Periodico di informazione religiosa

R di RENÉ GIRARD

by | 9 Apr 2024 | Filosofia

René Girard antropologo, critico letterario e filosofo francese.

1) Qual è la cosa che amavi fare di più da piccolo?

2) C’è qualcosa che hai ripetuto in modo ossessivo, semplice, in brevissimo lasso di tempo, perché ti era piaciuto troppo e hai saputo apprendere e ripetere facile e velocemente?

3) Quali sono i modelli a cui ti ispiri o che ti ispiravano da bambina o da bambino? Pensa alle persone che stimi di più, ai tuoi eroi, in particolare alla caratteristica che più ami in loro, perché di certo è già dentro di te latente e aspetta di essere tirata fuori.

4) Chiedi al tuo migliore amico, alla tua migliore amica, a qualcuno che ti vuole bene davvero: “cosa c’è di speciale in me, per cui mi sei amico o amica, e che mi rende diverso da tutti gli altri?

René Girard (Avignone 1923 – Stanford 2015) è stato un antropologo, critico letterario e filosofo francese. Il suo lavoro appartiene al campo dell’antropologia filosofica e ha apportato importanti contributi anche al mondo della critica letteraria, della psicologia, della storia, della sociologia e della teologia. La sapienza nasce sempre da una domanda intorno al senso delle cose, al “che cos’è questo?”. Le risposte che troviamo dipendono sempre dalle domande che ci poniamo. E le domande da cui René Girard è partito sono state essenzialmente queste due:

1) Da dove viene la violenza?

2) Visto che la violenza è nostra nemica, violare è togliere uno spazio sacro, rovinare qualcosa che invece è bello e va protetto, se violenza è trattare con la morte, distruggere una cosa che è preziosa, sbagliare completamente mira, perché invece di essere nemici della violenza, le siamo tanto affezionati? Perché la violenza viene spesso giustificata? Perché la violenza è un rito che continuiamo a ripetere anziché intentare la costruzione di strade alternative ad essa?

Da buon critico letterario quale è sempre stato René Girard parte dal rendersi conto che nelle maggiori opere di narrativa europea e non solo, ricorreva uno schema comune, un cosiddetto topos, che è lo schema dell’antagonismo tra i personaggi della storia. Lo schema del conflitto e della violenza. I protagonisti in lotta tra loro in realtà però facevano valere la loro rivalità dalla ricerca, dal desiderio di incorrere in uno stesso oggetto (ad esempio la stessa donna, lo stesso affetto del padre, lo stesso misterioso tesoro prezioso). La violenza è una rivalità, riguarda sempre coloro che sono fratelli dentro la stessa comunità. Essa non è mai tanto forte come quando è tra coloro che sono in relazione intima. Girard capisce questo dalla letteratura e studia uno schema di comportamento che poi ritrova nella vita, rivelando come i romanzi non sono fuga dalla realtà, ma una porta che conduce all’autenticità del reale, poiché ci insegnano i sentimenti, squarciano il velo del materialismo e delle finzioni o protezioni con le quali ci nascondiamo spesso dalla vita, ingabbiati in atteggiamenti che gli usi e i costumi di ogni società ci impongono sommergendo l’umano che in noi e chiede di venire alla luce. Le storie della letteratura possono sempre essere le nostre storie. Già Aristotele diceva che la letteratura ha una capacità di conoscenza universale perché un grande scrittore, una grande scrittrice, è in grado di rappresentarci le dinamiche della vita. Come avviene ad esempio nei racconti biblici o nei poemi omerici, dove si può riscontrare una sapienza di vita contemporanea così attuale che ci sembra assurdo di quanto si possa restare in sintonia con autori tanto lontani e sconosciuti. Per questo chiudiamo la parentesi sulla letteratura in generale dicendo che essa rappresenta un importante strumento di autoconoscenza per l’essere umano. Tornando invece a René Girard dobbiamo dire che la scoperta della rivalità mimetica costituisce il primo passaggio nel rivelare come le società si costituiscano secondo un ordine religioso, ispirato al sacro, e alla violenza che il terrore dell’inconoscibilità del sacro produce nell’uomo primitivo. La rivalità mimetica è lo schema di comportamento comune nei personaggi della letteratura. Gli uomini desiderano non spontaneamente ma secondo il modello fornito dall’ altro. Se un bambino dimostra interesse per un giocattolo, l’altro bambino pure inizia a desiderarlo. Il mio desiderio si specchia nel desiderio dell’altro. Impariamo così a desiderare secondo il modello di riferimento che troviamo o che scegliamo. Se mio padre desidera quella cosa, io imparo che quella cosa è desiderabile. Pensate alla pubblicità commerciale: qualcosa ci viene insistemente o subdolamente mostrato come desiderabile, inizia ubiquamente a permeare la cultura, così ciò che dovrebbe essere desiderabile da molti crea in me una costrizione nel desiderio che si sente a sua volta calamitato verso quell’oggetto a cui mai avremmo pensato e che ora invece desideriamo. L’uomo è un essere mimetico, apprende per imitazione, ha bisogno di modelli. Nell’esercizio all’inizio dell’articolo chiedevo proprio di fare una verifica della nostra vita attraverso quelle domande che hanno a che fare sempre con dei modelli, con gli altri, con un oggetto verso un qualcosa con cui entriamo in relazione. Pensiamo anche ai nostri genitori: non è forse vero che se nel bene sono stati in grado di darci le cose più belle, nel male, certe ferite poi, ce le portiamo dietro per un bel pezzo crescendo fino a che non si risolvono? Se viene ferita la radice poi la pianta cresce malata e necessita di più cura, e di curare la radice, se si vuole recuperare l’integrità della pianta. All’inizio i genitori o gli altri significativi dei primi anni di vita, fungono da specchio per la costruzione dell’ identità. Il bambino cresce con l’esempio dell’adulto. La strutturazione di un’identità si forma a poco a poco in base a quello a cui ci rimandano le persone adulte per noi importanti. Per Girard occorre donare una doppia libertà al giovane che cresce, al bambino e alla bambina che assorbono le azioni che fai, l’esempio che dai, i sentimenti che fai respirare:

  1. Donare la libertà di assomigliarci nella misura in cui impara qualcosa dalla vita crescendo, per cui dobbiamo donare loro non la libertà come possibilità di scegliere o meno se essere educati, se avere un orientamento religioso o se accettare o meno l’istruzione scolastica. Varrebbe lo stesso allora se dessimo loro la possibilità di scegliere se nutrirsi o meno, se vestirsi o meno, se essere riparati da una casa o meno. No. La vera libertà di assomigliarci e di imparare significa offrire loro la libertà di inaugurare, di avviarsi ad un percorso formativo di crescita e di cura liberante del loro potenziale umano. E l’umano è l’unico essere sulla terra che richiede estrema cura durante il suo processo evolutivo: cura fisica, psicologica, sociale e spirituale.
  2. Donare la libertà di essere diverso, libertà di sbagliare, di deludere gli altri e di deludersi. 

E’ tanto importante dare questa doppia libertà che consente la formazione dell’integrità del figlio. Per Girard il male non si radica nel fatto che noi cresciamo nell’imitazione. L’imitazione dice che noi cresciamo in relazione con gli altri, che la nostra identità si forma attraverso la relazione con gli altri e non in maniera autonoma. Ma cos’è che rende perverso il meccanismo della crescita e porta al male? La cattiva imitazione, l’imitazione malata, quella dove non c’è più la libertà. Nel ‘900 si è riflettuto sul punto di aggressione del male nei nostri confronti. Da dove viene questa aggressione? Per Freud abbiamo visto che essa veniva dalla pulsione di morte, distruttiva, biologica che ci abita. Per Girard invece l’ipotesi è che il male nasce dal desiderio malato, dal momento in cui sbagliamo a proiettarci nella vita con un desiderio distorto. Ogni autore traduce male con un suo termine, con un’altra categoria: per Freud era pulsione di morte, distruttività. Per Girard il male è violenza, sacrificio, ovvero sacralizzazione della violenza. Male è laddove esiste violenza fisica, psicologica, ricatto morale. Quando l’imitazione non è una leva per crescere ma uno strumento di soffocamento dello sviluppo della persona questo meccanismo dell’imitazione si può dire ormai malato. Quando c’è l’imitazione malata c’è un doppio vincolo contraddittorio; cioè l’adulto dice al figlio “imitami!”, ma nel messaggio non verbale dice invece: “non ti azzardare ad imitarmi perché grande sono solo io!”. Un messaggio contraddittorio che perverte una relazione d’amore in una relazione di potere. Quindi anche qui un rapporto d’amore rischia di trasformarsi un rapporto di schiavitù, di violenza psicologica dove c’è chi esercita un potere a danno di un altro. Su scala collettiva il mimetismo malato può generare violenza. Dal mimetismo, dall’imitazione si genera una cultura di massa che è il conformismo. In Italia, tra gli anni ’20-’30 erano tutti Fascisti, poi tutti Democristiani, poi tutti Berlusconiani, poi tutti LGBTQ+. Distinguersi non significa credersi superiori ma credere che ognuno abbia la sua, inalienabile dignità. Perché per Girard dal mimetismo si genera la violenza? Se tutti e due desideriamo la stessa cosa, se tu desideri una cosa e io anche inizio a desiderarla, allora l’imitazione nel desiderio diventa imitazione nella rivalità. Seguendo questa tendenza imitativa del desiderio non spontaneo, ma desiderio imitativo insorto dalla relazione con l’altro, col desiderio dell’altro (io voglio essere il desiderio dell’altro), c’è il rischio di incappare in una guerra tutti contro tutti. Dunque se l’umanità segue il DESIDERIO IMITATIVO MIMETICO, non il DESIDERIO SPONTANEO (innamoramento), è una umanità che vive nella guerra di tutti contro tutti dove ognuno persegue i propri interessi egoistici. L’amore vero è non smettere di volere bene anche quando l’altro mi delude, mi ferisce, mi abbandona. Ognuno di noi deve crescere in un amore originale, autentico. Amare  è non giudicare sul merito, sulla colpa o ricatto morale, sull’aspetto fisico, sulla prestazione. Il singolo essere umano o la collettività inizia con il desiderio mimetico. La crescita vera è quando il desiderio non procede più in modo meccanico, imitativo, ma in modo originario. Se si provano atteggiamenti imitativi, tra gli esseri umani è sempre competizione( parola gentile per dire guerra). Per limitare la competizione e la guerra violenta di tutti contro tutti, c’è un’auto limitazione della violenza che, al fine di garantire lo sviluppo e la crescita nella coesione sociale di un gruppo, elegge una vittima e la sacrifica, generando fratellanza di tutti contro uno. La religione, non come fede in Dio ma come giustificazione del potere, ha adottato spesso questo schema. Gesù ha offerto la sua vita per amore, non ricusando di subire la passione, non rinunciando ad amare fino alla fine. E spesso fraintendiamo la croce ponendo al centro del suo messaggio non il desiderio autentico di amare fino alla fine senza paura, perché quell’amore come dimostra la Risurrezione di Cristo, non conosce la morte eterna ma vita nuova. Al posto di questo messaggio abbiamo preferito porre semmai come valore della croce l’importanza del sacrificarsi, del rendere sacra la violenza se per fini più importanti dell’uomo. Per Girard il sacrificio è violenza legalizzata, divinizzata, regolamentata, ritualizzata, che scongiura il tutti contro tutti e permette il passaggio al tutti contro uno, eleggendo un capro espiatorio, e di capri espiatori la storia ne ha selezionati e continua ad eleggerne di tanti. Da Cristo agli Ebrei, dai migranti ai neri, dai santi e martiri ai bambini e alle donne, dai dissidenti politici alle minoranze religiose nel mondo perseguitate. Davanti ad un nemico comune siamo tutti fratelli, fratelli violenti. Siamo legati nella vita a quelle persone che non ci hanno donato per dovere, né a coloro che ci hanno fatto pesare le cose per sacrificio; ma siamo legati a coloro che ci hanno donato anche le cose più piccole con gioia. Il sacrificio, anche se per le migliori cose al mondo, svilisce la vita e la libertà dell’uomo, perché il rapporto sacrificale è asfittico e infelice, non tiene conto della libertà dell’amore. Per Girard la coesione sociale avviene sulla base del sacrificio, proprio sia delle società religiose che delle società moderne o atee, perché è facile assistere oggigiorno a logiche di sacrificio soprattutto nel mondo economico, sanitario, politico, lavorativo, ed educativo scolastico. La terapia di Girard è individuata da lui in tre passaggi. Nel nostro linguaggio è normale che davanti ad una catastrofe naturale distinguiamo “vittime-innocenti”, come se esistessero “vittime-colpevoli”. Questo implica che per noi è normale che esistano le vittime, che non ci sia benessere per tutti, giustizia per tutti. Per noi è normale che qualcuno stia male al posto nostro:”Poteva andare peggio. Poteva accadere a me”. Allora Girard dice che c’è un cammino alternativo, e questo è importante non tanto per rincuorarci. Molti di noi preferiscono sacrificarsi che essere felici. C’è un’alternativa al male, non è affatto un destino. E gli ingredienti per sconfiggere il meccanismo sacrificale parte da:

1) CONOSCENZA dello schema classico, ripetuto: non c’è un desiderio autentico, c’è un desiderio imitativo (seguire tutti la stessa moda, pensare di aver scelto con la nostra testa e invece dimenticarci di aver scelto ciò che ci proponevano insistentemente), c’è coazione ad essere uguali tutti quanti, c’è conformismo, e alla fine c’è la vittima, qualcuno che paga per tutti e c’è esclusione, ciò significa che questo è un meccanismo sacrificale da rifiutare. Il male che facciamo ci ricade addosso, le omissioni che compiamo, ci ricadono addosso. Il male allora lo compie chi “non sa”, “spegne la ragione, si conforma e sceglie di non scegliere”. Non essere attenti e non aver avuto cura, non è una scusa, non è perdonabile. Il sacrificio significa far pagare il male che faccio io a qualcun’altro. Occorre allora restare con gli occhi aperti per capire quando una cosa è inaccettabile e non compromettersi col male.

2) PERDONO: siccome ho subito un’ingiustizia, non perpetro la catena del male arrogandomi il diritto di vendicarmi. Quando mi sento vittima e voglio punire chi mi ha fatto del male posso produrre un male più grande di quello subito. Con la rabbia di chi si sente vittima faccio del male peggiore. Il male è un contagio ed è bene spezzarlo. Perdonare significa non raccogliere il sasso contro chi me ne ha già lanciato uno. Significa non chiedere ad un altro di prendere e lanciare il sasso al posto mio, e soprattutto significa insegnare agli altri, dopo di me, a non lanciare mai sassi contro qualcuno.Perdonare significa disporsi a non fare vittime.

3) IMITARE IL VIVERE DI GESU’ CRISTO perché per René Girard, il Cristo dei Vangeli è stato così originale, così non sacrificale, così liberante, che costituisce l’unico riferimento imitando il quale non perdiamo la nostra originalità ma diventiamo noi stessi. Perché? Perché Cristo non ha mai presentato la Croce come sacrificio. La parola sacrificio c’è due volte nei vangeli ma per  essere esclusa (Mt 9,7 e Mt 12,3). In sintesi, a proposito del sacrificio, Gesù dice che il Padre non vuole il sacrificio ma la misericordia, cioè il perdono gratuito, l’accoglimento, l’abbraccio anche per il violento. Ci hanno portato a pensare o che Dio non esiste o che se esiste deve per forza di cosa essere sadico. Dio ci dona la ragione e poi ci chiede di accettare tutto acriticamente? No, non si tratta di rinunciare alla libertà, ma di essere pienamente umano, pienamente integro. Misericordia non è distruggere, ma vivere l’accoglienza, la solidarietà , le relazioni con nuova linfa vitale, col perdono, la passione e la gratitudine. Misericordia è evitare di compiere il male, e se lo si è compiuto credere nel perdono di sé e nel perdono per gli altri, vivendo felicemente anche certe tristezze, certi della speranza nel bene. Dio non vuole il sacrificio, perché non è autentico il tuo cuore laddove abita la violenza. L’amore autentico si attua senza e contro il sacrificio, anche se deve sopportare rinunce e sofferenze. La rinuncia come tale non è distruttiva se è un movimento dell’amore che sceglie la vita e il bene dell’amato o dell’amata. 

Cosa ci ha insegnato allora Girard?

1) Che il male non è un destino. Siamo vulnerabili, non siamo immuni, ma non ha mai il potere automatico di renderci schiavi, noi possiamo dire di no, noi siamo liberi.

2) Che solo l’amore amore salva, non la sofferenza o il dolore o la violenza. La sofferenza schianta, mentre l’amore ci permette di restare in piedi, di sopportarla, di attraversarla, di subirla senza soccombere nel nocciolo della nostra identità indistruttibile.

Siamo al mondo per aderire pienamente alla vita anche fronteggiando la malattia, la povertà, l’oppressione politica. Ma la bellezza della vita resta grande se l’affrontiamo insieme e l’affrontiamo con un amore che risponde al nostro desiderio d’amore. Allora la possiamo pure trasformare, la possiamo raccontare e portare esperienze di liberazione. Allora per uscire dal male del sacrificio, della violenza immotivata, falsa, razionalizzata, occorre una via concreta, pensare e seguire una persona precisa, qualcuno che sentiamo vivo e credibile. Iniziate pensando a qualcuno che amate, partite da lì, e verificate che non sia la vostra vittima. Chiedetevi “Ma per caso io ho fatto vittime?”. “C’è qualcuno a cui io ho voltato le spalle, vittima della mia poca integrità?”. Iniziate allora a cambiare questo e dite “io voglio credere nella vita di quella persona!”. Amare qualcuno non è qualcosa di sentimentale, ma è credere nel valore della vita degli altri, credere nel bene possibile degli altri. Quando ti dedichi a questo con gioia, non per dispiacere, non per sacrificio, ma perché sei veramente convinto che la felicità dell’altro è la tua felicità, allora sei diventato finalmente te stesso, hai raggiunto un’integrità e una pace che nessuna esperienza al mondo ti darà.

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