L’amnesia del bene ricevuto ci trasforma in mostri. Sembra un po’ questo il significato della parabola che Gesù racconta nella pagina del Vangelo di Matteo della XXIV domenica del tempo ordinario. Un uomo con un debito stratosferico è completamente disperato perché non ha di come pagare quel debito. Il padrone si lascia toccare il cuore dalla sua sofferenza, e non solo mostra pazienza, ma compie un gesto inaudito: gli condona tutto. Un’esperienza così lascia il segno. Come ci si può dimenticare di una misericordia che ti cancella milioni di euro di debiti? Eppure quell’uomo liberato da un simile peso, incrocia un suo amico, un povero uomo come lui. Quest’ultimo gli deve pochi spiccioli, forse cento miseri euro, che non sono certo nulla al paragone del suo debito appena condonato. Eppure quell’uomo che è stato appena graziato non vuole sentire ragione, pretende il pagamento di quei soldi e non ottenendo nulla fa imprigionare il suo amico. I servi del padrone rimangono scandalizzati davanti a una simile cosa. Come può una persona che ha ricevuto un bene non essere disposto a darlo anche lui a sua volta? Come può una persona che ha sofferto ed è stata aiutata nella sua sofferenza, ignorare il dolore dell’altro fino a disprezzarlo? Quando il padrone viene a sapere di questa vicenda manda a chiamare quell’uomo e lo punisce duramente perché chi si comporta così non è un uomo degno di nessun beneficio e nessuna compassione. La morale è semplice: il bene lo meritano solo coloro che sono disposti a lasciarsi convertire dal bene stesso. Chi vuole un bene senza essere disposto a lasciarsi umanizzare dal bene, non lo merita neppure. Dovremmo tutti fare memoria di tutto il bene che abbiamo ricevuto nella vita e domandarci se quel dono ci ha reso persone migliori o ci ha lasciato gli opportunisti di sempre.