Periodico di informazione religiosa

Gli Esercizi spirituali della Curia Romana

da | 17 Mar 2025 | Cultura

È stata affidata a fra Roberto Pasolini – Frate Minore Cappuccino e nuovo Predicatore della Casa Pontificia – la predicazione degli Esercizi spirituali alla Curia Romana, quest’anno, in preparazione alla santa Pasqua. Il tema trattato è stato: “La speranza della vita eterna”. Questi sono stati svolti nell’Aula Paolo VI, da domenica 9 a venerdì 14 marzo.

Gli argomenti trattati dal religioso lombardo sono stati i seguenti: “La fine sarà l’inizio”, “La fine di ogni giudizio”, “La prima morte”, “La seconda morte”, “Morenti o viventi?”, “Rinascere”, “Eterni, non immortali”, “Vivere di più”, “Il riposo eterno”, “Lasciarsi trasformare”.

Fra Roberto diede l’avvio alle proprie meditazioni raccomandando ai presenti il necessario spazio personale per la riflessione e il raccoglimento, e l’auspicio che la Parola possa fare breccia nell’interiorità di ciascuno, al fine di poter meglio conoscere se medesimi e Dio. Egli ha ricordato a tutti la centralità che la vita eterna riveste nella riflessione e nelle attese della vita cristiana; anche in mezzo ai venti contrari della modernità, che indicano – piuttosto – l’immediato, lo spendibile, il piacere momentaneo.

«Non disprezzare niente e nessuno di tutto ciò che esiste e abbracciare la compassione»: sono le dimensioni che – a partire dalla Rivelazione – il Cappuccino ripropone ai fedeli. «Cosa vuol dire credere in Dio, aderire a Lui, accogliere la sua presenza e camminare verso il cielo? Vuol dire avere attenzione alle debolezze dell’umanità e soccorrerle».

«Come mai non riusciamo ad accorgerci che la vita è qualcosa di eterno fin d’ora? Perché esistono la paura, l’odio, le ingiustizie, le guerre. Poiché, noi siamo già morti a causa del peccato». La morte avviene «nel possesso, nella manipolazione e nell’egoismo»; «La morte dilaga – purtroppo – non quando facciamo un errore; ma quando, dopo aver sbagliato, ci chiudiamo, impedendo all’errore di manifestarsi, anche come luogo di redenzione e di rinascita».

Di fronte alla realtà del peccato, Dio desidera recuperare la condizione umana ferita, cercando le creature: «Dove sei?» (Gen 3,9).

«Dio non ci vuole avvolti dal senso di colpa, ma consapevoli di essere morti a causa del peccato. Allora, questo ci invita a recuperare uno sguardo diverso su di noi».

Lo stato di morte in cui ci troviamo viene “scosso” fortemente da Dio e dai suoi interventi: dall’azione della grazia, dai Profeti nella storia; ma anche dalle tante sfide quotidiane che attraversiamo. Soprattutto – e lo apprendiamo dalle pagine di Ezechiele, Dio «chiede all’uomo di diventare partecipe di questa opera di salvezza. È come se Dio chiedesse all’uomo – che si è nascosto – di diventare consapevole di questo nascondimento e di risvegliarsi».

«Non tutto è perduto! Noi siamo in attesa di quel soffio originario, di quel soffio che solo Dio può donarci e che può rianimare la nostra vita». «Dio finalmente può compiere quello che desidera: donarci la vita eterna». «In quella tomba ci siamo ancora; e Lui sta semplicemente venendo a cercarci, non ci sta rimproverando; sta cercando il nostro volto».

«Siamo morti a causa del peccato; ma siamo, soprattutto, vivi, in eterno. E se restiamo nella volontà di Dio, la seconda morte può non farci alcun male». L’invito del Predicatore è ad abbandonare «un modo troppo semplicistico di guardare la realtà: quello che divide in due, i vivi e i morti». A partire dall’esperienza di Lazzaro, amico di Gesù, del capitolo 11 della narrazione di Giovanni, la testimonianza che riceviamo ci spinge a «riconoscere la presenza di Cristo e ascoltare la sua Parola di vita eterna»; e questo al fine di spazzare via la perenne e insidiosa immagine di un Dio “forte”, che non può permettere il dolore e la morte; quel desiderio di «neutralizzare la vera immagine di Dio, e modificarla con una in cui la sofferenza, la malattia, la morte non devono esserci».

Dal «clima di aspettative e senso del dovere», alla libertà del riscoprirsi figli di Dio, amati, redenti e custoditi: ecco la meta alta della vocazione cristiana, che fra Roberto ha indicato durante gli Esercizi spirituali. Rinascere e vivere. «Entrare nel riposo di Dio, che diventa anche il nostro riposo».

Una parola di sintesi del cammino di riflessioni è stata questa: «Senza la vita eterna, prima o poi, il peso della realtà tende a schiacciarci».

«Abbiamo bisogno di vedere e di credere la vita eterna!». «Se Dio ha risuscitato il suo Figlio, vero Dio e vero uomo, noi, che camminiamo verso la pienezza, la verità della nostra umanità, certamente conosceremo la gloria della risurrezione. Per questo Cristo è risorto: per indicarci quale sarà l’epilogo, il compimento della nostra umanità».

Il pensiero finale che fra Roberto Pasolini ha consegnato alla Curia Romana è stato rivolto al vero protagonista del cammino di fede: lo Spirito divino; egli ha, dunque, affermato: «Lo Spirito santo è la colonna sonora che accompagna il nostro viaggio verso l’eternità. È Lui che continua a dirci in realtà le cose come stanno».

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