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Funerali di Giorgio Napolitano, il discorso integrale del cardinale Gianfranco Ravasi

da | 27 Set 2023 | Cronaca

Martedì 26 settembre alle 11.30 si sono svolti alla Camera dei Deputati i funerali di Stato in forma laica del Presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano. L’ultimo incarico di Napolitano è stato quello di senatore a vita, per cui la camera ardente è stata allestita nella Sala Caduti di Nassirya al Senato. Da Palazzo Madama, infatti, il feretro è stato poi portato a Palazzo Montecitorio per la cerimonia. Oltre ai funerali di Stato il governo ha dichiarato per la giornata il lutto nazionale, con le bandiere degli edifici pubblici e delle ambasciate a mezz’asta. Tante le persone davanti ai due maxi schermi allestiti in piazza Montecitorio e nella vicina piazza Capranica.

In prima fila, oltre al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, i capi di Stato di diversi Paesi europei, da Emmanuel Macron, l’ex presidente Francois Hollande e il presidente della Repubblica Federale di Germania Frank-Walter Steinmeier. Ai banchi del governo la premier Giorgia Meloni con Antonio Tajani e Matteo Salvini e praticamente tutti i ministri. A scegliere gli oratori è stata la famiglia di Giorgio Napolitano: dopo il saluto dei presidenti delle Camere, Lorenzo Fontana e Ignazio La Russa, le orazioni funebri sono cominciate con l’intervento di Anna Finocchiaro, poi Gianni letta, il cardinale Gianfranco Ravasi, che ha svelato come Papa Benedetto XVI avesse confidatoo a Napolitano l’intenzione di dimettersi, l’ex premier Giuliano Amato e il commissario europeo Paolo Gentiloni. Gli ultimi interventi sono stati riservati alla famiglia, rispettivamente al figlio Giulio Napolitano e alla nipote Sofia. La salma è stata poi tumulata nel cimitero acattolico di Roma.

Riportiamo il discorso integrale tenuto dal cardinale Gianfranco Ravasi.

“È con emozione e gratitudine che ho accolto questo invito – per molte persone anche un po’ sorprendente e anche per me – di offrire questa testimonianza all’interno di questa celebrazione così alta. E dopo queste parole così straordinarie, così forti, che abbiamo ascoltato io vorrei quasi idealmente essere solo sulla soglia e dare una testimonianza che è personale da un lato, ma che ha anche dei risvolti e delle valenze che sono pubbliche; anche se il nostro discorso, il nostro dialogo è stato quasi sempre celato. Io vorrei ora – dato anche il tempo così limitato – di questo lungo filmato, del nostro rapporto e del nostro dialogo, vorrei scegliere soltanto quattro istantanee. Sono istantanee che permettono anche di avere un titolo ideale.

La prima istantanea

La prima è il 25 aprile del 1998. Ministro degli Interni, è a Milano e desidera incontrarmi e visitare la Biblioteca-Pinacoteca Ambrosiana, che io allora presiedevo. Dopo la visita (Codice Atlantico, Caravaggio etc.), è entrato nello studio del Prefetto e io allora ho voluto mostrargli, scegliendolo da una scaffalatura che stava alle mie spalle che raccoglieva la parte della biblioteca e degli autografi di un grande autore illuminista, un testo per darglielo da vedere. Io ricordo ancora in quel momento le sue mani: con emozione egli apriva l’autografo de “Dei delitti e delle pene” di Cesare Beccaria, una reliquia laica all’interno di un tempio culturale ecclesiastico. Subito egli andò a cercare le pagine sulla pena di morte, perché erano un emblema particolarmente significativo anche per lui.

La seconda istantanea

È il momento di passare alla seconda istantanea. La seconda istantanea è nel 2010, quando entra in scena un personaggio ecclesiale che ha avuto un grande legame con Giorgio Napolitano, cioè Papa Benedetto XVI, col quale i dialoghi e gli incontri furono molteplici e le sintonie anche molteplici. Ebbene, si era deciso di offrire al Papa un facsimile del “De Europa” di Enea Silvio Piccolomini, che nel 1458 diventerà Papa Pio II. E allora l’abbiamo consegnato: io avevo preparato un saggio introduttorio, il presidente Napolitano la prefazione e in quel momento, ecco il flash, ecco l’istantanea, in quel momento Napolitano citò una frase dell’amatissimo Thomas Mann – amatissimo a tutti e anche al Papa in quel momento. La frase è questa, è del saggio su Chisciotte dell’34: “Il cristianesimo rimane una delle colonne dello spirito occidentale e l’altra è l’antica cultura mediterranea”. Naturalmente Papa Benedetto subito dopo ripeté la stessa frase in tedesco, che conosceva a memoria.

La terza istantanea

E da qui posso passare quasi idealmente alla terza istantanea, perché qui entra in scena la cultura, entra in scena l’arte. Come è stato ricordato, Napolitano era un uomo di altissima cultura, e lo posso testimoniare quasi in maniera continua e anche gli amori, li potrei ricordare, ma soprattutto due: Thomas Mann è stato ricordato, e ricordo ancora che mi citava l’incipit di “Giuseppe e i suoi fratelli” o del “Dottor Faustus” in tedesco. L’altro amore fu Dante. Andai io a chiedergli, con il consiglio della Casa di Dante, di diventare il presidente una volta concluso il mandato di Presidente della Repubblica e diventò perciò anche presidente di questa istituzione, che ha la figura più alta italiana. L’ultima volta che l’ho incontrato nello studio, a Palazzo Giustiniani, aveva un’edizione in miniatura della Divina Commedia, perché diceva “ogni tanto ne leggo una pagina”, quasi fosse una sorta di breviario laico. Ed ecco allora in questa terza istantanea, io metterei la musica: quanti concerti ha offerto a Benedetto nel suo compleanno, fino alla fine! Anche un concerto, quando lui stava andandosene come Presidente della Repubblica; il Papa confidò a lui che pochi giorni dopo anche lui si sarebbe ritirato dal ministero petrino. Ebbene tanti sono i ricordi anche per me, perché stavo accanto a lui, ascoltando la musica. In questo momento voglio immaginare che a salutarlo musicalmente ci sia un testo, che è religioso: un testo di Mozart scritto per il Corpus Domini del 1791. È il K618 di Mozart, l’Ave Verum. Ma la cosa impressionante per me fu che ero accanto a lui durante l’esecuzione e lui mi disse: “Sono stati quattro minuti di bellezza ultraterrena”. Ed effettivamente questo amore continuò in tante forme, in tanti modi, in tanti momenti, che ora idealmente mi si affacciano in questa terza diapositiva che potrebbe sfrangiarsi.

La quarta istantanea

Concludo con l’ultima, la quarta, che è la più importante, anche per giustificare la mia presenza in questo contesto. È il discorso – non esito a definirlo così – il discorso spirituale, ma nel senso più alto e più ampio del termine, non confessionale. E qui pongo allora un’altra data o un’altra diapositiva ideale, quella del 5 ottobre del 2012. Siamo ad Assisi, un pomeriggio con i colori mirabili, quasi da Piero della Francesco e da Perugino, con una folla enorme e con un dialogo che abbiamo costruito noi due, un dialogo nell’interno di quello che è il Cortile dei Gentili, che come sapete era lo spazio del tempio di Gerusalemme nel quale anche i pagani – i non credenti agli occhi degli ebrei – potevano accedere e vedere ciò che accadeva di là. Ebbene in questo Cortile dei Gentili Napolitano tenne una straordinaria lezione sul rapporto società-religione, ma soprattutto alla fine, forse anche per quella simpatia e sintonia che c’era tra noi due, confessò e raccontò il momento in cui lasciò la sua pratica religiosa. E io qui vorrei citare una sua frase, che è veramente una sua confessione, confessò di rispondere “sempre a un intimo bisogno di raccoglimento, sfuggendo alla pressione incessante di doveri e di assilli, da cui si rischia di non riuscire a sollevare lo sguardo e la mente”.

Conclusione: i saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento

Ebbene io concludo a questo punto e vorrei concludere con le sue parole, ma anch’io vorrei portare un fiore ideale sulla sua tomba o sul suo feretro. Prima però le sue parole di quel pomeriggio: “il visibile impoverimento ideale e culturale della politica ha rappresentato il terreno di coltura del suo inquinamento morale. Nel dialogo tra credenti e non credenti, sempre prezioso in vista del bene comune da perseguire in questa così travagliata nostra Italia, è dall’esperienza, dalla schiettezza del dialogo e da un esito fruttuoso che possono venire stimoli e sostegni nuovi per una ripresa di slancio ideale e di senso morale”. E a questo punto depongo il fiore ideale, naturalmente un fiore di parole. Lui sapeva che la mia competenza primaria era quella di studioso delle Scritture, in particolare di quelle ebraiche; sapeva anche che questo testo è il grande codice della cultura occidentale. Ebbene io vorrei porre quindi sulla sua tomba un fiore, un verso tratto dal libro del profeta Daniele, che tra altro è significativo: l’immagine che sentirete tra poco è desunta dalla cultura pitagorica, quindi dal mondo pagano idealmente. I discepoli di Pitagora guardavano nelle notti stellate, guardavano verso l’alto e guardavano la Via Lattea, immaginando – perché questa era la loro credenza – che l’anima alla morte diventasse una stella della Via Lattea e quindi cercavano la presenza della moglie, del marito, del figlio e della persona amata. Ed ecco le parole del Daniele, il mio omaggio ideale “i saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento. Coloro che avranno indotto molti alla giustizia, risplenderanno come le stelle, per sempre”.

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