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Mercoledì della quinta settimana di Quaresima. La Quaresima con Gregorio Magno

da | 20 Mar 2024 | Monasteria

Mercoledì della quinta settimana di Quaresima

In un crescendo altamente drammatico Gesù tocca il culmine della rivelazione: egli svela la propria divinità: “Io sono”. Al contrario l’irrigidimento dei suoi interlocutori sfocia nel tentativo di lapidarlo. Come la fede ha portato Abramo ad affidarsi alla Parola che libera dalla schiavitù del peccato, così la fede nel Figlio deve portare i discepoli a rimanere in lui, Parola del Padre, come figli liberi che rimangono e dimorano sempre nella casa paterna. Solo Gesù, il Figlio, ci rivela che cos’è la vera libertà: una rinuncia a se stessi a favore dell’altro; il peccato invece è proprio l’opposto, è mettere il proprio io al centro. Questa è la schiavitù molto moderna di cui parla Gesù. La libertà è invece il potere di donarsi: tutta l’esistenza umana è un’offerta e un dono. La libertà si compie solo nell’incontro con l’altro. Quando Gesù, il Figlio di Dio, si mette in ginocchio a servire i suoi apostoli, compie il tentativo supremo di risvegliare la sorgente che deve zampillare in vita eterna. Quando Gesù, il Figlio di Dio, muore sulla croce, rivela il prezzo e il valore infinito che ha la nostra libertà agli occhi del Signore. Nessuno come Gesù ha avuto una tale passione per l’uomo, nessuno come lui ha portato l’uomo così in alto! Gesù ci ha dato una lezione di grandezza, che non consiste nel dominare, ma nel servire.

Gregorio Magno, Commento morale a Giobbe 34, 54

Per questo l’unigenito Figlio di Dio assunse la nostra debole condizione; per questo egli invisibile apparve non solo visibile, ma spregevole; per questo tollerò scherni e insulti, derisioni e obbrobri, e tutti i tormenti della passione: per insegnare all’uomo, lui Dio umile, a non essere superbo. Quanto è grande quindi la virtù dell’umiltà, se unicamente per insegnarla in verità, lui incomparabilmente grande si fece piccolo fino alla passione! Poiché infatti la superbia del diavolo fu la causa della nostra perdizione, fu escogitato come rimedio della nostra redenzione l’umiltà di Dio. Se il nostro nemico, creato grande nel contesto dell’universo, volle nella sua superbia apparire superiore a ogni cosa, il nostro Redentore, pur rimanendo grande sopra ogni cosa, si degnò farsi piccolo fra tutte le creature.

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