«Siamo radunati in questo luogo, per celebrare la commemorazione di tutti i fedeli defunti. Nel giorno della morte, essi ci hanno lasciato; ma li portiamo sempre con noi nella memoria del cuore e ogni giorno, in tutto ciò che viviamo, questa memoria è viva»: papa Leone XIV ha presieduto la celebrazione eucaristica, questo pomeriggio, nella Commemorazione di tutti i fedeli defunti, presso il romano cimitero del Verano.
«Spesso c’è qualcosa che ci rimanda a loro; immagini, che ci riportano a quanto abbiamo vissuto con loro, tanti luoghi; perfino i profumi delle nostre case ci parlano di coloro che abbiamo amato e non sono più tra noi e tengono acceso il loro ricordo». Il Santo Padre ha proseguito nelle sue riflessioni, sottolineando il primato della vocazione universale alla risurrezione e alla vita eterna: «Oggi, però, non siamo qui soltanto per commemorare quanti sono passati da questo mondo. La fede cristiana, fondata sulla Pasqua di Cristo, ci aiuta infatti a vivere la memoria, oltre che come un ricordo passato, anche e soprattutto come una speranza futura. Non è tanto un volgersi indietro, ma piuttosto un guardare avanti, verso la mèta del nostro cammino, verso il porto sicuro che Dio ci ha promesso, verso la festa senza fine che ci attende. Là, attorno al Signore Risorto e ai nostri cari, gusteremo la gioia del banchetto eterno. […] Questa “speranza futura” anima il nostro ricordo e la nostra preghiera in questo giorno. Non è un’illusione che serve a placare il dolore per la separazione dalle persone amate, né un semplice ottimismo umano. È la speranza fondata sulla risurrezione di Gesù, che ha sconfitto la morte e ha aperto anche per noi il passaggio verso la pienezza della vita».
Il Vescovo di Roma indica – con parresìa evangelica – la meta alta del pellegrinaggio terreno: «E questo approdo finale, il banchetto attorno a cui il Signore ci radunerà, sarà un incontro d’amore. Per amore Dio ci ha creati, nell’amore del Figlio suo ci salva dalla morte, nella gioia dell’amore con Lui e con i nostri cari vuole farci vivere per sempre. Proprio per questo, noi camminiamo verso la méta e la anticipiamo, in un legame invincibile con coloro che ci hanno preceduto, solo quando viviamo nell’amore e pratichiamo l’amore gli uni verso gli altri, in particolare verso i più fragili e i più poveri. Gesù ci invita infatti con queste parole: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi» (Mt 25,35-36). La carità vince la morte. Nella carità Dio ci radunerà insieme ai nostri cari. E, se camminiamo nella carità, la nostra vita diventa una preghiera che si eleva e ci unisce ai defunti, ci avvicina a loro, nell’attesa di incontrarli nuovamente nella gioia dell’eternità».
Le esortazioni finali offerte da Prevost sono ricche di speranza: «Cari fratelli e sorelle, mentre il dolore dell’assenza di chi non è più tra di noi rimane impresso nel nostro cuore, affidiamoci alla speranza che non delude (Rm 5,5); guardiamo al Cristo Risorto e pensiamo ai nostri cari defunti come avvolti dalla sua luce; lasciamo risuonare in noi la promessa di vita eterna che il Signore ci rivolge. Egli eliminerà la morte per sempre. Egli l’ha sconfitta per sempre aprendo un passaggio di vita eterna – cioè facendo Pasqua – nel tunnel della morte, perché, uniti a Lui, anche poi possiamo entrarvi e attraversarlo. Egli ci attende e, quando lo incontreremo, al termine di questa vita terrena, gioieremo con Lui e con i nostri cari che ci hanno preceduto. Questa promessa ci sostenga, asciughi le nostre lacrime, volga il nostro sguardo in avanti, verso quella speranza futura che non viene meno».




