Periodico di informazione religiosa

Mercoledì della III settimana di Pasqua. Il Tempo di Pasqua con Gregorio Magno

by | 17 Apr 2024 | Monasteria

Mercoledì della III settimana di Pasqua

La Chiesa è nata ai piedi della croce del Maestro crocifisso e si diffonde nel martirio dei suoi testimoni. La persecuzione, invece di arrestarla, diventa veicolo della sua diffusione e  fecondità di vita fino a quando Dio sarà tutto in tutti. Il male stesso, stranamente, può operare il bene e il testo di oggi degli Atti comincia infatti con la parola persecuzione e termina con la parola gioia, quella stessa gioia che gli angeli annunciavano ai pastori: la nascita di un Salvatore. La persecuzione è il natale della Chiesa: il martire che dà la vita per amore è come il seme che va sotto la terra e porta frutto. Ora forse gli apostoli non avevano programmato di andare troppo fuori dai confini di Gerusalemme e della Giudea, eppure a fare i programmi qui è Cristo. Gli apostoli rimangono tranquilli finché possono, ma è la realtà che ci “programma”: anche quelli che sembrano ostacoli, in realtà sono proprio ciò che fa crescere. Dio opera il suo disegno nella storia non con le nostre programmazioni, ma con gli ostacoli che ci mettono dove stiamo. Quindi non c’è da stupirsi se proprio il martirio e la persecuzione fanno andare avanti la Chiesa: quando la chiesa è debole – non quando va tutto bene – è allora che è forte. Filippo, parte di quel gruppo dei Sette tra cui v’era anche Stefano, scende nella città della Samaria per evangelizzare e proclamare il Cristo. Sono espressioni che il vangelo riserva a Gesù. E le folle prestano attenzione alla Parola, non a lui: protagonista degli Atti degli Apostoli dunque è sempre Parola, fattasi carne prima in Gesù, e che ora si mette in cammino attraverso la vita dei discepoli. Per mezzo di Filippo la potenza della Parola scaccia gli spiriti impuri: la Parola è spirito e vita, che ci libera dai diavoli che abbiamo dentro. Inoltre la Parola guarisce paralitici e zoppi, guarisce cioè quelle persone bloccate in se stesse, guarisce quelli che non riescono più a camminare sulla via dell’amore e e ad andare verso l’altro. E alla fine di questi guarigioni, la gioia. L’uomo è fatto per la gioia e Dio vuole comunicare a tutti la sua grande gioia. È questa, del resto, la prima proposta che viene fatta a Maria nel natale della Chiesa: “Rallegrati, gioisci!”, tu sei la gioia di Dio. Siamo la gioia di Dio: questo è il nostro nome ai suoi occhi.

Gregorio Magno, Commento morale a Giobbe III, 14, 69-70

Noi, dunque, possediamo la speranza della nostra risurrezione, contemplando la gloria del nostro Capo. Ma qualcuno potrebbe pensare e dire in cuor suo che essendo Egli Dio e Uomo poté vincere con la sua divinità la morte che subì nella sua umanità; noi, invece, che siamo soltanto uomini, non possiamo risorgere dalla condanna della morte [..] Che cosa imita ogni giorno il mondo, se non la nostra resurrezione? Ogni giorno, ora dopo ora, la luce materiale sembra morire quando, al sopraggiungere delle tenebre della note, viene sottratta al nostro sguardo; e si può dire che ogni giorno essa risorge quando, con la sparizione della notte, la luce sottratta ai nostri occhi ritrova tutto il suo fulgore. Così osserviamo che gli alberi, secondo le varie stagioni, perdono il verde delle foglie e cessano di produrre frutti; ed ecco che subito, come se nel legno secco si verificasse una certa risurrezione, vediamo erompere le foglie, crescere i frutti e tutto l’albero rivestirsi di una bellezza rinascente. Vediamo continuamente affidati alla terra piccoli semi di alberi, dai quali ben presto vediamo sorgere arbusti che, crescendo, si espandono in foglie e frutti. Considerando dunque li piccolo seme che gettato nella terra produce un albero, cerchiamo di capire, se ci riusciamo, dove era nascosto, nell’esiguità del seme, l’albero immenso che ne è uscito, dove era il legno, dove era la corteccia, dove era il verde delle foglie, dove era l’abbondanza dei frutti. Si distingueva, forse, qualcosa di tutto questo nel seme, quando veniva gettato nella terra? E tuttavia, ad opera del Creatore dell’universo che tutto mirabilmente dispone, nella delicatezza del seme era nascosta la rudezza della corteccia, nella fragilità del seme si celava una robusta resistenza, nella sua secchezza la fecondità del frutto. Nessuna meraviglia, dunque, che se una leggerissima polvere, che scomposta nei suoi elementi sfugge anche ai nostri occhi, possa ricomporsi nell’uomo quando lo vuole Colui che dai semi più minuti fa sorgere interi alberi immensi […] Sì, è venuto il nostro Creatore; Egli ha assunto la morte e ha manifestato la risurrezione, affinché noi, che non abbiamo saputo custodire la speranza della risurrezione con la ragione, la conserviamo grazie al suo aiuto e al suo esempio.

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