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Il lato oscuro dell’alimentazione sana

da | 22 Apr 2025 | Orizzonte salute

Mangiare bene fa bene. Lo dicono i medici, i nutrizionisti, e lo sente anche il nostro corpo quando ci nutriamo in modo equilibrato. Ma cosa succede quando la ricerca del “cibo perfetto” diventa una missione totalizzante, al punto da dominare pensieri, abitudini e relazioni? Entra in scena l’ortoressia nervosa, un disturbo alimentare subdolo e ancora poco conosciuto, che trasforma la sana alimentazione in una trappola mentale.

A differenza di disturbi più noti come anoressia e bulimia, l’ortoressia non ruota attorno al peso corporeo o alla paura di ingrassare. Al contrario, l’ossessione è focalizzata sulla purezza del cibo e sulla convinzione che solo alimenti ritenuti “sani”, “biologici” o “naturali” possano garantire la salute ed evitare malattie. Non si tratta quindi di voler mangiare meno, ma di mangiare meglio – almeno in apparenza.

Quando il controllo diventa compulsione

L’ortoressia si nutre del bisogno di controllo. Chi ne è colpito tende a selezionare gli alimenti con estrema rigidità, eliminando progressivamente tutto ciò che viene percepito come “nocivo”: zuccheri, grassi, glutine, latticini, cibi processati, fino a ritrovarsi con una dieta sempre più povera e monotona. Il problema? Non è tanto cosa si mangia, ma come lo si vive.

Questo disturbo non ha ancora criteri diagnostici ufficiali condivisi, rendendo difficile riconoscerlo. Eppure, alcuni segnali possono far suonare il campanello d’allarme: ore trascorse a leggere etichette, a studiare l’origine degli alimenti, a pianificare ogni pasto nei minimi dettagli. Ma soprattutto, l’isolamento sociale. Le cene con gli amici vengono evitate, le occasioni conviviali diventano motivo di ansia o vengono gestite con mille scuse. A tavola, non c’è più piacere: solo regole e paura.

Un problema senza volto, ma con tratti comuni

Non esiste un identikit preciso dell’ortoressico. Colpisce uomini e donne quasi in egual misura. Quello che spesso accomuna chi ne soffre è la tendenza al perfezionismo e la paura di perdere il controllo. Si tratta di persone molto esigenti con sé stesse, che costruiscono la propria autostima intorno alla capacità di rispettare regole autoimposte. Regole che, col tempo, diventano sempre più rigide, fino a sfociare in malnutrizione, senso di colpa e ansia nel momento in cui – per qualsiasi ragione – vengono infrante.

Dalla negazione alla cura: un percorso complesso ma possibile

Uno degli ostacoli principali nella cura dell’ortoressia è la mancanza di consapevolezza. Chi ne è affetto difficilmente percepisce il proprio comportamento come un problema – anzi, spesso lo considera una virtù, un segno di superiorità rispetto a chi “mangia qualsiasi cosa”. La presa di coscienza è però il primo passo per uscire dal circolo vizioso dell’ossessione alimentare.

La strada verso la guarigione passa da un approccio multidisciplinare: medico di base, nutrizionista, psicologo o psichiatra lavorano insieme per ristabilire un rapporto equilibrato con il cibo e con sé stessi. Tra le terapie più utilizzate c’è quella cognitivo-comportamentale, che aiuta a riconoscere e modificare i pensieri distorti legati all’alimentazione.

Mangiare bene sì, ma con libertà

L’ortoressia ci costringe a guardare in faccia una verità scomoda: anche ciò che appare “giusto”, “sano”, “virtuoso” può trasformarsi in una prigione. L’ossessione per l’alimentazione perfetta, per la purezza assoluta, racconta molto più di una semplice scelta dietetica: parla del bisogno di sentirsi al sicuro, della paura di cedere, del desiderio di trovare un ordine in un mondo che spesso appare confuso e imprevedibile.

Ma quando l’attenzione diventa rigidità, quando il controllo cancella il piacere, quando la tavola smette di essere un luogo di condivisione e si trasforma in un campo di battaglia interiore, allora forse è il momento di fermarsi.

Chi decide davvero cosa è sano? Quanto conta la scienza, e quanto il bisogno di sentirsi migliori degli altri? Fino a che punto ci spingiamo per inseguire un ideale di purezza che, forse, non esiste?

Mangiare bene è importante, certo. Ma forse ancora di più lo è tornare a vivere il cibo come un gesto di libertà, e non di controllo. Una scelta consapevole, non una prigione invisibile.

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