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Empathy Gap. La distanza emotiva

da | 25 Mar 2025 | Orizzonte salute

Viviamo in un’era dove la connessione è globale, le informazioni corrono più veloci che mai, eppure, paradossalmente, siamo più distanti gli uni dagli altri. Le disuguaglianze sociali, economiche e politiche non sono mai state così visibili, eppure sembriamo sempre più incapaci di entrare in sintonia con le esperienze di chi ci sta intorno. La distanza emotiva, il cosiddetto “empathy gap“, è un fenomeno che segna le nostre interazioni, che separa ciò che siamo da ciò che gli altri vivono, e che minaccia la coesione sociale.

A volte ci rendiamo conto che, nonostante le tragedie che accadono nel mondo, c’è qualcosa che ci impedisce di sentire quelle sofferenze come proprie. Un riflesso di un fenomeno psicologico, ma anche sociale e culturale, che riguarda la nostra incapacità di metterci veramente nei panni degli altri. Da dove nasce questa distanza emotiva? E, soprattutto, come possiamo colmarla in un mondo che chiede maggiore solidarietà e comprensione reciproca?

Un fenomeno universale ma sottile

L’empathy gap si manifesta quando, pur avendo accesso a informazioni su esperienze altrui, non riusciamo a comprenderle pienamente, o peggio, a sentire una connessione autentica con le emozioni degli altri. Non si tratta semplicemente di un deficit di compassione, ma di una barriera emotiva che nasce da una serie di fattori, che spaziano dalle nostre esperienze personali alla cultura in cui siamo immersi.

Immagina, per esempio, una persona che non ha mai conosciuto la sofferenza di una malattia grave, ma che si trova a dover gestire l’emergenza sanitaria globale come quella del Covid-19. Nonostante la consapevolezza della gravità della situazione, l’empathy gap tra chi è stato colpito direttamente dalla malattia e chi ha vissuto questa crisi solo in modo marginale è inevitabile. La distanza emotiva, che inizialmente può sembrare irrilevante, diventa un vero e proprio ostacolo alla comprensione.

Eppure, non è solo una questione individuale. Questo divario è acuito dalla nostra separazione nelle esperienze quotidiane, che si fa sempre più profonda nelle società divise da disuguaglianze economiche, politiche e sociali. La difficoltà di comprendere le difficoltà altrui, per esempio quelle vissute dalle persone in povertà, dai migranti o dalle minoranze, è una delle facce più crude di un mondo che si proclama sempre più inclusivo ma che, di fatto, rimane distante e incapace di rispondere alle necessità di chi vive ai margini.

Perché esiste l’empathy gap?

Le neuroscienze hanno mostrato che l’empatia non è una reazione automatica, ma un processo che dipende dalle nostre esperienze, dalle nostre convinzioni e dalle nostre capacità cognitive ed emotive. In sostanza, siamo programmati per sentire empatia nei confronti di chi è simile a noi: nella nostra famiglia, nel nostro gruppo sociale, nella nostra cultura. Ma come può evolversi questa capacità se il nostro contesto ci porta a vedere chi è diverso come “altro”?

Le ricerche suggeriscono che l’empatia è fortemente influenzata dalla prossimità esperienziale: più una persona ha vissuto esperienze simili a quelle di un’altra, maggiore sarà la sua capacità di comprenderne le emozioni. Ma quando questa esperienza manca, il gap emotivo si allarga, rendendo più difficile l’adozione di una prospettiva esterna alla propria.

Questa distanza psicologica è alimentata anche da un fenomeno noto come deumanizzazione: quando vediamo gli altri come “meno umani”, più difficilmente siamo in grado di entrare in sintonia con loro. Le disuguaglianze economiche, sociali e razziali favoriscono la percezione che alcune vite abbiano meno valore di altre, e questo non fa altro che rinforzare l’empathy gap.

Il ruolo dei media e della politica: amplificare o ridurre il divario empatico?

I media, pur essendo fondamentali nel promuovere la consapevolezza e la comprensione, spesso contribuiscono ad amplificare l’empathy gap. Le notizie, talvolta semplificate o polarizzate, ci offrono uno spaccato ridotto e frammentato della realtà, che non permette una comprensione empatica profonda. Le immagini di sofferenza lontana, di guerra o disastri naturali, diventano statistiche, se non addirittura una routine, difficile da “sentire” come qualcosa che ci riguarda personalmente.

In politica, l’empathy gap può tradursi in decisioni che ignorano le necessità dei più vulnerabili. Le politiche pubbliche spesso non riescono a rispondere alle reali difficoltà di chi vive ai margini, proprio perché chi le elabora non è in grado di connettersi con quelle esperienze quotidiane. In questo modo, le disuguaglianze si riproducono, e l’alienazione sociale cresce, creando un circolo vizioso di disconnessione.

Colmare l’empathy gap: strategie e azioni

Se l’empathy gap è un problema che riguarda tanto la psicologia quanto la società, la sua soluzione passa da un impegno collettivo. Ma come possiamo ridurre questa distanza emotiva tra le persone?

  1. Educazione emotiva e culturale: l’educazione che promuove la comprensione delle diversità e la gestione delle emozioni è fondamentale per ridurre il gap. Integrare l’intelligenza emotiva nei percorsi educativi potrebbe aiutarci a comprendere meglio le emozioni altrui, anche quando non si basano su esperienze simili alle nostre.
  2. Esperienze di prossimità: se l’empatia cresce con l’esperienza, allora favorire occasioni di incontro tra persone di diverse provenienze e situazioni sociali è un passo essenziale. I programmi di volontariato, l’integrazione tra diverse comunità e la promozione di esperienze condivise sono strumenti potenti per abbattere le barriere emotive.
  3. Media responsabili e inclusivi: i media hanno una grande responsabilità nel colmare l’empathy gap. Una narrazione più empatica e inclusiva, che vada oltre le statistiche e mostri le storie umane dietro le tragedie, può aiutare a sensibilizzare il pubblico e a creare connessioni autentiche.

Un’empatia da coltivare

Il fenomeno dell’empathy gap è complesso e radicato nelle nostre esperienze, ma non è immutabile. Colmare questa distanza emotiva è un impegno che richiede tempo e consapevolezza, ma anche azioni concrete da parte di ogni individuo e di ogni istituzione. Per costruire una società più inclusiva e giusta, è fondamentale che impariamo a vedere, sentire e rispondere alle esperienze degli altri con maggiore comprensione, senza farci limitare dalle nostre differenze.

Il mondo è in continua evoluzione, e l’empathy gap rappresenta una delle sfide più urgenti del nostro tempo. Solo superando questa distanza, potremo costruire un futuro in cui tutti si sentano visti, ascoltati e, soprattutto, compresi.

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