Dal 7 ottobre 2023, l’occupazione israeliana nei Territori Palestinesi, inclusa Gerusalemme Est, ha prodotto non solo una devastazione umana e infrastrutturale senza precedenti, ma anche un attacco sistematico al cuore della memoria storica e culturale palestinese. È quanto emerge dal Report della Commissione Internazionale Indipendente d’Inchiesta sui Territori Palestinesi Occupati, recentemente presentato al Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite.
Secondo l’UNESCO, fino al 29 novembre 2024 75 siti culturali e religiosi sono stati danneggiati o distrutti nella Striscia di Gaza:
- 10 luoghi di culto,
- 48 edifici storici e artistici,
- 3 depositi di beni culturali mobili,
- 6 monumenti,
- 1 museo
- e 7 siti archeologici.
Una devastazione che, secondo la Banca Mondiale, ha raggiunto il valore di 120 milioni di dollari in danni diretti e 55 milioni di perdite economiche. Nel 2014, lo stesso indicatore si fermava a 1,2 milioni: l’incremento è di quasi 100 volte.
Chiese e moschee sotto assedio
Uno dei casi più emblematici è quello della Chiesa Ortodossa di San Porfirio, una delle più antiche chiese attive al mondo. Il 19 ottobre 2023, un attacco aereo ha colpito un edificio nel complesso ecclesiastico mentre 450 cristiani sfollati vi trovavano rifugio. Il bilancio: 19 morti, tra cui 8 bambini e 5 donne, e 12 feriti. Secondo la Commissione, l’attacco è stato probabilmente condotto con bombe imprecise. Tel Aviv ha affermato di aver colpito un centro di comando di Hamas “adiacente”.
Altre moschee storiche sono state colpite con gravi conseguenze:
- Il 15 novembre 2023, l’attacco alla moschea Ihya al-Sunna durante la preghiera serale ha causato la morte di 109 membri del clan Dogmush, compresi 13 donne e 9 bambini.
- Il 10 agosto 2024, la moschea Saad al-Ghafari nel complesso scolastico Al-Taba’een è stata colpita durante le preghiere mattutine. Sono morti almeno 90 civili, tra cui 11 bambini.
Nel West Bank, la moschea Al-Ansar di Jenin è stata bombardata il 22 ottobre 2023. Anche se l’esercito israeliano sostiene che contenesse una “cellula terroristica”, la Commissione non ha trovato prove indipendenti a sostegno.
Musei in rovine, opere trafugate
A dicembre 2023, il Pasha Palace Museum – gioiello ottomano del XIII secolo nel centro storico di Gaza – è stato colpito due volte, raso quasi al suolo da bombardamenti e bulldozer. Antichità e reperti sono stati distrutti o trafugati. Il vicino Samaritan Bathhouse, tra gli edifici più antichi della Striscia, è stato anch’esso ridotto in macerie.
Le autorità israeliane hanno ammesso di aver attaccato il bagno pubblico per colpire una presunta rete di tunnel di Hamas, ma la Commissione non ha riscontrato necessità militari tali da giustificare la completa distruzione.
Il museo dell’Università Israa, l’hotel-museo Al-Mat’haf, e un magazzino dell’École Biblique et Archéologique Française de Jérusalem sono stati oggetto di possibili saccheggi. L’esercito israeliano ha negato ogni responsabilità.
Archivi e centri culturali presi di mira
Anche l’archivio centrale di Gaza City, contenente 130 anni di documenti storici, è stato dato alle fiamme il 29 novembre 2023. Secondo la Commissione, l’incendio è stato probabilmente doloso. Nessuna ammissione o spiegazione è mai arrivata da parte delle forze israeliane, presenti in città in quei giorni.
Il Centro culturale Rashad al-Shawa, fulcro della vita sociale e artistica del quartiere Rimal, è stato colpito due volte a novembre 2023. Per la Commissione, è stato preso di mira come “power target”, cioè obiettivo simbolico, senza necessità militare.
Gerusalemme e Cisgiordania: la riscrittura selettiva della storia
Nel West Bank, le violazioni non si limitano ai bombardamenti. La Commissione ha documentato confische, scavi e turistificazione selettiva di siti culturali. Le autorità israeliane hanno promosso solo il patrimonio ebraico, escludendo o oscurando quello musulmano, cristiano o romano. Palestinesi e archeologi israeliani hanno denunciato che questi interventi distortono la pluralità storica della regione.
Il 2 febbraio 2025, coloni israeliani hanno incendiato una moschea nel villaggio beduino di Al-Mu’arrajat, vicino a Gerico. In precedenza, nel dicembre 2024, un altro attacco aveva colpito la moschea di Marda, imbrattata da graffiti razzisti. Nessun arresto è mai avvenuto.
Anche l’archeologia diventa arma politica
La valorizzazione di siti archeologici nella Cisgiordania occupata – spesso aree già amministrate dall’Autorità Palestinese – si traduce in strumenti di annessione e insediamento. Un esempio emblematico è Sabastiya, antica capitale del Regno d’Israele, che ha ricevuto nel maggio 2023 un finanziamento governativo di 32 milioni di shekel per essere sviluppata a favore della narrazione ebraica, escludendo sistematicamente le testimonianze cristiane, musulmane e romane.
Stesso destino per la comunità palestinese di Khirbet Susiya, espulsa nel 1986 dopo la scoperta di un’antica sinagoga. Oggi, la zona è gestita da coloni e presentata esclusivamente come sito del patrimonio ebraico. Identica operazione si ripete nel quartiere di Silwan, a Gerusalemme Est, dove il sito archeologico di “City of David” è al centro di una massiccia campagna di demolizioni ebraicizzanti. Solo nel 2024, sono state abbattute 24 abitazioni e un centro comunitario palestinese per far spazio al progetto turistico “King’s Garden”.
Nel gennaio 2023, la gestione dei siti archeologici in Cisgiordania è passata dal comando militare al Ministero del Patrimonio, trasformando di fatto un’attività militare in azione civile e spianando la strada all’Israeli Antiquities Authority, la cui giurisdizione è stata approvata in via preliminare dalla Knesset il 10 luglio 2024. Un cambiamento che la Commissione d’Inchiesta delle Nazioni Unite definisce “atto chiaro di annessione illegale”.
Gli attacchi al patrimonio culturale sono crimini di guerra
La Commissione ONU ha concluso che molti di questi attacchi sono crimini di guerra.
Gerusalemme Est e il sito sacro di Haram al-Sharif/Monte del Tempio sono teatro di continue provocazioni. Dal 2023, aumentano restrizioni all’ingresso dei fedeli palestinesi, irruzioni della polizia e preghiere provocatorie da parte di politici di destra come Itamar Ben Gvir. Le incursioni avvengono nonostante la lunga tradizione di status quo gestita dal Waqf giordano.
Non solo Islam: tra dicembre 2021 e dicembre 2024, sono stati documentati oltre 50 attacchi contro chiese e cristiani, in gran parte impuniti. Nel 2025, persino istituzioni culturali come il Centro Culturale Yabous, il Teatro El-Hakawati e il Conservatorio Edward Said sono stati chiusi o perquisiti.
Le evidenze raccolte dalla Commissione delle Nazioni Unite delineano una strategia complessa e sistematica: la distruzione del patrimonio palestinese come strumento di conquista territoriale, negazione identitaria e annichilimento culturale. Il danneggiamento intenzionale di siti religiosi, culturali ed educativi, la negazione dell’accesso, la riscrittura storica, e l’esclusione dei palestinesi dalla loro stessa terra e memoria collettiva rappresentano, secondo il diritto internazionale, violazioni gravi dei diritti umani e dei principi umanitari.
L’annientamento del patrimonio culturale palestinese non è solo una questione di storia, ma di sopravvivenza di un popolo.
Le “raccomandazioni” finali
Le Nazioni Unite, attraverso la Commissione d’inchiesta sui Territori Palestinesi Occupati, hanno formulato una serie di raccomandazioni al Governo di Israele riguardo alla distruzione del patrimonio culturale palestinese e alle violazioni dei diritti umani connessi. In sintesi, l’ONU chiede a Israele di porre fine immediatamente all’occupazione illegale del territorio palestinese, cessare l’espansione degli insediamenti e rimuovere insediamenti e coloni in conformità con l’opinione consultiva della Corte Internazionale di Giustizia del luglio 2024. Israele deve interrompere gli attacchi contro istituzioni culturali, religiose ed educative, smettere di usare scuole e siti culturali per scopi militari e rispettare pienamente le misure provvisorie ordinate dalla Corte Internazionale.
Si richiede inoltre il rispetto della Convenzione dell’Aia per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, anche attraverso il sostegno attivo alla salvaguardia del patrimonio culturale nei Territori Palestinesi Occupati. Israele deve proteggere il diritto dei palestinesi all’istruzione, alla partecipazione alla vita culturale e all’accesso al patrimonio, restituendo reperti sequestrati e riconoscendo tutte le componenti culturali e religiose dei siti storici. Devono essere garantiti rimedi efficaci alle vittime, condotte indagini indipendenti sui crimini commessi da tutti gli attori, e perseguiti i responsabili.
Inoltre, si sollecita Israele ad aderire alla Dichiarazione sulle Scuole Sicure, a proteggere la libertà d’espressione e di associazione, e a fornire supporto psicologico ai bambini. Infine, si chiede alla Palestina di tutelare anche il patrimonio culturale non palestinese, di collaborare con l’UNESCO per la protezione dei beni culturali, e a tutte le parti, inclusi gli attori non statali a Gaza, di rispettare il diritto internazionale umanitario, evitando l’uso militare di strutture civili. Gli Stati membri devono cessare ogni forma di assistenza a violazioni del diritto internazionale e promuovere la responsabilità per crimini e abusi gravi.