Periodico di informazione religiosa

Venerdì della II settimana di Pasqua. Il Tempo di Pasqua con Gregorio Magno

by | 12 Apr 2024 | Monasteria

Venerdì della II settimana di Pasqua

Ai discepoli capita come a Gesù: il potere li vuole teme le persone libere e vuole eliminarle. Come Nicodemo aveva difeso Gesù, ora si erge il grande maestro Gamaliele a difende gli apostoli. E non solo per rispetto della legge, che i capi dovrebbero conoscere e osservare più di oguno. Gamaliele è un nome molto famoso nel giudaismo, è il primo nipote di Hillel il Grande, fariseo di buona volontà e figura di rifermento nella formazione della Mishnah. Le sue parole suggeriscono una sana teologia della storia: «Badate a non mettervi contro Dio!». Dio agisce nelle novità della storia, che lui vuol portare a salvezza. Il male ultimamente finisce sempre male e la forza del bene non si può arrestare. I capi si allineano per il momento al consiglio di Gamaliele, che si pone sulla linea dei profeti che stanno attenti al disegno di Dio nella storia e non al disegno dei potenti. Sono persone aperte e libere come Gamaliele a fare le scoperte più interessanti, persone che si fanno disposte ad ammettere che le cose possono essere diverse da come pensavano. «E se questi sono da Dio?», questo dubbio, questa sorpresa fa scattare la molla del suo intervento. Gamaliele, da buon studioso, sa che la storia della salvezza la dirige Dio. Possiamo anche fare il male, ma non riusciremo a vanificare quel disegno che Dio scrive giorno dopo giorno. Scomparirà subito chi non è da Dio, magari dopo qualche momento di celebrità. Ma chi è da Dio, nessuno potrà fermarlo!

Gregorio Magno, Commento morale a Giobbe 14, 60

“Perché vi accanite contro di me come Dio e non siete mai sazi della mia carne?” Dicendo che Dio lo perseguita, Giobbe non si scosta dal linguaggio della pietà filiale. Dio, infatti, è un persecutore buono, come il Signore dice di se stesso per bocca del profeta: “Perseguitavo colui che nell’ombra diceva male del prossimo”. E quando il giusto, per divina permissione, viene afflitto, egli sa di soffrire la persecuzione per le colpe commesse, secondo un misterioso disegno. Ma quando le anime crudeli dei persecutori aspirano al potere di colpire, non sono accesi certo dall’intenzione di purificare la vita dei buoni, ma dalla fiamma del livore. Eppure non fanno se non ciò che Dio onnipotente permette loro di fare. Ma se nel loro operare un’unica causa li associa a Dio, non è tuttavia la medesima volontà che li guida nell’unica causa, poiché, mentre Dio onnipotente nel suo amore offre un’occasione di purificazione, la perversità degli iniqui esercita la malvagità infierendo. Così dicendo: “Perché vi accanite contro di me come Dio?”, Giobbe si riferisce all’azione esteriore, non all’intenzione divina poiché, sebbene esteriormente eseguiscano ciò che nel suo piano Dio ha disposto, tuttavia nella loro azione non si propongono ciò che Dio si propone: purificare i giusti attraverso la prova. Ma questo si può intendere anche in un altro senso. Tanto più giustamente, infatti, Dio onnipotente colpisce colpe di altri, in quanto egli è esente da ogni colpa. Ma quando un uomo colpisce gli altri con rigore, non deve colpire l’altrui debolezza senza rivolgere lo sguardo anche alla propria, per apprendere da sé quanto debba essere indulgente verso gli altri, sapendo che anche lui merita d’essere colpito. Così ora Giobbe dice: “Perché vi accanite contro di me come Dio?”. Come a dire in modo chiaro: Voi mi affliggete per le mie debolezze, come se voi stessi non conosceste, come Dio, alcuna debolezza. Perciò si tenga presente che se qualcuno avesse bisogno di un duro rimprovero, non dobbiamo intervenire con la nostra severa correzione, se non quando la mano di Dio abbia cessato di colpirlo. Finché incombono i divini flagelli, non dobbiamo intervenire con il biasimo ma con la consolazione: aggiungendo il biasimo in mezzo al dolore, accumuliamo colpi su colpi.

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