L’acqua è un bene prezioso, ma non infinito. Un bene più che prezioso, indispensabile per la vita dell’uomo, come l’aria che respiriamo. E Dio ha fatto si che tre quarti del globo terrestre ne fosse ricoperto. Sin qui nulla di nuovo, lo sanno anche i bambini.
Ma è stata da poco celebrata la Giornata mondiale dell’Acqua: al di là delle passerelle politiche di uomini e donne con alte cariche governative, ai bambini è stato insegnato qualcosa sull’acqua, durante questa giornata, oltre ai disegnini fatti fare a scuola e poi portati a compiaciuti genitori che, però, insegnano ai figli – e si fanno anche aiutare – come lavare l’auto con la pompa nel giardino di casa o in garage? Scusate lo scetticismo, ma ci credo poco.
Noi crediamo, e stiamo insegnando ai nostri figli e figlie e nipotini e nipotine, che il bene prezioso dell’acqua sia infinito. Si, ogni tanto parliamo dello scioglimento dei ghiacciai, della calotte artiche, dell’inizio della desertificazione in alcune aree del pianeta. Ma nessuno fa nulla di concreto o insegna ai giovani la cultura della conservazione di questo bene prezioso.
Possiamo inventare qualsiasi carburante per far andare le nostre auto, ma senza acqua non c’è vita, si muore. Lo ha ricordato Papa Francesco proprio il 22 marzo scorso, nella Giornata mondiale dell’Acqua: ‘L’acqua è un bene primario, non sia oggetto di sprechi, abusi e guerre’.
La distribuzione dell’acqua tra le varie nazioni, invece, è come la ricchezza: in mano a pochi. Alcuni dati, giusto per rendere l’idea ed essere pragmatici: si stima che la Terra contenga circa 1.400 milioni di km cubi di acqua, di cui soltanto 35 milioni (il 2,5 per cento) di acqua dolce, quindi con possibile potabilità, perché non tutta l’acqua dolce è immediatamente potabile, come fiumi e laghi e le falde sotterranee da dove bisogna estrarla. Infatti, la maggior parte di questi 35 milioni di km cubi di acqua dolce, risiede nelle calotte glaciali, nei ghiacciai e nelle profondità della terra, e, dunque, non è fruibile per le necessità degli esseri viventi. Qualche altro dato sulla distribuzione dell’acqua, di questo bene prezioso ma non infinito, nel mondo.
I tre Paesi in testa alla classifica sono: la Cina, con 362 miliardi di litri di acqua all’anno, ma totalmente isufficienti per l’1,5 miliardi di persone che la popolano; seguono gli Stati Uniti, che in proporzione è ricchissima di acqua, perché ne ha a disposizione 216 miliardi di litri/anno, ma per una popolazione di 300 milioni di persone. Al terzo posto il Brasile, con 95 miliardi di litri, ma su una popolazione di 175 milioni di abitanti.
Come la Cina, anche in Brasile c’è il grande problema della gestione e della distribuzione delle reti idriche. Infatti, il 50 per cento – forse anche di più, si stima, secondo le organizzazioni mondiali – ha enormi difficoltà di approvvigionamento idrico. L’Africa, naturalmente, è il problema dei problemi, dove c’è una mortalità altissima, soprattutto tra i bambini, che ancora prima del problema della nutrizione, devono affrontare quello dell’idratazione.
Se ora ci fermiamo un po’ a riflettere su quanta acqua abbiano noi a disposizione, quanti sprechi ci sono nell’Occidente, dovremmo rabbrividire al pensiero che milioni di persone hanno problemi a bere un bicchiere di acqua al giorno. Senza pensare all’igiene, personale e collettiva. Su questo punto Papa Francesco ha insistito molto, anche perché conosce molto bene ‘Villa Miseria’, le favelas argentine.
Ma veniamo in casa nostra, l’Italia. La prima cosa da registrare è la cattiva gestione dell’acqua, dovuta alla mancanza di investimenti dei vari governi in questo settore: da noi si recupera solo il 2,5 per cento delle acque reflue, mentre le reti idriche che distribuiscono l’acqua sono vecchie di 50 anni e, nel migliore dei casi, di 30 anni.
Questo significa che il 40/50 per cento del bene prezioso – e, ripeto, non infinito – si disperde durante il trasporto, nelle reti idriche colabrodo. E così l’acqua deve essere anche pulita, con correttivi chimici che rendono l’oro blu non più oro ma, in alcuni casi, piombo. L’Italia, anche se non sembrerebbe, è tra i Paesi più ricchi di acqua in Europa, con i suoi 55 miliardi di metri cubi di acqua utilizzabili. Ma di questi, soltanto il 14 per cento viene utilizzato come potabile, mentre il 65 per cento per l’irrigazione nel settore agricolo o dell’allevamento, il resto è per uso industriale. Qualcosa non torna, quindi, anche nella distribuzione di questa ricchezza, perché esiste un divario enorme nelle tre zone della penisola: al Nord sono concentrate, grazie alle Alpi e a parte degli Appennini, le maggiori risorse, con il 53 per cento, mentre al Centro il 19 per cento e al Sud il 21 per cento.
Al di là della natura, è evidente che lo squilibrio è dato dalla cattiva distribuzione delle risorse – come la ricchezza – e dalla cattiva gestione e manutenzione, quindi investimenti, delle varie amministrazioni e governi regionali. Non dimentichiamo che, in ogni estate, alcune regioni, in particolare del Centro-Sud, vengono sottoposte a un razionamento periodico, a causa della caranza delle riserve idriche.
Un governo regionale o un’amministrazione locale, che in estate vede triplicare la popolazione a causa dell’assalto turistico, ha il dovere e l’obbligo di provvedere, in largo anticipo, a investire su quel settore. Non si può pretendere soltanto di incassare, con balzelli come, ad esempio, la tassa di soggiorno, che in alcune regioni o comuni è anche molto alta, e non avere a disposizione un bene prezioso come l’acqua.
Per finire, il Papa nella sua esortazione ha asserito che l’acqua è causa di guerre: un esempio su tutti, la guerra israelo-siriana e la conquista, da parte degli ebrei, delle Alture del Golan. Lo affermava già anni fa il mai poco compianto avvocato Walter Mazzitti, membro e poi vice presidente del Comitato mondiale per le acque: nella guerra del Golan non c’entrano nulla le religioni o l’economia o le strategie politiche. Lì la guerra si fa per l’acqua. Infatti, diciamo noi, la conquista delle Alture del Golan significa il controllo totale sull’acqua su tre Stati: Siria, Giordania e Israele.
Per questo il Paese ebraico non molla dalla guerra dei Sei Giorni e ha risorse finanziare e militari per mantenere il controllo di quell’altura dalla quale si dominano tutti e tre i Paesi confinanti. Cosa fare? Scrivere vuol dire, almeno spero, denunciare, portare alla luce e mettere sulla pubblica piazza un determinato problema, altrimenti l’informazione, la comunicazione, non avrebbe modo di esistere.
E sono i potenti della terra, o almeno reputati tali dal popolo, a dover risolvere i problemi. Sottolineo ancora una volta come sono tanto celeri, i potenti del mondo e i governanti, a ricorrere alle armi, a fornire armi, a spendere miliardi per aerei, carri armati e, peggio, testate nucleari, ma neppure un centesimo per preservare, gestire e distribuire meglio l’unica ricchezza che può tenerci in vita: l’acqua, un bene prezioso, ma non infinito.