Periodico di informazione religiosa

In Italia non si boccia più

by | 11 Mag 2023 | Cultura

In Italia non si boccia più. O almeno, non più come 30-40 anni fa. Salvo poi lamentare e denunciare che, rispetto a 40 anni fa, quando i giovani ginnasiali conoscevano mediamente 1600 parole, oggi ne conoscono solo 500. Per non parlare di sintassi e verbi. Prendo spunto da un articolo del filosofo Umberto Galimberti, su Il Giornale di Sicilia, e lo estendo a tutta la scuola.

Il pezzo è nato nell’ambito del dibattito sull’utilizzo, nelle scuole, della ChatGpt, un’intelligenza artificiale, che dovrebbe sviluppare tecnologia, ma facendo perdere agli studenti il senso critico delle cose, dei fatti. Insomma, lavoro meno impegnativo per gli insegnanti, e anche per gli studenti. Secondo un’indagine dell’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, organismo internazionale che ha sede a Parigi), in Italia si boccia sempre meno: siamo sul 26%. Di più della media Ocse (20%}, ma molto meno di Portogallo (56%), Spagna e Belgio (53%}.

Per gli studenti svantaggiati, le cose vanno ancora peggio. E allora voglio citare le parole del Santo Padre, Papa Francesco, nell’udienza con studenti e insegnanti: “Vi chiedo di amare di più gli studenti ‘difficili’, quelli che non vogliono studiare, quelli che si trovano in condizioni di disagio, i disabili e gli stranieri, che oggi sono una grande sfida per la scuola. E ce ne sono di quelli che fanno perdere la pazienza. Gesù direbbe: se amate solo quelli che studiano, che sono ben educati, che merito avete? Qualsiasi insegnante si trova bene con questi studenti. 
In una società che fatica a trovare punti di riferimento, è necessario che i giovani trovino nella scuola un riferimento positivo”.

E aggiunge: “Per trasmettere contenuti è sufficiente un computer, per capire come si ama, quali sono i valori, e quali le abitudini che creano armonia nella società, ci vuole un buon insegnante”. E non dice, quindi, che bisogna promuovere tutti, o quasi, ma che bisogna impegnarsi molto – gli insegnanti – nel lavoro, per portare tutti a un certo livello di cultura. In fondo, la scuola esiste per questo. Invece, la scuola non boccia più.

Ma andiamo per ordine. La cosa che mi lascia perplesso è che da un lato gli esperti dicono che la scuola in Italia è obsoleta e deve cambiare, dall’altro, altri esperti – a volte anche gli stessi della tesi precedente – affermano che i bambini, i ragazzi, i giovani sono cambiati.

Allora mi chiedo: se la scuola deve svecchiarsi, e quindi si insegnano le stesse cose di 40 anni fa, perché i giovani conoscono 1100 parole di meno e non conoscono sintassi e verbi? Non è che qualcuno, nella scuola, con la scusa del modernismo e l’adeguamento ai tempi, la ChatGpt, non lavora più come si lavorava una volta? E non si bocciano gli ignoranti, come si bocciavano una volta? Il risultato è che ci sono tanti artigiani di meno, molti asini di più, tanti giovani senza lavoro, asini o bravi. E non si dica che lo Stato in questo declino non c’entri nulla: anzi, forse è un disegno preordinato. Altrimenti non si spiega perché da un lato i governi dicono che i giovani sono sempre più ignoranti e dall’altro aboliscono il latino, la geografia, i libri – perché internet e i social rendono tutto più moderno -, con una contraddizione in termini che soltanto chi non vuole vedere non vede.

E nessuno si ribella, si indigna. Da studente, d’estate, quando mi andava male, leggevo minimo 4-5 libri. Ora molti insegnanti non assegnano più neppure i compiti per l’estate. Riepilogo: ci propinano due facce della stessa medaglia, i giovani bamboccioni – lo ha detto un ministro, non lo dico io – e una scuola inadeguata.

Ma chi la deve adeguare, la scuola? Se lo Stato, formato da quei ministri, continua a sfornare giovani asini, cancellando mestieri e arti – alle quali i giovani, meno portati allo studio, andrebbero indirizzati con le scuole professionali, che oggi quasi non esistono più, anche grazie alla complicità di genitori a volte inadeguati, perché vogliono tutti figli medici, avvocati o ingegneri – creando così solo disoccupazione e ignoranza. Per poi, lo stesso Stato, accusare i giovani, tramite i suoi ministri, di essere bamboccioni, di voler restare in casa con i genitori fino a 40 anni. Io aggiungerei fino a quando i genitori sono in vita, perché se non hanno trovato lavoro a 40-45 anni, non lo troveranno certo a 50, all’età in cui il mercato ti butta fuori dal perimetro lavorativo.

Qualcuno riesce a vedere la contraddizione in termini, ovvero la presa in giro? Ovvero un progetto preordinato? Quale sia questo progetto, per ora sfugge, ma il problema è che nessuno si ribella, dunque a tutti sta bene così. Salvo, poi, pubblicare qualche articolo di denuncia, scritto da qualche autorevole giornalista, o costruirci dibattiti, talk show e trasmissioni tv varie, con esperti, presunti o inventati.

Tanto la massima aspirazione di un giovanotto o una giovinetta oggi è partecipare al Grande fratello, all’Isola dei famosi o alle trasmissioni con i tronisti/e. Tanto la scuola non boccia più. E se lo fa, i genitori sono pronti a fare ricorso al Tar.

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