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Turchia, crocevia del mondo: tra diplomazia di pace e dialogo ecumenico

da | 15 Mag 2025 | Cronaca

Istanbul, 15 maggio – Nicea, 26 maggio: due date che proiettano la Turchia al centro della scena globale, tra i riflettori della diplomazia internazionale e il risveglio di un’antica speranza cristiana.

Mentre il conflitto in Ucraina entra nel suo quarto anno e le tensioni internazionali sembrano senza tregua, Istanbul si prepara a ospitare, il 15 maggio, quello che potrebbe essere il vertice decisivo per aprire spiragli concreti di pace tra Mosca e Kyiv. A proporlo è stato Vladimir Putin, a raccoglierlo Volodymyr Zelensky, deciso a incontrare il presidente russo “faccia a faccia, senza condizioni”, nel cuore della Turchia. Intorno a questo possibile incontro, si muove un’inedita danza diplomatica, in cui la figura di Recep Tayyip Erdogan emerge come regista attivo e credibile.

La Turchia è oggi il Paese che il mondo guarda per la diplomazia di pace, per gli aiuti globali, per il sostegno e la mediazione”, ha dichiarato con forza il presidente turco, annunciando la sua disponibilità a ospitare i negoziati tra Russia e Ucraina. Un ruolo guadagnato sul campo, con contatti continui – da Zelensky a Trump – e con la determinazione a trasformare la Turchia in una piattaforma neutrale di dialogo e riconciliazione.

E non è tutto. Dieci giorni dopo questo snodo cruciale per il destino dell’Europa orientale, sarà la volta di Nicea, città simbolo della cristianità, dove il 26 maggio si ritroveranno Papa Leone XIV e il Patriarca Ecumenico Bartolomeo per commemorare insieme i 1.700 anni dal primo Concilio ecumenico di Nicea del 325.

Un evento storico e simbolico al tempo stesso. Nicea – oggi Iznik, in Asia Minore – fu il luogo in cui la Chiesa cristiana affermò la propria unità dottrinale, pronunciando per la prima volta il Credo. Oggi, a 17 secoli di distanza, la Turchia si fa nuovamente ponte tra Oriente e Occidente, accogliendo due leader spirituali che intendono rilanciare il dialogo tra Roma e Costantinopoli. Un gesto profetico, concepito dal compianto Papa Francesco e ora raccolto con vigore dal suo successore.

Stiamo preparando l’incontro. È una priorità”, ha confermato Papa Leone XIV, mentre Bartolomeo ha già annunciato la sua presenza all’intronizzazione del Pontefice il 18 maggio a Roma, da cui partirà poi il cammino condiviso verso Nicea. Ma l’obiettivo non è solo commemorativo: è tracciare un nuovo cammino ecumenico, che possa portare a riconoscimenti reciproci, iniziative comuni e, forse, un giorno, alla tanto auspicata unità delle Chiese.

In questa primavera densa di attese e simboli, la Turchia si ritrova centro simbolico, diplomatico e spirituale del mondo. Tra gli incontri per la pace e quelli per la fede, tra le tensioni geopolitiche e la sete di unità religiosa, è Istanbul – e poi Nicea – a offrire una sponda, un’occasione, una possibilità.

Erdogan non nasconde l’ambizione: “Come unico Paese fidato da tutte le parti, siamo pronti a contribuire a ogni sforzo di pace”. E nel frattempo, accoglie anche la storica rinuncia armata del PKK curdo, vista come un segnale di distensione interna e di consolidamento della sicurezza regionale.

Mentre Trump si muove nel Golfo, l’Europa prova a ricucire le lacerazioni ucraine e Mosca resta in silenzio tattico, sarà la Turchia – e il suo ruolo chiave – a decidere se il futuro immediato del mondo seguirà la via delle armi o quella del dialogo.

Un duello diplomatico tra Zelensky e Putin potrebbe aprire nuovi scenari, ma a Nicea, solo pochi giorni dopo, sarà il tempo del dialogo fraterno, della memoria comune e del coraggio di credere che anche dopo le fratture, può rinascere l’unità.

In questo maggio, la Turchia non è solo crocevia di popoli, ma cerniera tra guerra e pace, tra secolarità e spiritualità, tra l’urgenza del presente e l’eco della storia.

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