Periodico di informazione religiosa

La bolla di Papa Francesco per l’elezione dell’Abate di Montecassino D. Luca Fallica

by | 14 Mag 2023 | Monasteria

Sabato 13 maggio alle ore 17.00 si è svolto il rito della benedizione dell’abate D. Luca Fallica nella Basilica Cattedrale di Montecassino, presieduta da S. Eminenza, il Cardinale Angelo de Donatis, Vicario Generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma. In questo modo si è portato a compimento un percorso, iniziato lo scorso 9 gennaio, quando Papa Francesco lo ha nominato Abate territoriale dell’Abbazia di Montecassino, immediatamente soggetta alla Santa Sede ed inserita nella Regione Ecclesiastica del Lazio; presidente di quest’ultima è proprio il cardinale Vicario.

Originario di Ripatransone, in provincia di Ascoli Piceno, e formatosi nelle file dell’Azione Cattolica, fu accolto nel 1989 dalla chiesa di Milano dall’allora Arcivescovo, il card. Carlo Maria Martini, per dare inizio a una nuova comunità monastica. Dopo diversi gli spostamenti, l’arrivo a Dumenza, in provincia di Varese, località immersa nella tranquillità di un bosco a 1000 m sul Lago Maggiore, quasi al confine con la Svizzera. Qui ha svolto il servizio di priore per dodici anni, fino al 2 dicembre del 2022. Poi la nomina papale e tutto è cambiato. Un passaggio molto particolare e delicato, da una delle comunità più giovani d’Italia a una delle più antiche, fondata dallo stesso San Benedetto quindici secoli or sono quando, lasciando i recessi dei Monti Simbruini nella valle di Subiaco, giunse a Montecassino realizzando pienamente il suo ideale di vita monastica.

Da questo monte, anzi, come scriveva il cardinale benedettino Ildefonso Schuster, da questa acropoli di santità, si diffuse così grande luce di sapienza e di fervore, da aprire un nuovo periodo della civiltà cristiana, periodo che ha formato la storia dei secoli di mezzo. Questa abbazia, nell’azzurro del cielo meridionale, troneggia come una fortezza che accoglie e custodisce con solenne maestà un tesoro di potenza storica: i figli di San Benedetto dall’alto videro passare Goti, Longobardi, Saraceni, Normanni, Francesi, Spagnoli, Tedeschi, Americani e molti altri; videro il sorgere e il tramontare di dinastie, videro il trionfo e la decadenza di papi e imperatori. Qualche volta la tempesta li travolse, ma la radice, qui piantata da San Benedetto, rifrondeggiò sempre rigogliosa. Fra le tempeste dei secoli Montecassino, questo faro luminoso e porto sicuro di pace, come lo aveva definito Vincenzo Gioberti, ha comunque consegnato alle generazioni succedentisi la lampada della vita monastica.

Qui riposano le spoglie e aleggia ancor lo spirito di Benedetto, colui che nella sua sapiente Regola – mentre il mondo romano si disfaceva – fermò le nozioni della legge, della giustizia e della pace sociale. Qui ci furono sempre dei monaci, consociati dal vincolo della preghiera, del lavoro, degli studi e dell’arte, nell’elevazione dell’anima a Dio, che vissero perlopiù – come a monaci si conviene – nell’oscurità e nel silenzio. Anche noi da qui, ascoltando le voci del passato, vogliamo trarre gli auspici per l’avvenire del nostro monachesimo e del nostro paese, che oggi si muovono verso incerti cammini.

E quindi è ad una festa di famiglia che ieri abbiamo assistito, con monaci e monache provenienti da ogni dove, radunati presso la tomba del grande legislatore monastico, patrono d’Europa. Se nella casa di San Benedetto, come quella di un padre comune, nessuno può dirsi e sentirsi estraneo, molto più devono sentirsi come fra pareti domestiche coloro che, nel contatto quotidiano con la grande memoria del passato, sono pure in quotidiana consuetudine con Benedetto e sua sorella Scolastica, con i suoi figli e le sue figlie. L’eredità del patriarca di Norcia è anche la loro e la nostra eredità.

Il senso di questo evento è stato magistralmente colto dalle parole della bolla di Papa Francesco, che di seguito riportiamo. Ci permettiamo di indicare, ove possibile, le numerose citazioni della Regola (RB), che costituiscono la trama di questa lettera, apprezzata dai molti che hanno potuto ascoltarla dal vivo e suggeriamo anche di dare una scorsa ala Lettera Apostolica di San Giovanni Paolo II del 1980 Sanctorum Altrix (SA) per il XV Centenario della nascita di S. Benedetto Patrono d’Europa, Messaggero di pace.

Francesco Vescovo, Servo dei servi di Dio, al diletto figlio Antonio Luca Fallica dell’Ordine di San Benedetto, Priore del monastero della Santissima Trinità in Dumenza, eletto Abate Ordinario dell’Abbazia Territoriale di Montecassino, salute e Apostolica benedizione. Nulla assolutamente anteponiamo a Cristo (RB 72,1) e con la fede nella pratica delle buone opere, guidati dal Vangelo, camminiamo per le sue vie (RB Prologo 21), prevenendoci l’un l’altro nel renderci onore (RB 63,17), né cercando l’utilità propria, ma piuttosto l’altrui (RB 72,7) affinché, mostrandoci in ogni cosa ministri di Dio con la testimonianza della vita, con sincera ed umile carità (RB 72,10), ci esercitiamo verso tutti nell’amore (RB 72,3). Fatta nostra questa esortazione spirituale (RB Prologo 35), quasi come cardine di vita angelica, con affetto paterno volgiamo la nostra mente alle necessità della comunità appartenente all’antichissimo monastero di Montecassino, che dopo il trasferimento del suo ultimo abate, il Rev.mo Padre Donato Ogliari, dell’Ordine di san Benedetto, per esercitare il suo ministero nell’Abbazia di San Paolo Fuori le Mura in Roma, è priva del comando e della dottrina (RB 2,5) di chi possa far entrare docilmente nell’animo dei discepoli il fermento della divina giustizia (SA). Pensiamo dunque a te, diletto figlio, che avendo condotto una vita degna di venerazione (Greg. M, Dialogi, II, 1), stimato maestro nella scuola del servizio divino (RB Prologo 45), ci sembri idoneo ad essere colui che, mentre offre agli altri la possibilità di perfezionarsi, egli stesso si va perfezionando (RB 2, 39-40), mostrando affetto, tanto del maestro quanto del padre (RB 2,24). Pertanto, udito il voto della Congregazione per i Vescovi, nella pienezza della nostra Autorità Apostolica, in forza di questa lettera, ti costituiamo Abate Ordinario dell’Abbazia Territoriale di Montecassino, assegnandoti i diritti che ti spettano e imponendoti i relativi doveri. Premessa la sacra ordinazione diaconale e presbiterale, prima di dare inizio al tuo ministero, sarà tuo dovere emettere la professione di fede e il giuramento di fedeltà a Noi e ai nostri Successori, secondo i sacri canoni. Possa tu esercitare, diletto figlio, un governo pieno di sapienza divina in questa comunità monastica, sapendo che a chi più viene dato, più anche si richiede (Lc 12,48), e cosi prega, che per intercessione della Beata Vergine Maria e di San Benedetto i figli, ascoltando da te gli insegnamenti del maestro di entrambi, pieghi loro l’orecchio del loro cuore (RB Prologo 1) e tutto ciò che di buono iniziano ad eseguire devono, con insistente preghiera, chiedere che sia compiuto da Lui (RB Prologo 4) che, attraverso la nostra debolezza, procura la salvezza.

Dato a Roma, in Laterano, il giorno 9 del mese di gennaio, nell’anno del Signore 2023, decimo del Nostro Pontificato. Francesco.

Prima del congedo, l’Abate Luca ha rivolto al popolo delle commosse parole di ringraziamento:

Eminenza Reverendissima, Eccellenze, cari confratelli nella vita monastica, care consorelle, cari fratelli e sorelle nel Signore, in questi primi mesi della mia presenza qui a Montecassino, ho molto pensato a quando, ormai circo 1500 anni fa, San Benedetto vi è giunto, nel suo esodo da Subiaco. San Gregorio Magno racconta che, quando San Benedetto giunge su questo monte, demolisce i culti idolatrici in onore di Apollo, e costruisce un oratorio dedicato a San Martino e poi, proprio qui, dove stiamo celebrando, edifica la cappella di San Giovanni Battista, nella quale sarà sepolto insieme a sua sorella Scolastica. Ho riflettuto molto su questa immagine che i Dialoghi di San Gregorio ci consegnano, perché mi aiuta a comprendere come anche oggi la lotta contro l’idolatria, contro i tanti idoli che minacciano la nostra fede, continui ad essere un impegno che deve stare al cuore della vita monastica e del suo desiderio di essere, come San Benedetto ci sollecita a fare, un’autentica via di ricerca del volto di Dio, del vero volto di Dio. Ed è altrettanto significativo che San Benedetto affidi questa ricerca alla protezione e alla ricerca di San Martino e di San Giovanni Battista: San Martino è colui che vive nella completa dedizione di sé, dal mantello offerto al povero, fino alla disponibilità di non recusare la fatica, pur nella debolezza di una morte imminente, per essere nutrita dal popolo affidatogli dal Signore. E San Giovanni e colui che indica il Signore, che ci aiuta a riconoscere la sua presenza in mezzo a noi, attraverso la via della diminuzione, di discesa. “È lui che deve crescere, mentre io devo diminuire”, così testimonia il quarto vangelo. Ed è una logica che si pone agli antipodi, delle logiche idolatriche, che ci portano invece a chiuderci nella ricerca del proprio utile e nell’affermazione di sé. E questa è la via della ricerca del vero Dio, che San Benedetto propone a noi monaci, attraverso la nostra testimonianza ad ogni vero cercatore di Dio, una via che si attua non anteponendo nulla all’amore di Cristo, che è l’amore di cui vive San Martino nel dono di sé e a farlo attraverso una via di discesa, come quella percorsa dal Battista, quale è la scala dell’umiltà, che è al cuore della nostra regola, e che attraverso i suoi gradini ci conduce proprio in quell’amore perfetto, che scaccia ogni paura. E anche i segni che ho ricevuto in questa celebrazione, particolarmente del pastorale, mi ricordano la necessità e l’impegno di percorrere questa via. Possono essere fraintesi come segno di prestigio e di potere; ma il loro significato autentico è custodito nelle parole con cui il Cardinale Angelo me li ha consegnati: il pastorale è segno della sollecitudine alla quale sono chiamato verso i fratelli che mi vengono affidati; è il segno del Pastore buono, che offre la propria vita per le pecore, in quella conformità a Cristo che San Martino ha saputo incarnare fino all’ultimo respiro della sua vita. L’anello è segno di fedeltà, e mi chiama a custodire la mia nuova famiglia monastica, con instancabile amore nella comunione fraterna. È il segno di fedeltà tra uno sposa e una sposa, che mi sollecita in particolare ad essere, come San Giovanni Battista, l’amico dello Sposo, colui che gioisce alla sua voce e aiuta ogni fratello a incontrarlo, a riconoscerlo, a non anteporre nulla al suo amore. So che questo è anche il momento dei ringraziamenti, ma mi sarebbe impossibile ringraziarvi tutti. Vi raccolgo in un unico ringraziamento a Papa Francesco, non solo per la nomina, ma per le parole con cui l’ha sostanziata e che abbiamo ascoltato nella lettura della bolla. In particolare gli sono grato per quel passaggio, nel quale mi invita a offrire ai fratelli insegnamenti di colui che rimane il maestro di entrambi, mio e loro; si è maestri solo se si rimane discepoli dell’unico vero Maestro. Ma attraverso Papa Francesco il ringraziamento va a tutta la Chiesa, qui presente e radunata nella bellezza variegata dei suoi molteplici carismi e vocazioni. Sappiate però che per ognuno e ognuna di voi c’è davvero tanta gratitudine, tanta sincera gratitudine. E desidero ringraziarvi non solo per essere qui, per quello che avete rappresentato nel mio passato, ma per quello che vi chiedo di fare adesso, nel futuro. Vi chiedo di pregare per me e per i fratelli di questa comunità, che mi accoglie con grande fiducia, come nuovo padre, di pregare e di aiutarci, perché insieme sappiamo percorrere e aiutare altri a percorrere questa via antidolatrica, questa via di ricerca del vero volto di Dio, nel primato dell’amore e nella spogliazione dell’umiltà. E affido questo cammino alla Madre di Dio, che oggi celebriamo come la vergine di Fatima. Oggi 13 maggio è anche il giorno nel quale, ormai 18 anni fa, la mia famiglia ha celebrato i funerali di mia madre. E allora anche alla sua maternità mi affido con gratitudine. Grazie a tutti.

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