Periodico di informazione religiosa

La regina Ester tra Israele e Iran

da | 16 Giu 2025 | Bibbia

C’è una storia millenaria che unisce israeliani e iraniani, ben oltre le cronache dei conflitti attuali. Un legame che risale ai tempi dell’Impero persiano, quando Ciro il Grande liberò gli ebrei dalla schiavitù babilonese e permise loro di ricostruire il Tempio a Gerusalemme. Un’amicizia millenaria che ha attraversato epoche e regni, fino al volto fiero e silenzioso di Ester, l’ebrea che divenne regina di Persia e salvò il suo popolo da un genocidio pianificato.

È la stessa Persia – l’attuale Iran con oltre 90 milioni di abitanti – che per secoli fu casa per gli ebrei, luogo di scambio culturale, alleanze politiche e rispetto reciproco. Una storia che proseguì anche nel XX secolo: Israele e Iran furono partner strategici, uniti da visioni comuni di modernizzazione e progresso in Medio Oriente.

Poi arrivò il 1979. La Rivoluzione islamica spezzò quell’alleanza millenaria. La Repubblica islamica fece dell’odio per Israele una dottrina, non solo uno slogan. “Il piccolo Satana” prima, “il grande Satana” poi. La guerra, diceva papa Francesco, si fa prima con le parole che con le armi. E poi questi attacchi sono diventati finanziamenti, milizie e armi: Hamas, Hezbollah, la Jihad islamica, gli Houthi. Il Sabato Nero del 7 ottobre è l’ultimo, tragico tassello di questa strategia. 

Ma ecco il paradosso: Israele combatte per il popolo iraniano? I colpi inferti a Hezbollah o Hamas sono colpi al regime che opprime Teheran da più di 40 anni? Questo sostengono con forza gli iraniani della diaspora, che manifestano in tutto il mondo al fianco degli israeliani. E spesso vengono aggrediti da chi, accecato dall’ideologia, confonde la libertà con l’odio.

In questo intreccio di popoli, dolore e speranza, torna la figura biblica di Ester. Una giovane ebrea della diaspora, cresciuta in Persia, che diventa regina ma nasconde la sua identità. Non è una guerriera, né una politica. Ma quando arriva il momento, sceglie di agire, di rischiare, di parlare. Lo fa con intelligenza, con fede, con astuzia. Salva il suo popolo non con la forza, ma con la verità e con il coraggio morale.

«E chissà, forse proprio per un tempo come questo tu sei giunta alla regalità» (Ester 4:14)

Ester è il simbolo di chi non si piega alla tirannia, di chi vive in un sistema corrotto ma non smette di coltivare il bene, di chi si salva per salvare gli altri. È la figura che oggi può parlare a israeliani e iraniani insieme. Perché la sua storia è nata da entrambi.

Oggi, in Iran, milioni di giovani – soprattutto donne – lottano per i loro diritti, per la verità, per la libertà. Lo fanno in silenzio, o con manifestazioni represse nel sangue. Come Ester, sono nascoste, ma non vinte. E il mondo libero ha il dovere morale di ascoltarle, di sostenerle, di non voltarsi dall’altra parte.

Il Medio Oriente può essere altro. Un giorno, forse non lontano, Iran, Israele, Arabia Saudita e i Paesi del Golfo potrebbero costruire insieme una nuova alleanza per la stabilità e la libertà. Ma perché questo accada, è questo il punto dolente, la narrazione occidentale sostiene che la Repubblica islamica dovrà prima o poi cadere. E i suoi proxy devono essere fermati. Ma staranno a guardare?

Come Ester, anche noi oggi dobbiamo scegliere: o complici del caos o voci della giustizia e della pace. 

Ultimi articoli

Author Name