Periodico di informazione religiosa

O di OTTO

by | 16 Feb 2024 | Filosofia

Rudolf Otto

Cosa distingue una fede religiosa da una tifoseria calcistica? Quali sono le caratteristiche essenziali di una religione? Rispondere a queste domande ha segnato il mio percorso di ricerca filosofica e ancora oggi mi vede in cammino. Non ho mai concepito la della filosofia della religione da un punto di vista troppo contenutistico (quindi soffermandomi su concetti quali l’ ‘esposizione delle prove dell’esistenza di Dio, o il significato della credenza come atto del soggetto rispetto alla fede, argomenti interessantissimi ed importanti, sui quali do sempre un’ampia bibliografia agli studenti, affinché vedano l’importante storia di questa disciplina). Per quanto riguarda il mio insegnamento e la mia ricerca nell’ambito della filosofia della religione, quello che ho cercato di svolgere è stato il bisogno di senso, la domanda di senso che ogni uomo svolge e che anche con argomenti che rientrano nel vasto campo della religione viene affrontata; ecco perché sono ritornato all’etimologia del termine religio, ovverosia legame, legame con il mondo, legame con il divino, legame con la trascendenza, legame con gli uomini. E l’insegnamento che sempre propongo e la ricerca che svolgo è stato ed è ancora uno svolgimento del senso possibile di questo legame.

Ma veniamo a noi. Nel 1917 vedeva la luce l’importante testo di Rudolf Otto (Peine, 25 settembre 1869 – Marburg, 6 marzo 1937) intitolato Il Sacro (1917) che avrà per oggetto proprio un’ indagine fenomenologica sull’esperienza e il concetto di sacro. Otto è stato un teologo e storico delle religioni tedesco. Lo stesso Husserl (1859-1938) apprezzò molto l’opera. Rudolf Otto parte dalla natura originaria della religione, che è  fenomeno, che non può essere derivato da altro e che dunque va indagato con categorie proprie. La religione ha sempre a che fare con il sacro e senza il Sacro ogni religione non sarebbe affatto. Ma il Sacro è una categoria sfuggente, ricca di sfumature, difficilmente afferrabile con il ragionamento umano. Tuttavia, il testo di Rudolf Otto, con taglio fenomenologico, accetterà la sfida di provare ad afferrare concettualmente il problema a partire dal concetto di  numinosum. Che cos’è propriamente il numinosum? Il numinoso è il fatto originario, fondamentale, inesprimibile, che riguarda di fatto l’esperienza del sacro. Più che definire il numinoso, Otto sembrerebbe provare a manifestare le caratteristiche che gli sono proprie. Innanzitutto il numinoso si esplica nella coscienza individuale come sentimento creaturale, come sentimento di dipendenza da un Creatore, secondo un tema che già Friedrich Daniel Ernst Schleiermacher (1768-1834), altro grande filosofo e teologo tedesco considerato tra i massimi esponenti della corrente filosofica dell’idealismo insieme a Hegel, aveva sviluppato nelle sue lezioni di filosofia della religione . In Genesi 18,27 Abramo, rivolgendosi a Dio, così dice: “mi sono fatto forza di parlare con te, io che sono terra e cenere”. Ecco, in questo senso di dipendenza della creatura dalla potenza del creatore, abbiamo uno degli aspetti propri del numinoso: il senso del creaturale. Questa è  la prima determinazione del sacro che  tuttavia non basta a definire integralmente, che non lo esaurisce. Bisogna saper cogliere anche la dimensione oggettiva del numinosum come cifra propria del sacro, chiedendosi cos’è sentito oggettivamente fuori di me e non solo soggettivamente in me, come accaduto in Abramo al cospetto di Dio. E qui Otto viene enunciando la definizione celeberrima del sacro come mysterium tremendum et fascinans, definizione di cui è bene analizzare i singoli aspetti. Anzitutto il numinoso, e il sacro quindi, è mysterium. Il momento del mistero è basilare nell’esperire il sacro. Non il problema, che è ciò che si può risolvere con la tecnica e con il pensiero calcolante, ma il mistero, altra cosa rispetto al problema, è ciò che riguarda appunto il sacro. Ed è questo ciò che sconcerta la ragione, lasciandola letteralmente senza parole, sconvolgendola e suscitando stupore, meraviglia, sbigottimento al cospetto di ciò che è myrum, das Ganz anderes, di ciò che è trascendenza assoluta, completamente altro rispetto alla dimensione della ragione e della mondanità. Sicché la dimensione del mistero, nell’esperienza del sacro, si esprime nel linguaggio allusivo proprio della mistica, così come nel ricorso alla nozione del “nulla” da parte della teologia negativa, quella che non dice cosa Dio sia, ma ciò che non sia, definendolo per negazione. Ma il mysterium è anche tremendum. Con questo termine, tremendum, Rudolf Otto intende in generale il timore reverenziale e religioso che il mistero attiva nella coscienza individuale. Si tratta del senso dell’inquietante, che si manifesta come terrore negli stadi religiosi primitivi, e che poi in forma più purificata si esprime come brividio mistico e come consapevolezza della nullità umana al cospetto del “tutto” negli stadi religiosi più evoluti. Di fatto si metamorfizza nell’idea dell’inavvicinabile maestà del divino e nel sentimento creaturale che ancora una volta essa suscita facendo avvertire alla creatura la propria piccolezza rispetto alla potenza divina del creatore. Questo è un altro aspetto fondamentale che Otto chiama il momento della maiestas, della maestà, della grandezza e dello splendore del divino. Di fatto, in questo modo, con la maiestas, abbiamo un’altra prerogativa propria del sacro, che si affianca alla prerogativa del tremendum, insieme a un’altra caratteristica, che è quella dell’energia che corrisponde alle rappresentazioni simboliche dell’ira di Dio e a tutto ciò che nel Divino è vitalità, passione, impeto, volontà. Tuttavia il sacro non è soltanto, come si è detto, il tremendum, nel senso come di ciò che desta quel senso di sbigottimento e terrore, ma è anche il fascinans: mysterium tremendum et fascinans. Che cosa significa fascinans? In ciò sta la profonda ambiguità in cui si caratterizza l’esperienza del sacro. Il sacro Infatti non è soltanto un mistero tremendo che genera paura e senso di inferiorità della creatura rispetto al creatore, ma produce anche senso di fascinazione, di attrazione irresistibile, perché in qualche modo il Sacro è magnetico, affascina e attira a sé. Ed è proprio in questa forza attrattiva che si manifesta uno degli aspetti più propri del Sacro. La creatura tremante, sotto questo aspetto, è attratta così anche dalla grazia e dall’ amore del Sacro. Ma oltre al mysterium, al tremendum, e al fascinans, Rudolf Otto introduce un ulteriore momento nel numinosum, nel sacro, attraverso la categoria del sanctum, che è opposto a ciò che invece è impuro e incontaminato, non in una contrapposizione puramente etica però, perché Otto in realtà vuole dimostrare come il sanctum sia più nobile e abbia più grande realtà ontologica, e sia più degno di rispetto, rispetto ad ogni altra determinazione etica. Sviluppando gli altri momenti del Sacro, Otto delinea anche quali possano essere i suoi mezzi espressivi: abbiamo mezzi diretti, come il culto, la preghiera comunitaria, la celebrazione del sacro; ma abbiamo anche mezzi indiretti come i sentimenti che al Sacro si associano (il sentimento del sublime, del misterioso, le espressioni artistiche, figurative e musicali). Nel seguito della sua trattazione, Rudolf Otto vuole mostrare come la religione si auto-fondi come autonoma esperienza del sacro nella coscienza individuale. Con ciò Otto cede anche ad alcune suggestioni di tipo Kantiano, perché ritiene in qualche modo che si dia una sorta di a-priori della coscienza, e con ciò si allontana per certi versi dalla fenomenologia husserliana dalla cui base aveva preso le mosse. In particolare, secondo Otto, occorre analizzare il modo con cui il sacro affiora nella coscienza. E qui Otto prende le distanze sia dalla possibilità empiristica, sia dalla possibilità razionalista dell’innatismo; svilupperà invece una modalità intermedia dell’ a-priori di Kant. Il Sacro, dice Otto, trova nell’anima umana potenzialità del proprio sorgere, ma questo non basta. Perché si sviluppi, il Sacro ha bisogno, di fatto, anche di stimoli esterni e sensibili, come mezzi e occasioni, ma non come fonti per scaturire dalla coscienza umana. Sicché c’è un momento conoscitivo a-priori in cui la ragione porta a compimento ciò che è latente e ancora non perfettamente compiuto, e tuttavia tale ragione viene sviluppata dall’esterno, si sviluppa grazie a stimoli esterni. Questa parte della trattazione di Otto appare meno solida rispetto alla prima in cui si definisce il sacro, forse più debole e meno strutturata, ma pregevole perché prova a dimostrare come il sacro scaturisce nella coscienza dell’individuo nel tentativo anche di rinsaldare un nesso tra il momento razionale e il momento irrazionale proprio del Sacro. La parte teoretica dell’opera del sacro andò incontro a molte critiche anche mentre Otto era in vita. In particolare per gli elementi riduzionistici che finivano per appiattire l’evidente storicità della religione su uno schema, tutto sommato, rigido e forse poco rispettoso degli sviluppi storici di ogni religione. Tuttavia questo non impedisce di leggere ancora oggi Il Sacro come un tentativo poderoso e ambizioso di interpretare in chiave filosofica e fenomenologica il fenomeno del sacro come ha fatto Otto, con la definizione di tremendum et fascinans.

La religione è un sistema empiricamente dato di pratiche collegate a poteri soprannaturali. Naturalmente si rimane sul generico ma il riferimento a poteri soprannaturali, svolto al plurale oppure al singolare, svolto diciamo in modo determinato o indeterminato, anche usando termini come sacro, numinoso, trascendente, realtà in sé,   fondamento ultimo, etc…è un criterio base per capire che ci troviamo di fronte a ciò che è religione. Altrimenti non si capisce più ciò che è religione da ciò che è tifoseria calcistica. Anche le ideologie come il nazismo e il comunismo o il fascismo, erano definite da Paul Johannes Tillich, teologo protestante tedesco, della prima metà del Novecento, “quasi religioni”, perché avevano elementi di affinità con la religione ma non avevano quello status di relazione col soprannaturale. È possibile dare una definizione sostanziale di religione? Sì. Il genere religione quindi ha bisogno di una definizione di “cos’è” religione, ovverosia quando c’è esperienza di un qualcosa di sovrannaturale che spacca l’ordinarietà. E tra le specie abbiamo tutti gli altri tipi di religione, la pluralità, dal monoteismo al politeismo, dall animismo al feticismo, ovverosia il pluralismo religioso. Dovremmo saper definire religione; il filosofo della religione si pone come primo obiettivo quello di capire cos’è la religione. In fondo si ragiona un po’ aristotelicamente, come diceva il cardinal Newman: “si pensa in modo aristotelico anche se non lo si sa”. Pensare in modo aristotelico significa pensare in base alla distinzione tra genere e specie: c’è un genere che è la religione, che ha certe caratteristiche essenziali, e al suo interno ci sono le diverse specie, perché la religione ha certe differenze specifiche. Ma, per rispondere alla domanda iniziale,  quali  sono le caratteristiche essenziali della religione? In sintesi estrema: la credenza in potenze soprannaturali; la credenza in potenze soprannaturali di pratiche e culti relativi  a queste credenze. 

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