazzi tutto sembra fossilizzarsi, la realtà e la vita sono sempre nuove e non possono essere controllate; da qui però nasce la violenza contro tutte le novità e contro tutto ciò che sarà futuro, ma che alla fine si realizza comunque, perché la storia, che è storia di salvezza, va sempre avanti. Contro tutte le previsioni, gli apostoli stanno dritti nel tempio a insegnare al popolo: la parola imprigionata è invece libera.

Tutto il percorso degli Atti degli Apostoli è proprio la novità del mistero pasquale, dinanzi al quale saltano tutti gli schemi, soprattutto quelli più rigidi e insostenibili. Il cristianesimo si è diffuso in questa maniera.

Gregorio Magno, Commento morale a Giobbe 52, 17, 15

“E la mia pazienza, chi la considera?” Giobbe ha espresso il desiderio di essere presto redento, mentre vive ancora nella carne, e di essere richiamato dagli inferi al cielo. E certamente erano pochi gli uomini che s’interrogavano così, per apprendere e meditare sulla misera condizione della vita presente e sull’attesa oltre la morte. Era una doppia prova che i giusti si dolevano di sopportare prima della venuta del nostro Redentore. Così Giobbe può dire: “E la mia pazienza, chi la considera?” È vero che non manca chi consideri la sua pazienza, ma siccome non esaudisce subito, sembra quasi che Dio non la consideri abbastanza. Infatti, la stessa redenzione del genere umano, che è venuta alla fine del mondo, a coloro che vissero all’inizio del mondo appariva in ritardo, perché erano separati da un lungo spazio di tempo dalla ricompensa dei beni celesti, come conferma la Verità quando dice: “Molti profeti e re hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, e non lo videro”. Così ciò che Giobbe ora dice esprime i voti di un ardente desiderio. Il che non significa, come abbiamo detto prima, che Dio non tenga conto della pazienza dei giusti, ma sembra che non ne tenga conto, in quanto non appare subito secondo il voto del desiderio e, prolungando i tempi, differisce la grazia del suo piano salvifico. Giobbe può dunque dire: “E la mia pazienza, chi la considera?” Perché se il tempo è breve per chi dispone, è lungo per chi ama.

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