Periodico di informazione religiosa

SCOMMESSE, NAZIONALE DI CALCIO GUERRE, ORATORIO E FAMIGLIA

by | 19 Ott 2023 | Cronaca

Parlare di Nazionale di calcio, di scommesse, in questi tragici giorni in cui Israele e Palestina, la Terra Santa, quella dei luoghi di Gesù Cristo, della Vergine, la culla della nostra cristianità, è in fiamme, può sembrare anacronistico e di cattivo gusto. Ma sui media impazzano le notizie sulle scommesse nel calcio e sulla Nazionale, se si qualifica o no ai prossimi Europei. Intanto dico che con quello che sta accadendo in Ucraina, è assurdo che quella Nazione e la Russia partecipino alle qualificazioni europee e pensino a giocare a calcio. Esiste, nella bombardata Ucraina, una Federazione calcio che coordini la Nazionale? I calciatori hanno parenti – genitori, fratelli, sorelle – vittime della guerra? Non è dato sapere. Comunque, l’Ucraina gioca in altri Paesi le partite in casa, come quella con l’Italia, il 20 novembre prossimo, che si disputerà a Leverkusen, in Germania. E gli ucraini giocano anche con buoni risultati, visto che saranno proprio loro, gli ucraini, ora secondi nel girone davanti all’Italia, contendere agli azzurri l’ingresso agli Europei.
Ma parlarne sarebbe fuori luogo se il calcio fosse solo spettacolo. Il calcio, in Italia, invece, è la seconda o terza industria, legale, del Paese. Basta guardare alcuni dati. Secondo la Figc (Federazione italiana giuoco calcio), il calcio professionistico in Italia produce un valore di circa 3,5 miliardi di euro, che sale a quasi 5 miliardi considerando i dilettanti e a 16 miliardi con l’indotto. Eppure la Nazionale italiana, purtroppo, stenta. Doveva restare il Ct Mancini ad affondare con la nave, invece si è dimesso ed è andato verso altri lidi, a guadagnate tanti, tanti soldi nei Paesi arabi. Oggi la Nazionale è veramente poca cosa. E non è certo colpa del povero Spalletti, il nuovo Ct, che sappiamo tutti essere bravo e anche motivatore. E chissà se riuscirà a fare il miracolo, vincendo le prossime, e ultime due (l’ultima proprio contro l’Ucraina, come dicevo, la martoriata Ucraina). Mancano giocatori di grande impatto, di grande esperienza e professionalità, di classe, di talento vero. I Chiellini, i Bonucci, i Cannavaro, i Barzagli, i Nesta, i Maldini, i Del Piero, i Totti, solo per citarne alcuni delle ultime generazioni, da chi sono stati rimpiazzati? Il problema è che tra quelli che fanno parte della rosa oggi, solo un paio, al massimo, potrebbero avere potenzialmente quelle caratteristiche, ma i loro predecessori erano quasi tutti i migliori e tra i migliori d’Europa. Oggi il calcio italiano non sa più tirare fuori – o scovare – i grandi talenti e nei giovani c’è solo il miraggio dei soldi. E veniamo al punto.
Se fate caso, quando arrivano in una squadra nuova, oramai il refrain dei calciatori è sempre lo stesso, per tutti: “da bambino sognavo di indossare questa maglia”. La frase corretta sarebbe: “da bambino sognavo di guadagnare tanti soldi”. E non bastano neppure, perché ci mettono anche le scommesse. Come fa un professionista a non pensare o sapere che non può farlo? Un giovane ventenne che guadagna in un anno più di quanto il papà e la mamma abbiamo guadagnato in una vita? Che non può scommettere praticamente sul gioco che lui stesso pratica? Si può fare anche con princìpi sani, per carità, ma l’ombra del sospetto, poi, si allunga comunque. Perché, i calciatori ludopatici (lo dico in buona fede, secondo quanto riferiscono i media, specializzati e non, a livello nazionale), non scommettono sui cavalli, sul Baseball, sol softball, sul basket, sul rugby, sui campionati di serie A di bocce e boccette, sul curling. E, tornando ai nostri gladiatori azzurri – che ce la mettono tutta, per carità – c’è anche poca fisicità. E con l’Inghilterra è stato più che evidente.
Non illudiamoci, siamo nella medio bassa classifica, oggi, a livello europeo, e bassa a quello mondiale. Ci vorrà molto tempo e gente brava, dalla Figc alla panchina, per ricostruire una squadra competitiva. Ma prima bisognerà ricostruire il campionato. Attualmente mediocre. L’esempio è Donnarumma: che il miglior portiere d’Italia e titolare della Nazionale, non giochi nel campionato italiano, forse, a memoria, è il primo caso nella storia del calcio nostrano. La strada non è difficile: basta ridurre gli ingaggi, è sufficiente eliminare la figura del procuratore e lasciar fare tutto alle società. Bisogna tornare negli oratori, come il Don Bosco, e ripartire da lì. Bisogna che i genitori non vadano a guardare le partite dei figli, ai quali non inculcano più che devono imparare il “latinorum” o la matematica, secondo la loro indole, e il resto è puro divertimento, ma comprano loro sempre di più e sempre più precocemente le play station, con i campioni. E dicono, ai loro figli, che devono diventare calciatori, in una sorta di lavaggio del cervello, se vogliono guadagnare soldi facili e subito. Addirittura, per diversi campioni del calcio, i procuratori o agenti (come per gli attori/ci) sono la mamma o il papà. Ed ecco il disamore di oggi per le squadre di club, parlo delle italiane in particolare, per la nazionale italiana. L’avidità, la voglia di girare in Ferrari a vent’anni, di frequente i migliori ristoranti, comprare le cose più costose, e – siamo all’aspetto peggiore della situazione – far passare nei giovani il modello che quelle sono le necessità, lo status symbol. Hai voglia le Università a insegnare cose, hai voglia sacerdoti e vescovi a diffondere il Vangelo. Sembrerà assurdo, ma se ci riflettiamo bene, la oggi tanto di moda scristianizzazione parte anche da tutto questo. Parte anche da una nazionale di calcio che, dopo aver mancato la qualificazione ai mondiali del Qatar del 2022 (per la seconda edizione di seguito), rischia di non andare all’Europeo di Germania 2024. Ma se il calcio è la seconda o terza industria d’Italia, chi è che muove questa disciplina? I giovani, il potere è nelle loro mani. Ma è un potere folle, sbagliato, perché i fili vengono mossi, come nelle guerre, dai ricchi senza scrupoli e senza Dio. Che manovrano menti deboli e fragili. I numerosi appelli del Santo Padre Papa Francesco, per far cessare questo inutile massacro in Terra Santa, in Ucraina, in Africa, cadono nel vuoto. Basta vincere una partita di calcio con la Nazionale e tutto si dimentica, si festeggia. I giovani calciatori, ma soprattutto i genitori dei giovani calciatori, hanno una grande arma in mano: l’umiltà, la modestia, il grande amore da dare ai figli, che non è la play station o il telefonino ultimo uscito. Ma devono fare in modo che i loro figli e figlie tornino ad affollare gli oratori, lasciare che giochino si a calcio, ma per divertimento, non con la prospettiva di guadagnare tanti soldi e facili. Altrimenti si cresce vuoti, senza la capacità di discernimento. Come quei poveri giovani calciatori che scommettono, poco più che ventenni, come quei poveri giovani che vanno a morire in guerre che non sono le loro, che non hanno voluto loro. L’oratorio una volta significava una cosa: famiglia. E, allora, domandiamoci: c’è ancora la famiglia?

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