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Un giorno smetteremo di morire. Un romanzo di Roberto Pasolini

by | 5 Giu 2023 | Recensioni

Si corre sempre un grande rischio quando si racconta una storia, è il rischio di far entrare inconsapevolmente gli altri nel proprio cuore ed esporre tutto ciò che la vita ivi vi ha lasciato. Bisognerebbe sempre entrare in punta di piedi nel cuore altrui, ma Roberto Pasolini (cappuccino, biblista e tanto altro) ha consapevolmente scritto un romanzo spalancando deliberatamente le porte e le finestre della sua vita, regalandoci un tuffo nel suo cuore e nel suo personale sguardo su Dio, sul mondo, sulle cose.

Ma perché un romanzo scritto da un biblista? «Sono sempre stato poliedrico e allergico alle conoscenze troppo unilaterali delle cose» (21) scrive Pasolini, ed ecco che viene alla luce Un giorno smetteremo di morire” (San Paolo, 2023) piccola perla capace di fare due cose: raccontare una storia vera e allo stesso tempo bagnarla nella luce del Vangelo. Una storia non è vera solo quando racconta esattamente fatti accaduti nella successione raccontata, ma è vera perché indica costantemente la Verità delle cose. La storia è un pretesto per dire qualcosa di vero, e Roberto Pasolini ha ben compreso che la credibilità di una cosa vera la si coglie solo nelle storie concrete delle persone, lì dove tutto invece appare caotico, confuso e buio. Allora un banale guasto alla metro mette inscena un profondo dialogo tra una donna, affermata medico, moglie e madre, ma con la vita piena di ferite e cose irrisolte, e un originale frate cappuccino che tra un andirivieni di pensieri e ricordi del passato, cerca di entrare nel cuore del dolore altrui, offrendo il proprio come strada: «Un giorno ho iniziato a capire che le pause, nella vita, non sono solo una scocciatura. Possono essere anche delle opportunità, come le carte degli imprevisti al Monopoli. A volte basta solo attendere e cercare cosa si nasconde dietro a quelle cose immobili e prive di senso che talvolta ci sbarrano la strada» (49).

La logica dell’incarnazione ci ricorda che Dio lo si capisce solo quando si mescola all’esperienza. Avere uno sguardo sulla propria ci aiuta a rintracciare le sue orme anche in quella altrui. Nessun intento moralistico, ne alcuna saccente soluzione alla complessità della realtà, Roberto Pasolini incede nel suo racconto con la delicatezza di chi sta maneggiando qualcosa di fragile, il cuore umano, e ci insegna così che la prima maniera di voler bene a qualcuno è ascoltarlo. E così, passo dopo passo, emergono punti di luce che riscrivono il finale di una storia: «Se restiamo fedeli alla realtà, anche quando ci sembra di non avere più le forze per farlo, è come se iniziassimo a smettere di morire. Così, infatti, facevano i primi cristiani quando si battezzavano: entravano in una sorta di tomba, una vasca piena d’acqua, e poi uscivano dalla parte opposta, lasciandosi la morte alle spalle. Liberi di camminare verso il cielo, perché poi alla fine a questo ci serve l’amore» (148).

Si aggiusterà il guasto alla metro? Si aggiusteranno gli inciampi della vita dei due protagonisti? Roberto Pasolini ci conduce a un finale che spalanca le possibilità, ma alla maniera del Vangelo, cioè senza chiudere il destino in una sola opzione possibile. In fondo «il giorno è appena cominciato» (154).

Roberto Pasolini

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