La terza Predica di Avvento che fra Roberto Pasolini – Frate Minore Cappuccino – ha rivolto alla Curia Romana e alla Casa Pontifica, nell’aula Paolo VI in Vaticano, è stata dedicata alla piccolezza. Quest’ultima è stata presentata come «una sorta di filo rosso, che percorre tutte le Scritture, tutta la Rivelazione». Agli occhi di Dio questa piccolezza «appare molto importante, quasi una risorsa preziosa». «Sono molti i passi in cui Dio insiste nell’indicare la nostra piccolezza come il luogo dove le sue scelte e le sue promesse si possono realizzare». «La piccolezza sembra essere uno dei modi in cui si manifesta l’essenza di Dio», ha sottolineato fra Roberto.
Egli ha proseguito, affermando: «La presenza di Dio nella nostra carne umana è così piccola da passare persino inosservata». «La predicazione di Gesù sarà costantemente accompagnata da inviti chiari e profondi a riconoscere proprio nella piccolezza una chiave d’accesso al regno di Dio; solo chi sa farsi piccolo – diceva Gesù tante volte – entra nel Regno».
Le parole di Pasolini hanno rivelato: «La grandezza di Dio sta nella capacità di abbassarsi, fino al livello dell’altro; per dargli fiducia, e per farlo crescere. È quello che ha fatto Gesù, nella sua Incarnazione».
«La piccolezza non è soltanto una misura, né una condizione statica: è una scelta; è una scelta consapevole che è guidata dal desiderio di costruire relazioni autentiche con l’altro, dove la libertà dell’altro è rispettata».
Il Predicatore non ha paura di affermare: «Quindi la piccolezza è un gesto di amore; è un gesto di umiltà, che apre spazi di incontro, permettendo a ciascuno di essere se stesso».
Incontrando e amando i fratelli più piccoli di Gesù si accoglie la salvezza: fra Roberto ci ricorda la grandezza della redenzione di Cristo, la quale desidera abbracciare tutti i viventi. E questo viene permesso nella misura in cui i discepoli si fanno “piccoli” per il Regno. A riguardo, Pasolini riporta la scelta sanfrancescana della minorità, segno della povertà evangelica. «Prima di fare del bene, abbiamo il dovere di farci più piccoli»: ha sottolineato il Predicatore.
«Scegliere la piccolezza come luogo di incontro con l’altro; imparando quella che è l’arte più difficile»: non l’amare, bensì il lasciarsi amare dagli altri. «Permettere agli altri di fare qualcosa per noi!».
«Farsi piccoli, imparare – forse – a liberarci anche da tante strutture e da tanti orpelli che a volte ci appesantiscono è, peraltro, la via maestra per guarire dal grande trauma della paura e della vergogna, che il peccato ha impresso in ciascuno di noi. […] Il peccato ha creato un disagio nei confronti della nostra piccolezza».
«Dio vuole che siamo piccoli e che andiamo in giro per il mondo: per attivare il bene negli altri; non per essere sempre noi ad avere il monopolio di esercitarlo».
«Valutare con pazienza le cose!», al fine di evitare giudizi, lontani dal metro di misura divino, che rimane sempre l’amore. «Cercare di concentrarci su quello che resta, quello che conta»; che significa «cercare di diventare sempre più autentici in quello che facciamo; […] sempre più gratuiti».
«Il bene inconsapevole» è quello che fra Roberto indica a tutti i presenti, a partire dalle parole di Gesù; diventare simili a Dio: ecco la nostra vocazione, quella di essere «servi di un Dio piccolo, umile».