La pubbicazione del teologo Piero Sirianni, La fraternità e la libertà francescane.Rilette a partire dalla teologia di Bonaventura e Duns Scoto, (Monoteismi 6) Tab Edizioni, Roma 2023 di 234 pagine, è parte della tesi dottorale del nostro autore, dedicata alla libertà e alla fraternità, lette in chiave sanfrancescana e minoritica. Il primo volume della tesi – edito dalle Edizioni Biblioteca Francescana di Milano – ha trattato dell’aspetto propriamente sanfrancescano; questa nuova pubblicazione si occupa della rilettura dell’esperienza di Francesco in chiave teologica, operata da due dei maggiori pensatori francescani: Bonaventura da Bagnoregio e Giovanni Duns Scoto. I due – considerati sia filosofi che teologi – ci offrono una lettura della fraternità e della libertà cristiane, che interpella anche la nostra antropologia contemporanea.
L’autore – Frate Minore Cappuccino, che attualmente risiede nel convento aquilano di santa Chiara – ha sviluppato il proprio lavoro in due capitoli: il primo è dedicato al pensiero bonaventuriano, il secondo all’analisi del Dottore Sottile.
La teologia del Dottore Serafico si apre con la contemplazione di Dio-Trinità-Amore, per poi ammirare la centralità della persona umana di fronte al Creatore; «Bonaventura contempla l’armonia creaturale, raffrontandola immediatamente con l’ordine trinitario, l’ordo charitatis; il quale partorisce la comunicazione – movimento generato dalla fontanalis plenitudo[…] Il Dio bonaventuriano è relazionalità, comunità; donazione, accoglienza, scambio, dialogo, coesistenza, armonia, unità e pluralità – di vita e di azione» (p. 10).
La libertà – trattata bonaventurianamente – è distante da quello che oggi definiamo come libero arbitrio, ed è una inclinazione al bene; «la libertà delle creature è generata dalla carità libera e gratuita di Dio; e interpella l’uomo, affinché la faccia propria – accogliendola nella razionalità – e la doni agli altri, imprimendo alla storia quella creatività di cui è capace» (p. 18).
Sirianni tiene a precisare – proprio all’inizio del primo capitolo – che Bonaventura indaga il mistero di Dio a partire da una profonda esperienza di fede. Le sue riflessioni, pur tanto distanti da noi cronologicamente, non lo sono nell’esperienza di fede e umana.
Il pensiero del Dottore Serafico ci invita a «rimanere in un cerchio teologico, quello della Trinità, in cui il mondo, la storia e l’uomo trovano la propria origine e verso il quale essi tendono, alla fine dei tempi; il tutto, in sintesi, ha il suo centro in Dio Trinità, alfa e omega della creazione» (Ibidem).
La fraternità viene presentata come «l’immagine dei legami interpersonali trinitari: la Trinità genera la comunione e ne indirizza il cammino per la propria perseveranza cristiana. Solo alla luce dei legami divini si può cogliere la vocazione dell’uomo all’amore fraterno» (Ibidem).
Il Dio bonaventuriano è il Sommo Bene, la persona umana è storia di salvezza; la libertà è immagine di quella divina, come testimonia la sua creatività. «L’uomo è interpellato affinché corrisponda alla magnanimità divina, ed è chiamato a farlo attraverso un cammino di purificazione interiore e sobrietà esistenziale – per diventare sempre di più un terreno buono sul quale i doni di Dio fruttificano» (p. 74).
Le implicazioni antropologiche saranno le relazioni interpersonali redente (cfr. pp. 93-102).
«Anche Scoto vede nella Trinità quella fonte di amore, la deitas comunicabile che coinvolge l’uomo nel disegno rivelativo-soteriologico e lo rende un altro condiligens nel dialogo trinitario» (p. 11).
Il secondo capitolo affronta la teologia scotista, indagandone i tratti che maggiormente aiutano ad ampliare la ricerca in merito alla fraternità e alla libertà sanfrancescane e francescane. Similmente al Dottore Serafico, anche Scoto vede nella Trinità quella fonte di amore, la deitas comunicabile che coinvolge l’uomo nel disegno rivelativo-soteriologico e lo rende un altro condiligens nel dialogo trinitario.
«La libertà in Scoto – così come in Bonaventura – è creatrice; è del tutto gratuita. Non risponde a una razionalità di segno ciclico. Essa chiama al trascendimento da sé, all’amore, al dono» (p. 12); e rivela l’essenza di Dio, il quale «si lascia liberamente incontrare dalle creature; così esercita la propria libertà, la sua onnipotenza e la contingenza» (p. 124). A immagine divina, anche la persona umana è stata desiderata e creata libera: «è in grado di scegliere e di acquistare quella responsabilità che gli permette di ben governare il mondo e la storia. La sua dignità è insuperabile – rispetto agli altri esseri creati» (Ibidem); essa è costantemente chiamati a spingersi al di là di se medesima, verso la trascendenza (cfr. p. 125).
Dal secondo capitolo del testo cogliamo un dato teologico e antropologico rilevante: «non esiste libertà, personale, che non abbia una propria ricaduta nei legami fraterni: l’esercizio della libertà fine a se stesso permane in una vuota e perenne ricerca narcisistica dell’auto-realizzazione. Il cammino della libertà umana è chiamato al compimento nella carità, nel bene, nella comunione, nell’inter-soggettività, nella relazionalità» (p. 127). Ne viene fuori una libertà umana che è anelito alla salvezza piena, ma anche creaturalità e dipendenza da Dio. La persona umana scotiana viene resa «partecipe della vita trinitaria per mezzo della Rivelazione; ancor più precisamente – scrive Scoto – grazie all’Incarnazione del Verbo: Egli ama profondamente le altre Persone divine e, contemporaneamente, abilita l’umanità a questa comunione» (pp. 138-139).
La carità rimane la principale ragione d’essere della vita trinitaria e della Rivelazione nella storia; l’armonia creazionale mostra come la deitas divina si è resa comunicabile: l’uomo partecipa dell’amore divino, «di quella sorgente di calore e di luce che riscalda e illumina, senza perdere calore o luminosità» (p. 148). Leggiamo più avanti: «l’uomo scotiano conosce per amare in libertà; nella misura in cui si è liberi, si ama e si realizza il bene. La carità – suprema modalità dell’amore – rimane la più feconda sorgente della libertà e dell’azione» (p. 150); poiché, essa è vissuta nel Verbo e viene inclusa in un cristocentrismo cosmico. La libertà umana viene letta come veicolo per la salvezza universale.
La dottrina scotiana apre alla gratuità, a una lettura positiva dell’esistenza, allo stupore, a una antropologia oblativa.
Il Nostro autore ci ha offerto – nel suo testo – una lettura di due pensatori e teologici medievali a partire da Dio Sommo Bene e dalla diffusione dell’amore che dalla Trinità promana. La fraternità e la libertà cristiane rimangono doni di grazia e interpellanza alla responsabilità, per la salvezza e il bene universali.
Queste pagine rimangono aperte a ulteriori approfondimenti, in merito alla teologia medievale e francescana, e provocano la riflessione antropologica, affinché indaghi ulteriormente il mistero della persona umana – nella sua bellezza e nella propria missione.